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Quindici giorni di passione - L'incertezza trionfa nella corsa rosa | Cicloweb

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Quindici giorni di passione - L'incertezza trionfa nella corsa rosa

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È un gran bel Giro!
Poteva sembrare una frase fatta il refrain della canzone di Paolo Belli.
Oggi, con quasi due terzi di corsa completati, si può parlare di questa affermazione come di una piacevole profezia.
È uno slogan che andiamo ribadendo ogni giorno, dalla partenza di Reggio Calabria, sino all'ultima vestizione della maglia rosa, sulle spalle di un nuovo corridore.
Quante parole si sono sprecate. Quanti presagi usciti dalla bocca degli esperti.
Ma anche tra noi in fondo, tirando le somme al termine di ogni tappa, chi è che non ha detto: «Petacchi non è più lo stesso» salvo poi ritrattare, dopo le due disarmanti manifestazioni di superiorità.
Già a Tropea, Di Luca sembrava avere ormai perso lo smalto di aprile. Se non avesse lui la Liquigas-Bianchi, a pensare alla classifica!
«Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato» ammonisce il Vangelo di Marco. Senza però voler sembrare dissacratore, forse il sabato non è stato fatto per Ivan Basso. Lucido, concentrato, sicuro da sembrare perfetto, quando arriva il sabato ecco riaffiorare i dubbi. A Pistoia si parlò di problemi muscolari, oggi si è parlato di problemi di stomaco.
Eppure, è proprio un gran bel Giro proprio perchè nessuno è perfetto.
Tutte le certezze vengono fatalmente smentite. Ma perché allora, questo Giro è così bello e sconclusionato?
Perché rispecchia il ciclismo.
A poco servirebbero le moviole, quando la maglia rosa arriva con i dolori di stomaco a Ortisei. A poco servono le polemiche, quando il grintoso e roccioso Simoni ammette all'arrivo di Zoldo Alto che sentiva i crampi alle gambe.
Pensate un po' se una simile ammissione la facesse Gattuso dopo la finale di Champions League mercoledì sera, dopo che il centrocampista del Liverpool gli è andato via crossando al centravanti, che di testa ha infilato la porta di Dida.
Ma gli innamorati di ciclismo sono diversi. Può darsi che oggi Ivan, ritornato nella sua dimensione di uomo mortale, abbia qualche tifoso in più.
Chissà poi, se domani dove tutti aspettano Savoldelli nell'arrivo in discesa di Livigno, non possa rispuntare Cunego che rientra in classifica e che sulle Alpi piemontesi tornerà a litigare con Simoni per la leadership in casa Lampre.
Fantaciclismo? Forse. Ma dopo quello che si è visto in questi giorni, tutto può essere.
Ricordate le quote scommesse alla partenza? A quanto era dato Savoldelli? A 25, a 30 a 40? Forse all'inizio del campionato di calcio Fiorentina e Palermo vantavano quotazioni più basse.
Sarà bello sognare.
Chissà che domani non spunti un altro cavaliere senza macchia che con la foto del bambino tenuta nei calzoncini, trovi la forza per una bella impresa come quella che ci ha regalato oggi Ivan Parra.
Forse certe lezioni potrebbero servire ai vari Vieri e Cassano per riportarli un pochino tra i comuni mortali, dove la quotidianità nasconde anche la gioia per antichi valori e sapori, mai sopiti.
Fra tante interpretazioni, non credo sia però sacrilegio, provare ad azzardarne un'altra.
E se le crisi di Cunego e Basso fossero la conseguenza di troppa concentrazione sull'evento?
Dalle lezioni di Armstrong si è imposta una scuola che fa della preparazione scrupolosa e dettagliata, l'unica inconfutabile strategia di vittoria.
A valutare quello che si è visto in queste dodici tappe, sembra invece che l'arma in più sia rappresentata dall'improvvisazione e dalla serenità esibite da Di Luca e da Bettini, da Savoldelli e dagli atleti della Selle Italia-Colombia.
Si ricorderanno le affermazioni liberatorie del giovin Damiano all'arrivo di giovedì: «Mi sono tolto un peso!».
E a chi di noi non è mai capitato di avere una reazione come quella di Ivan, all'arrivo di Ortisei. Magari dopo un'esame, o reagendo sempre ad un evento intorno al quale si era concentrata troppa attenzione.
Ne ha passate tante, povero Ivan, dopo il Tour de France dello scorso anno. Sempre concentrato alle gare ed accanto, a coesistere con gravi problemi di salute, legati ad una persona cara.
Poi, per non farlo cedere in tentazioni o debolezze, anche un corso di addestramento alla vita militare. Certo, per abituarlo alla vita dura. Come se a casa sua dura, non lo fosse abbastanza.
Chissà allora che il mal di stomaco di oggi, non sia per lui un po' come la pioggia manzoniana, di scolastiche memorie, che liberò Milano dal morbo della peste.
Come sarebbe bello se domani già a Trafoi, Basso fosse già all'attacco con Cunego.
Con Savoldelli che rimasto senza squadra, aspetta la Cima Coppi per planare, come solo il "falco" sa fare, sui due irriverenti fuggitivi.
E poi, vinca il migliore!
Noi del ciclismo conosciamo e rispettiamo ancora questa regola.

Roberto Sardelli



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