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Cioni aspetta il Finestre - «Ma purtroppo hanno asfaltato la discesa» | Cicloweb

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Cioni aspetta il Finestre - «Ma purtroppo hanno asfaltato la discesa»

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Di Dario David Cioni all'inizio del 2004 si sapeva poco e niente; si sapeva certo che era italo-inglese, che era nato a Reading, che la sua residenza toscana era in quel di Empoli. Lo si conosceva come un corridore col passato da campione della mountain-bike, e il suo passaggio alla Mapei ci aveva consegnato un atleta forte sul passo che aiutava i propri capitani nelle parti finali delle corse, quelli cioè più concitati e dove i gregari che lavorano potrebbero tranquillamente giocarsela con i propri capitani.
L'anno scorso, con Ferretti, l'esplosione: in una squadra completamente votata ad AleJet Petacchi, Cioni si è saputo ritagliare uno spazio importante, a cominciare dal 5° posto al Giro di Romandia. Poi tanti chilometri di pianura in Italia, tanti chilometri per accompagnare il treno di Petacchi fino alla volata, lavorando da lontano, sfruttando le doti da passista e da regolarista che possiede. Quando la strada saliva, però, Dario David non si staccava di molto da Simoni, da Cunego e da Honchar, né da Garzelli e Popovych. Ecco allora che il Ferròn gli dà via libera, e Cioni inizia la cavalcata finale fino al 4° posto, ad un passo dal podio, con tanto di secondo posto di tappa sulla salita di Bormio 2000, quella dell'ormai celeberrima discussione "a distanza" tra Cunego e Simoni.
Poi, con la condizione in crescendo, la capitanatura ufficiale della Fassa Bortolo al Giro di Svizzera, in giugno, con il terzo posto finale conquistato alle spalle di Ullrich e Jeker. La nascita della Liquigas-Bianchi, ed i contatti con Amadio, gli hanno aperto le porte ad un ruolo nuovo: il capitano designato.
L'anno scorso 4°, quest'anno sei 9° quando mancano pochi giorni alla fine. Sei soddisfatto o un po' deluso fino ad ora?
«Un po' di delusione c'è, perché io quando lavoro cerco sempre di migliorare il risultato o l'obbiettivo che ho conseguito nel momento precedente a quando mi impegno. E se l'anno scorso sono arrivato 4°, voleva dire essere soddisfatto del podio, ma a questo punto sembra troppo distante per sperarci. Anche perché il Pro Tour ha portato più qualità al Giro d'Italia, e quindi i pretendenti alla classifica generale sono di più e più forti. Sono soddisfatto di essermi confermato come uomo adatto alle corse a tappe, con buone capacità di recupero ed una condizione che diventa migliore ogni giorno che passa».
Infatti l'anno scorso iniziasti la terza settimana in ottava posizione e finisti quarto. Quest'anno sei nono. Ci dobbiamo aspettare un'altra scalata alle posizioni di vertice?
«Il bilancio finale lo farò a fine Giro, sono abituato a ragionare così. Anche perché quest'anno non potevo permettermi di partire a tutta, in quanto in seno alla squadra avevamo già programmato da inizio stagione il doppio impegno con il Giro e con il Tour de France. Presentarsi in ottima forma già ad inizio maggio avrebbe condizionato il mio rendimento a luglio».
L'anno scorso eri un gregario con "permessi" da capitano, mentre quest'anno Garzelli e tu siete partiti alla pari con i gradi più alti concessi dal team. Indipendentemente dall'exploit di Di Luca, hai trovato delle difficoltà psicologiche maggiori ad affrontare in modo diverso lo stesso appuntamento?
«L'anno scorso non avevo nessuna pressione, perché il mio ruolo era quello di gregario di Petacchi in pianura e di fare corsa autonoma in salita. Solo nell'ultima parte di Giro Ferretti mi concedeva un po' di riposo in pianura e mi faceva affiancare per qualche chilometro, finché poteva cioè, Marzio Bruseghin in salita per darmi una mano. Invece quest'anno ho dei compagni che mi tengono coperto, che mi portano in testa al gruppo, che sono sempre pronti a darmi una mano. E se da una parte questo è sicuramente un bene, dall'altra può trasformarsi anche in un peso, soprattutto per un tipo di corridore come me che cerca sempre di dimostrare con i fatti che i privilegi di cui gode sono meritati. Pressioni simili le vivevo quando correvo in mountain-bike, essendo uno dei più forti e sempre uno dei favoriti. Ma il contesto è diverso e non è neanche minimamente paragonabile ad un Giro d'Italia».
Se la Fassa Bortolo ti avesse proposto di rimanere con la qualifica di capitano per le corse a tappe, magari affiancandoti qualche gregario per poterti dare una mano, saresti rimasto o avresti scelto comunque la Liquigas-Bianchi?
«È nata una realtà importante, ed io ho sposato subito un progetto che si prefiggeva di rientrare nel ciclismo per piazzarsi sin da subito nelle posizioni di vertice. La situazione, soprattutto economica, della Fassa Bortolo non mi tranquillizzava, mentre la Liquigas-Bianchi ha da subito messo in chiaro le cose: io sarei stato disposto anche a partire un gradino sotto a Stefano Garzelli nelle gerarchie del team, invece proprio Amadio e Zanatta si sono affrettati a conferirmi gli stessi gradi del varesino».
Di Luca continua a ripetere che anche lui è sorpreso della sua condizione e che vivrà alla giornata fin quando la gamba lo sorreggerà. Visto anche il ritiro di Garzelli, e contando la tua presumibile crescita di condizione nelle ultime tre tappe, come si comporterà la Liquigas in caso di crisi di Danilo?
«Non abbiamo ancora deciso le strategie, né alcun direttore sportivo mi ha mai parlato in tal senso. Io non avrei problemi ad aiutare Di Luca, che per quello che ha fatto vedere finora si merita l'aiuto incondizionato di tutta la squadra».
Ma così non rischiate di uscire di classifica tutti e due?
«Forse sì, ma io non credo che Di Luca ceda minuti preziosi proprio ora. Ed aiutarlo non vorrebbe dire sicuramente perdere posizioni in classifica, o addirittura uscirvi».
Nella cronometro di Firenze hai deluso un po' le aspettative. Credi sia successo per l'emozione di correre in casa con i favori del pronostico?
«La crono è iniziata male, col giudice che non mi ha lasciato il sellino allo start, ed è proseguita su quel filo conduttore. Se avessi fatto una bella crono avrei potuto vincere davanti ai miei tifosi la prima tappa del Giro d'Italia ed avrei anche potuto indossare la maglia rosa. Invece è andato tutto storto, ed anche se non credo che io potessi avvicinarmi ai tempi di Zabriskie, Basso e Savoldelli, credo proprio che il tempo di Bruseghin fosse alla mia portata».
Dopo la cronometro di Torino, c'è la tappa del Sestriere ed il temutissimo Colle delle Finestre. Il tratto in sterrato potrebbe favorire un ex-biker come Dario David Cioni?
«Ero andato a provare il Colle delle Finestre, ma ho trovato la neve. Poi, parlando con Nardello, ho scoperto che lo sterrato è davvero brutto e che può fare davvero male alle gambe di molti. Le pendenze mi consiglierebbero di difendermi comunque, biker o non biker, ma proprio grazie a questo mio passato potrei trovarmi avvantaggiato nella scelta delle traiettorie o nei tratti più angusti, nonché nei rapporti da usare. Speravo infatti che anche la discesa del Finestre fosse sterrata, ma purtroppo il mio entusiasmo è stato spento sul nascere, visto che so che è asfaltata. Anche Rasmussen avrebbe potuto far bene, ma si è ritirato. Sono anch'io curioso di vedere come andrà».
Tra il Giro d'Italia ed il Tour de France c'è l'appuntamento con il Campionato Italiano a cronometro. Cioni proverà a bissare il successo tricolore del 2004?
«Penso di uscire dal Giro in una buona condizione, ma purtroppo non potrò fare lavoro specifico in vista dei Campionati Nazionali proprio perché starò preparando il Tour de France. Comunque conto di esserci e di fare una buona prova, anche se il Basso visto a Firenze durante il Giro e il Bruseghin visto a Verona durante i Mondiali scorsi non sono clienti facili da battere».
Le salite del Tour de France, che presentano mediamente pendenze più pedalabili di quelle del Giro d'Italia, in teoria potrebbero favorirti. Con quali aspettative partirai in luglio per la Grand Boucle?
«Il vero problema del mio Giro 2005 sono le pendenze: non per scarsa condizione o per qualche impedimento, ma proprio per leggi della fisica: il mio peso e la mia corporatura non sono da scalatore puro, e pago dazio ai pesi piuma come Rujano e Pozzovivo, tanto per dire due nomi che hanno taglie da veri e propri scalatori. Le salite del Tour sono più adatte a me: più lunghe, maggiormente pedalabili, meno strappi con cambi di pendenza, meno rotture di cadenze di pedalata. Anche perché quest'anno avrò una buona palestra proprio dal Giro d'Italia, dove nella prima settimana si è corso a tutta come se fosse il Tour de France. Di solito non era così, ed io ne esco fortificato. Essere in classifica con questo tipo di ritmi e di corsa mi rende fiducioso, sia per la fine del Giro che per il prossimo Tour».
Credi che sarà possibile, considerando i programmi bellicosi di Di Luca per il Giro 2006, vederti impegnato solo sulle strade del Tour de France?
«Sì, l'anno prossimo si potrà provare anche a fare soltanto il Tour de France, anche se non disputare il Giro d'Italia sarebbe una rinuncia pesante da sopportare. Comunque questi sono discorsi ipotetici, che non è il caso di affrontare ora, perché adesso abbiamo da pensare a quest'anno».
Dopo il Giro, come ti preparerai al Tour e poi quale sarà il tuo programma?
«Forse farò una corsa tra Criterium del Delfinato e il Giro di Svizzera, ma non se siamo sicuri. Poi farò la Cronosquadre in Olanda e i Campionati Italiani. Dopo il Tour, vedremo la condizione che avrò e decideremo se sarà il caso di proseguire ancora a tutta per un mese, oppure fare uno scarico di un mese e mezzo circa e ripresentarsi in vista dei Campionati del Mondo di Madrid. Vedremo come muoverci proprio in quel senso, focalizzando l'attenzione verso Madrid, dopo Parigi».

Mario Casaldi    

 

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