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«Spero tanto nel pavè» - Cadamuro, confessioni a cuore aperto

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L'anno scorso con la maglia della De Nardi sei stato protagonista di buone volate al Giro d'Italia, nonché oggetto dei complimenti di McEwen dopo l'arrivo di Veenendaal; quest'anno sarà un po' l'anno della conferma per te con la maglia Domina. Come ti senti?
«Innanzitutto tengo a precisare che considero le mie volate dell'anno scorso discrete, e non buone (ride). Il mio obbiettivo, al di là di fare le volate, è quello di aiutare Quaranta: io sono una delle persone maggiormente convinte nel pieno rilancio di Ivan Quaranta. Sono uno dei corridori che l'hanno voluto in squadra, insieme al ds Bevilacqua, perché sono convinto che il velocista visto nel 1999 e nel 2000 se pilotato, se portato in testa al gruppo, possa competere con Petacchi. Attualmente non ci sono molti corridori che possono battere il velocista della Fassa Bortolo, quando perde le volate vuol dire che le ha sbagliate lui e quindi il mio obbiettivo principale sarà quello di rigenerare Ivan».
E gli spazi di Cadamuro quali saranno?
«Senz'altro avrò anch'io le mie dosi di libertà, soprattutto nella campagna del Nord, in corse come Roubaix, La Panne e continuando con quel tipo di gare. Se poi capita di fare qualche volata ci proverò, ma senz'altro non sono così veloce da poter provare a vincere in volate di gruppo compatte. Mi manca ancora qualcosina che non sono sicuro di poter acquisire maturando, mi manca ancora quello spunto che possa farmi credere un giorno di potermi avvicinare sia a Petacchi che a McEwen, tanto per fare due nomi».
In verità non è che Ivan Quaranta in questo scorcio di stagione abbia dimostrato molto più di te. Non trovi?
«Attenzione, perché sta cominciando a pedalare bene. Alla Tirreno ha fatto intravedere qualcosa, erano anni che non pedalava così in determinate tappe, quelle un po' nervose per intenderci. Lui non è mai andato bene in salita, ma secondo me, se continua di questo passo, ci ritroveremo Ivan Quaranta al 100% della condizione all'inizio del Giro d'Italia. Poi vincere è sempre difficile, battere Petacchi è quasi impossibile, ma noi ci dobbiamo provare, non è che possiamo lasciarlo dominare così incontrastato ogni arrivo in volata. Momentaneamente la Fassa Bortolo è meglio organizzata, ma nulla toglie che se la Domina Vacanze si accorgesse di poter competere, e vincere, in volata non ci si organizzi meglio anche noi».
Quest'inverno tu ed Ivan vi siete allenati insieme?
«No, non proprio: nel senso che ci siamo visti, come con tutti gli altri, durante i vari ritiri della squadra. Lui ha avuto comunque un problema a dicembre, è dovuto essere ricoverato in ospedale per qualche giorno: fatto che gli ha precluso di allenarsi al ritmo di tutta la squadra. È in ritardo di un mese e mezzo ed ovviamente gli manca quello spunto che altri hanno in questo momento. Ma non dimentichiamoci che il maggior obbiettivo per un corridore italiano che corre con una squadra italiana è maggio, ed il Giro d'Italia».
E la Tirreno-Adriatico?
«A Civitavecchia sono arrivato decimo. Per qualcuno non vuol dire niente, ma se guardiamo indietro vediamo corridori come Zabel, O'Grady ed Hondo: sembrava di disputare volate del Tour de France, mancava solo Boonen dei velocisti più forti».
Visto che Petacchi è quasi imbattibile, ai velocisti più giovani non converrebbe provare a diversificare le proprie caratteristiche e puntare più sul fondo e sulla resistenza in salita, un po' come fanno alcuni spagnoli, in grado di vincere qualche sprint ma di piazzarsi anzche nelle classiche o nelle gare a tappe?
«È vero, ma attualmente questo discorso è un po' difficile da affrontare nella realtà: io mi sono sempre reputato un buon corridore, ossia uno di quei corridori che lavorando molto e facendo tantissimi sacrifici riescono a raggiungere un buon livello. I Freire, i Valverde, sono dei campioni, o addirittura dei fenomeni; ed io non sono né un campione né tantomeno un fenomeno. Sono un corridore che, lavorando bene e come si deve, può raggiungere discrete soddisfazioni. Petacchi, Freire e Valverde sono di un altro pianeta e, fortunatamente, non ce ne sono 100 in gruppo, ma 10: Bettini, Zabel sono di un'altra marcia rispetto a me, ad un Furlan, ad un Pagliarini, tanto per fare qualche altro nome. Dirò di più: per come sta andando adesso in salita, Petacchi sta mettendo in difficoltà più di qualche suo compagno di squadra. Se l'anno scorso erano gli altri a doverlo attendere per fargli l'andatura in salita, quest'anno i compagni lo devono inseguire perché ogni tanto se lo ritrovano davanti a loro. La Vuelta Valenciana, seppur con tutti i tagli di percorso che ci sono stati, non si vince per caso: io non c'ero, ma mi hanno detto che lì staccava gli scalatori, o comunque quelli che dicono di essere scalatori».
Quindi tu pensi che il Petacchi di questo scorcio di 2005 avrebbe fatto parte del gruppo che si è giocato l'iride in quel di Verona a settembre?
«Il Petacchi di adesso sicuramente: se il Petacchi che io ho visto finora e che vedo ancora andare forte in salita avesse avuto questa condizione a fine settembre sarebbe arrivato senz'altro davanti, con i migliori. Io credevo che già l'anno scorso andasse bene in salita, però quest'anno veramente ha fatto il salto di qualità. Ci ha addirittura anticipato nel discorso che facevamo in precedenza: è lui ad aver affinato fondo e resistenza in salita. Personalmente, io lo vedo bene per la Sanremo».
In proiezione Classicissima è lui il favorito numero uno?
«Se devo fare un nome secco in questo momento, dico Petacchi, come tra l'altro farebbero 9 persone su 10. Certo, anche l'anno scorso 9 persone su 10 avevano fatto il nome di Alessandro per la Sanremo, soltanto che gli mancarono gli ultimi 100 metri. Dopo 294 km può succedere qualunque cosa, senz'altro, ma ripeto che con la condizione palesata finora Petacchi può vincere tutte le corse che vuole. Ha perso il Giro della Provincia di Lucca perché l'ha sbagliata lui, non è che non aveva le gambe».
Le analogie tra le sconfitte di Petacchi al Giro della Provincia di Lucca con Cipollini e al Giro d'Italia 2004 ad opera di Fred Rodriguez possono essere ricondotte a due fattori: il fatto che gli altri abbiano anticipato la volata, e che in quelle occasioni a Velo è forse mancata un po' di freddezza. Sei d'accordo?
«D'accordissimo. È Velo ad essere mancato un attimino, dico io. È questa l'impressione che si ha dal di fuori, poi magari Velo non se lo aspettava ed è rimasto spiazzato. Sia Cipollini che Rodriguez sono partiti molto lunghi, ma facendo i conti, la corsa persa per persa tanto vale giocarsela: d'accordo che ci vogliono due gambe mica da ridere, ma hanno rischiato e gli è andata bene. Il treno funziona più o meno sempre alla stessa maniera, non è che quando gli altri anticipano voglia dire che Velo vada più piano del solito: si rischia, come avrebbe rischiato il sottoscritto durante il Giro d'Italia scorso nella tappa di Pola se non fosse caduto; non avevo niente da perdere, ero terzo dietro Petacchi e Rodriguez ed uscito dalla curva sarei partito. Purtroppo son caduto e l'idea dell'anticipo è tuttora rimasta soltanto un'idea».
Celestino sostiene che lui sarà il capitano unico per la Milano-Sanremo. Non pensi però che tu, visto che Quaranta non è ancora in buone condizioni, possa essere più competitivo del ligure in caso di arrivo in volata?
«A parte il fatto che non è neanche dimostrato che io possa arrivare davanti a Sanremo, il discorso è che io ci spero, senza dubbio. Sinceramente della Sanremo non ne abbiamo ancora parlato in seno alla squadra e quindi non abbiamo fatto ancora nessun progetto. Non sappiamo se Mirko attaccherà quindi, certo è che lui tiene molto alla Classicissima per tre motivi: 1) arriva in casa; 2) è la Classica che tutti i corridori con le sue caratteristiche tengono a vincere e già è andato vicino qualche volta a farla sua; 3) viene il giorno del suo compleanno. Quindi momentaneamente non c'è nulla di delineato. Io sono andato alla Tirreno perché comunque è una corsa di 7 giorni che ti permette di arrivare con una buona condizione in vista della Sanremo; forse ci sono percorsi meno duri della Parigi-Nizza, questo magari si, ma i percorsi nervosi della Tirreno-Adriatico sono facilmente rapportabili al percorso della Milano-Sanremo. Magari a Celestino, per il tipo di corridore che è lui, fa più comodo avere una settimana di recupero, e di lavoro per vedere cosa manca, dopo la Parigi-Nizza piuttosto che i tre giorni a disposizione dopo la Tirreno. A me credo siano invece più che sufficienti i tre giorni che separano martedì, giorno in cui si chiude la Corsa dei Due Mari, da sabato, giorno della Classicissima. Poi da questo a dire che arriverò nel primo gruppo della Milano-Sanremo ce ne passa».
L'importante è avere la coscienza a posto e non covare rimpianti.
«L'obbiettivo è quello lì, ci mancherebbe. Io non nego che nelle prime tappe alla Tirreno ho fatto fatica, ma c'è da considerare che c'era l'elite del gruppo, la vera e propria "creme de la creme" dei corridori per quei percorsi, ma sono arrivato comunque con i primi».
I tuoi programmi dopo Sanremo quali saranno?
«Andrò subito al Nord. Farò il GP E3-Harelbeke, la Freccia di Brabante, la Tre Giorni di La Panne, il Giro delle Fiandre, la Gand-Wevelgem e la Parigi-Roubaix. Poi decideremo se disputare qualche altra corsa lì al Nord oppure se dirottare gli obbiettivi verso il Giro d'Italia. Poi quest'anno avevamo pensato di correre il Tour de France, ma luglio è ancora lontano e bisognerà guardarlo un poco alla volta. Però nei progetti c'è il Tour, che dicono sia la corsa dove si va più forte in assoluto; poi ripeto, i corridori della Tirreno potrei trovarmeli facilmente anche al Tour, e la differenza in fondo non è che sia stata così marcata».
Anche perché la maggior parte dei velocisti pare voglia saltare il Tour de France e dirottare i suoi impegni su Giro d'Italia e Vuelta a España al fine di preparare il Campionato del Mondo di Madrid. Per il Tour si contano Boonen, Hondo, Hushovd e McEwen.
«Già, sono tanti, e poi non so se gli altri salteranno davvero il Tour. Però a Civitavecchia sono arrivato decimo con Zabel che mi ha sbandato davanti all'ultima curva, strano per un corridore come il tedesco che evidentemente si deve essere toccato con qualcuno davanti; quindi io ho fatto la volata per saltare Zabel e riagganciarmi ai primi. Magari se Zabel non avesse sbandato avrei saltato due o tre corridori, ma alla fine tra decimo e settimo non è che cambi poi molto. L'importante è essere lì con gli altri a giocarsi la volata, anche perché le volate come quelle di Civitavecchia, con tre curve nell'ultimo chilometro, di cui due negli ultimi 300 metri, sono un po' strane, per non dire pericolose».
Per la trasferta in Belgio quali sono le tue aspirazioni? Sembri abbastanza indicato per quel tipo di corse.
«Anche i tecnici Domina Vacanze ne sono abbastanza convinti. Io mi sono preparato bene, ed anche qui la Tirreno-Adriatico si potrà dimostrare utilissima per gli strappi che troverò in Belgio. Con il pavè l'anno scorso non mi sono trovato male, sono andato anche benino: diciamo bene, dài. Stanga mi ha detto: "Il pavè è come la salita. O il corridore sta bene e va su, o non ne ha e si stacca. Il pavè è la stessa cosa". Ce ne passa dal prendere il pavè davanti e poi andar forte: il corridore deve avere le gambe per prendere il pavè davanti, nelle prime posizione, ed uscirne nelle stesse condizioni. Se non stai bene, si vede la differenza con chi ha la forza nelle gambe. Comunque sono fiducioso, staremo a vedere».

Mario Casaldi    

 

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