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Da lustrarsi gli occhi - Magnifico spunto di Freire a Tivoli

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Prendete la celebre fucilata di Goodwood di Saronni, mescolate con la rimonta-thrilling di Basso ai danni di Bitossi a Gap, shakerate per bene con un pizzico di astuzia e con qb di freschezza atletica, ed otterrete la splendida invenzione che Oscar Freire ci ha presentato a Tivoli. Il campione del mondo era tra i favoriti nella seconda tappa della Tirreno, troppo invitante per lui quella salitella di 4 chilometri che conduceva al traguardo. Ma siccome c'è modo e modo di vincere, il cantabro ha scelto quello più spettacolare.
Era già in posizione buona all'ultimo chilometro, in quinta ruota, pronto a sprintare. Ma lo scatto di Barbero proprio in quel punto deve avergli rimescolato le carte, visto che Oscar ha avuto un attimo di smarrimento, perdendo il treno buono che in quel momento stavano formando Brochard, Devolder, Bertagnolli e Vicioso. Molto bravo, quest'ultimo, visto che ai 300 metri è partito lanciato e ha iniziato a pregustare il prestigioso successo di tappa, dato che nessuno dei suoi contendenti presenti lì in zona dava segno di poterlo contrastare.
Ma non aveva fatto i conti con Freire. Errore capitale!
Freire, infatti - ecco la spiegazione della sua tardiva entrata in scena - come un Wyll Coyote che si innesca su una fionda gigante, perdendo tempo per tendere, tendere, tendere il più possibile, e poi, quando sembra già troppo tardi, lasciandosi sparare in avanti, ha riacciuffato per i capelli la situazione; rischiando il tutto per tutto, ma rendendo il tutto molto più bello proprio per il fatto di aver voluto vincere all'ultimo momento utile.
"Se la tappa fosse durata 50 metri in meno, non l'avrei conquistata", dice onestamente Oscarito. Ma Vicioso se ne farà una ragione: in fondo se in nazionale il capitano non è lui, ma sempre quello che oggi l'ha battuto, un motivo ci sarà, e a Tivoli si è visto proprio bene.
Freire rilancia una volta di più le sue quotazioni in vista della Milano-Sanremo. L'anno scorso la vinse in maniera ultrarocambolesca, spuntando sotto il braccio destro di Zabel mentre lo sciagurato tedesco lo stava alzando in segno di (prematura) esultanza. Comprensibile che ora voglia legittimare quel successo conquistando una Classicissima come Dio comanda, nettamente, di potenza più che di astuzia, con larghezza di spazi piuttosto che per il rotto della cuffia (anche se noi lo preferiremmo sempre così, come a Sanremo 2004 e come a Tivoli 2005). Se questo è il suo obiettivo, è sulla strada buona.
Gli avversari, per oggi, abbozzano. Petacchi si è più o meno salvato, ha perso il primato in classifica solo per il gioco dei piazzamenti, ma come tempi è in linea, e potrà riprendere colorito già domani. Cipollini si è staccato su un'altra salitella (Palombara Sabina), prima che i giochi si facessero seri. Poi è rientrato, ma se fosse un venditore di automobili comprereste un'auto da lui, oggi come oggi?
O'Grady è stato discreto anche se poco appariscente, McEwen non pare tra i possibili trionfatori di Via Roma, Zabel è sempre alle prese il suo secolare declino, e gli altri, quelli che dovrebbero anticipare la volata sanremese, stanno deludendo alla grande. Bettini è in uno stato di forma misterioso, dà l'impressione di essere un'incognita anche per se stesso; Di Luca si è defilato nel momento più importante, Messico e Nuvole verrebbe da dire, in Messico c'è stato in ritiro un mese, le nuvole sono quelle che si addensano sul suo futuro prossimo (ma restiamo in attesa di smentite sul campo).
In linea generale, resta la sensazione che la Tirreno sia una corsa un po' buttata via, percorsi insipidi e vittoria finale decidenda con gli abbuoni, ad onta di una partecipazione internazionale davvero eccellente. Dovrebbe essere la seconda gara a tappe italiana, potrebbe rappresentare un traguardo già fine a se stesso, e invece la sviliscono come riscaldamento per la Sanremo. Riuscirà mai a brillare di luce propria?

Un altro capolavoro Fassa a Montelimar
A chi vedeva con occhio dubbioso una stagione incentrata su Petacchi uomo solo al comando (e chi scrive era tra quei dubbiosi), la Fassa Bortolo sta rispondendo con un avvio di stagione memorabile. A parte le vittorie di Alessandro Dinamite, Ferretti si è potuto godere la conferma di Flecha, l'esplosione di Kirchen e, lo vediamo oggi, la rinascita di Cancellara. Rinascita nel senso di corridore giovane e di grandi speranze, che allontana da sé qualche ombra di incompiutezza, e che si scopre finalmente davvero vincente.
Non buono solo per i cronoprologhi, ma capace di mettere a frutto una tattica spregiudicata della sua squadra, e di battere allo sprint uno specialista come Kirsipuu.
La Parigi-Nizza, lo sappiamo, fin qui è stata una corsa tecnicamente ridicola (anche oggi tappa tagliata di un terzo) rispetto a quello che doveva essere. Addirittura intere squadre (la Française des Jeux, per esempio) hanno pedalato per decine di chilometri, prima della partenza della frazione odierna, per accumulare un po' di fondo in più di quello che la neve francese sta concedendo ai disgraziati iscritti alla corsa in questione.
Armstrong, che doveva essere un faro, si è ritirato zitto zitto, per la febbre e il mal di gola. Ma sabato, nel cronoprologo, corso - si spera - sano come un pesce, non ha destato tutta questa impressione. Tornerà a Camembert, poi farà il Fiandre, ma la sua avventura al Nord ha perso molto fascino da quando ha stabilito di correre anche quest'anno il Tour de France.
Ma basta divagare, torniamo a Cancellara. La tappa di Montelimar è stata comunque nervosa, gli strappetti del percorso qualche attacco l'hanno prodotto. Alla fine, a meno di 15 km dal traguardo, c'erano davanti Jalabert, Portal e Camano, con una manciata di secondi di vantaggio. A quel punto è entrata in azione la Fassa, tirando il gruppo e arrivando a ridosso dei fuggitivi. Ma, più che riportare Boonen davanti e offrirgli così un'altra vittoria su un piatto d'argento, i biancoblù ci tenevano a fare qualcosa di più intelligente. E così se ne sono andati in break, tre di loro, tutti in una volta, tirandosi appresso qualche avversario (Kirsipuu, Jaksche, Julich), e lasciandone altri più indietro, a marcare Kirchen.
Sono stati in grado, Cancellara, Flecha e Bossoni, di rianimare la fuga, di portarla all'arrivo, di conquistare la maglia di primi in classifica e di poter pure vincere la tappa. Bossoni è veloce, Flecha è un grande finisseur, Cancellara ha una potenza notevole; un terzetto assortito benissimo, che però aveva in Kirsipuu una brutta gatta da pelare. È qui che lo svizzero italiano ha preso in mano il proprio destino, decidendo di affrontare a viso aperto l'espertissimo velocista estone.
È stato, se qualcuno lo ricorda, qualcosa di simile ad un celebre sorpasso di Formula Uno tra Mansell e Senna, un rettilineo lunghissimo e due macchine affiancate dall'inizio alla fine, senza capire se il rimontante avrebbe superato il rimontato. Kirsipuu era in testa ai 400 metri, Cancellara gli si è messo accanto e lì è stata questione di chi ne avesse di più. Io o tu? Ne aveva di più Fabian. Contenti così.


Marco Grassi

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