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Come sale Santiago Pérez - Ma Heras non si lascia ancora scalfire

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Già all'Osservatorio Astronomico di Calar Alto Santiago Perez aveva fatto vedere di che pasta è fatto: sull'attacco di Roberto Heras nel finale, era stato l'unico a tenere il passo del capitano della Liberty Seguros, riavvicinandolo addirittura negli ultimi due chilometri. Stavolta invece il capitano della Phonak (lo è diventato sul campo, dopo le crisi e il ritiro di Hamilton e vista la consueta impalpabilità dell'ex grande promessa Sevilla) ha anticipato i tempi e ha deciso di fare da solo, scattando con convinzione a 25 chilometri dall'arrivo, sulla più importante salita di giornata.
Che l'Alto de Monachil fosse un trampolino ideale, con la sua vetta a 20 chilometri dalla fine, lo sapevano tutti: bastava scollinare con almeno un paio di decine di secondi di vantaggio per avere ottime chance di andare in porto. La questione era appunto guadagnare un simile margine.
Qualcuno ci aveva provato da lontano, Vinokourov su tutti: il kazako cerca di dare un senso alla sua Vuelta, e sicuramente nell'ultima settimana farà parlare ancora di sé (e non vorremmo che stesse avanzando mire golose su Verona), ma per il momento anche lui si è dovuto piegare alla legge della Liberty Seguros: quella che prevede che già all'inizio delle salite serie una buona parte degli avversari siano già abbastanza usurati dal gran ritmo dei blu di Manolo Saiz. Purtroppo in questo gruppo di sofferenti ci sono praticamente sempre Cunego e Garzelli, che anche oggi hanno dovuto in fretta ammainare ogni bandiera (e dire che i Vini Caldirola avevano tirato, coi Liberty, per annullare la fuga del mattino: è mai possibile che i nostri - Cunego l'ha fatto un paio di volte - sbaglino di tanto i conti, e non sappiano attaccare dopo che i compagni gli hanno preparato l'azione?).
Ormai la fisionomia della Vuelta è ben scolpita, e gli uomini che restano davanti alla fine sono più o meno sempre gli stessi. Tra gli altri, proprio Santiago Perez sta evidenziando dei bei progressi, e la vittoria di tappa, oltre a permettergli di superare in classifica i due Us Postal (Landis e Beltran), ne gratifica la caparbietà nell'attacco. Non credevamo nemmeno che avrebbe scollinato da solo, vista la presenza al fianco di Heras del suo metronomo di fiducia, Nozal. Invece Perez non solo si è tenuto alle spalle la crema della Vuelta, ma ha anche allungato in discesa.
La maglia oro, in ogni caso, vive con distacco queste vicende: Santiago è lontanuccio, ma per il momento anche i più prossimi alle spalle di Heras non sembrano in grado di superarlo. Non saremmo, comunque, proprio sereni, se fossimo nei panni dello scalatore di Bejar. In fondo nello spazio di un minuto ci sono Mancebo e Valverde, non Gianni e Pinotto, e quindi si può avere una matematica certezza che ogni calo di tensione sarà sfruttato a dovere da chi insegue. Per non parlare di Nozal, appena più lontano: per il momento ha fatto il bravo gregario, ma secondo noi non ha dimenticato la beffa dello scorso anno (quando venne bruciato in dirittura d'arrivo proprio da Heras), e di notte probabilmente sogna una vendetta. Se in salita continua ad andare come il suo capitano, chi può escludere che nelle due crono non possa rendergli la pariglia?

Marco Grassi

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