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Bettini, sei nell'Olimpo! Il grandissimo Paolo oro ad Atene

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Massì, per una volta lasciamoci crogiolare in un po' di toni trionfalistici, abbandoniamoci all'urlo che accompagna l'impresa dell'anno, esplodiamo la nostra gioia per questa prima medaglia d'oro dell'Italia alle Olimpiadi di Atene, che ci rende doppiamente felici perché viene da quel ciclismo così spesso bistrattato, e perché è stata conquistata da un fantastico Paolo Bettini, aiutato nella sua opera da una nazionale a livelli di eccellenza.
Franco Ballerini ha estratto dal cilindro un nuovo capolavoro dopo Zolder 2002. Ma mentre lì si trattò di una vittoria del gruppo, qui il lavoro del commissario tecnico si è orientato più sulla costruzione di una tattica senza falle. Come dire, il mondiale di Cipollini fu vinto col cuore, l'Olimpiade di Bettini con la testa. Perché ci vuole una testa superiore per guidare in maniera così perfetta una squadra formata da appena 5 uomini, in modo da gestire la corsa a piacimento dall'inizio alla fine: altro che 5, i nostri sembravano 10, e la loro superiorità era tanto più evidente quanto maggiori erano le disgrazie sportive delle altre nazionali: la Spagna si è ritrovata da subito senza un pezzo da 90 (Astarloa, a posteriori forse il più adatto al tracciato) e con un uomo importante a mezzo servizio (Gutierrez Palacios), e poi ha perso per strada anche Freire.
L'Olanda ha subìto il ritiro immediato di Boogerd e ha patito un Dekker meno brillante di qualche settimana fa. La Germania si è inspiegabilmente autoeliminata a metà gara con uno scriteriato forcing che non ha fatto male ai rivali ma ha esaurito Klöden, che infatti poi si è ritirato prima di poter essere veramente utile a Ullrich o Zabel. E il Kazakistan avrebbe dovuto avere almeno un altro Vinokourov per essere realmente competitivo.
In mezzo a tutto ciò, gli azzurri si prendevano il lusso di entrare in ogni fuga, o di decidere che una fuga doveva o non doveva andare avanti, rompendo o meno i cambi di chi inseguiva. Erano tranquilli, e ogni cosa riusciva loro con disarmante semplicità, ma ora sappiamo il perché: perché erano sicuri di avere in casa l'uomo del giorno, il più forte del mondo, il predestinato all'oro. E quel predestinato non li ha traditi, stavolta no.
Non è stato proprio totalmente coperto, Bettini, perché prima dello scatto decisivo lo abbiamo visto almeno un paio di altre volte impegnato a fondo per mettere alla frusta i suoi rivali. Ma gli scatti ripetuti non erano fini a se stessi. Potremmo dire che il primo è servito per testare sé stesso, il secondo per testare gli avversari, e il terzo per metterli ko. Se fossimo ultrapignoli diremmo che Bettini avrebbe dovuto risparmiare un minimo di energie per staccare Paulinho, il suo sorprendente compagno d'avventura, sull'ultima salita, per evitare così qualsiasi rischio di beffa.
Ma saremmo dei pazzi, se lo dicessimo: perché quell'arrivo in volata, col minimo di adrenalina dovuto alla paura di perdere, di vedersi soffiare l'oro dallo sconosciuto portoghese (che infatti per un secondo è sembrato aver imbroccato l'allungo giusto, ai 300 metri), quell'arrivo è stato bello il doppio, il triplo che se non fosse stato solitario. E' stato l'arrivo che avevamo sempre sognato, e Paolino ce l'ha regalato proprio alle Olimpiadi, nel più unico degli appuntamenti.
Dopo l'arrivo ha pianto, Bettini. Ha pianto di gioia, e chissà quante altre volte le ripiangerà quelle lacrime, magari da vecchio, quando la gamba non girerà più come oggi, e lui ricorderà quel giorno in cui alle Olimpiadi tutto il mondo si inchinò ai suoi piedi. Noi c'eravamo, e nel nostro piccolo anche noi potremo raccontare quel giorno: non è mica solo suo, quest'oro, del resto: quest'oro appartiene a Paolo e appartiene a noi, a tutti. E' il nostro grande oro. 

Marco Grassi



Le pagelle delle Olimpiadi


Bettini - 10
E' un voto addirittura troppo stringato rispetto a quello che ha fatto ad Atene il capitano della nazionale italiana. E' scattato a ripetizione sulla salita del Licabetto, unico tra i big a fare corsa così esposta. Ha avuto ragione, ha vinto da grandissimo. 


Ballerini - 10
Pensavamo che all'Italia mancasse qualcosa, forse un Rebellin. Invece il ct ha dimostrato di aver messo in campo una squadra completa, competitiva, senza timori nei confronti di nessuno, capace di incarnare quel ruolo di faro della corsa che era difficile reggere, vista la particolarità della gara e l'esiguità dei ranghi della formazione. Tutto bene, tutto riuscito: complimenti di cuore. 


Moreni - 9
In fuga prima dell'azione decisiva di Bettini, è stato determinante nel far stare tranquilli i suoi compagni in gruppo. La fiducia di Ballerini era riposta benissimo.


Paolini - 9
Bettini fa bene a volerlo sempre con sé: prontissimo, nel finale, a entrare in tutti i tentativi possibili e immaginabili, e poi ancora astuto e coraggioso a rompere i cambi di chi inseguiva il suo capitano. 


Paulinho - 9
Nessuno, proprio nessuno avrebbe pronosticato un argento per questo portoghese, un argento nato non da una fuga bidone, ma da una corsa disputata alla pari coi grandi del mondo, e senza mollare fino alla fine. Buon futuro. 


Merckx - 7,5
Ci aveva già provato in precedenza in una fuga di gruppetto, poi è stato buono l'allungo finale che gli è valso il bronzo olimpico: il terzo posto più prestigioso della sua carriera. 


Nardello - 7
Ha fatto buona guardia in gruppo, si è accodato con Moreni al tentativo di Hamilton, ha rotto anche lui i cambi quando bisognava lasciar evadere Bettini. 


Vinokourov - 7
Si è messo in evidenza, dimostrando di avere una buona gamba, ed è stato presente nei momenti importanti. Ma poi gli è sfuggito Bettini proprio sul più bello. 


Valverde - 6
Restato prestissimo senza Astarloa, che sarebbe stato una spalla ideale per lui. Troppe responsabilità, forse, e lui sempre a un passo dallo spiccare il volo ma mai realmente efficace.


Zabel - 6
La sua vittoria nello sprint del gruppo dimostra che se la Germania avesse creduto di più in lui...


Pozzato - 5,5
Non si è notato più di tanto, alla lunga ha faticato sul Licabetto, ed è finito lontano dai primi. 


Ullrich - 5
Nel 5 è compresa anche la tattica della Germania, che al nono giro ha improvvisato una cronosquadre in testa al gruppo sul Licabetto, senza che quest'azione avesse poi il minimo effetto. Lui ci mette del suo, mancando l'appuntamento con le fughe importanti.

Ma.G.



La chiave tattica

L'Italia ha corso in maniera perfetta, su questo c'è poco da questionare. Ha piazzato in fuga Moreni, poi Nardello, poi più volte Paolini, e quindi ha obbligato sempre gli altri a lavorare, mentre gli azzurri in gruppo restavano coperti. E' una tattica talmente efficace che non si capisce come mai non si faccia di tutto per attuarla sempre (ad Hamilton per esempio le cose andarono diversamente). Ha giovato ai ragazzi di Ballerini senza dubbio la caduta di Astarloa al secondo chilometro: lo spagnolo sarebbe stato senz'altro in grado di tenere le ruote di Bettini sul penultimo Licabetto. Ma occorre dire che Bettini (che, come invocavamo, stavolta non si è distratto) sarebbe stato oggi difficilmente battibile. 

L'Errore - La Germania ha corso molto male. Non si capisce a che pro consumare Klöden e Rich a metà corsa, e non si capisce soprattutto perché sia stato dato così poco credito a Zabel. Forse sarebbe stato il caso di assegnare a Klöden il ruolo di luogotenenza di Ullrich, e lasciare a Voigt il compito di coprire Zabel, con Rich eventualmente impegnato a chiudere sulle fughe. In ogni caso, non ne facciamo un dramma: le vittorie degli uni passano spesso anche dagli errori degli altri. 


Ma.G.

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