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Armstrong, che squallore - Lance, grave sopruso su Simeoni

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Il valore di un campione emerge dal suo comportamento in corsa. Quando uno vince in maniera spettacolare, netta, limpida, lo si definisce senz'altro campione. Quando uno vince sei Tour de France uno in fila all'altro, brutalizzando quasi sempre tutti i più forti rivali, si sarebbe tentati di dargli addirittura il titolo di campionissimo. Per lo meno campionissimo per un solo mese all'anno, visto che, a parte qualche corsetta di preparazione, l'uomo di cui parliamo corre seriamente soltanto il Tour. Ma dopo quanto successo oggi, ci prendiamo la responsabilità di togliere a Lance Armstrong anche questo titolo: altro che campionissimo.
La storia inizia da lontano, ed è una storia di connivenze, omertà, arroganza, umiliazioni. Per non farla troppo lunga, ricordiamo che Filippo Simeoni, l'unico corridore italiano ad aver confessato di essersi dopato (e ad aver pagato questo suo «pentimento» con una paradossale squalifica dell'Uci, nel 2002), aveva parlato davanti al giudice del coinvolgimento di diverse persone, primo fra tutti il dottor Michele Ferrari, apologeta del doping ematico (e non solo), allievo del professor Conconi e curatore diretto di una serie di corridori del passato e del presente.
Tra i tanti transitati dal laboratorio di Ferrari, Lance Armstrong, il quale ha mantenuto col controverso medico una salda amicizia. Fatto che lo ha spinto a negare recisamente quanto affermato da Simeoni, assicurando che Ferrari è una brava persona e che invece è il corridore di Sezze ad essere un bugiardo. Simeoni, dopo aver subìto diverse angherie oltre alla squalifica (è stato emarginato in gruppo per un certo periodo) non ci è stato a passare pure per millantatore, e ha dato mandato ai suoi legali di querelare Armstrong per diffamazione. Mal gliene incolse!
Da quel giorno, su Simeoni si è scatenato l'inferno: Lance ha tenuto le fila di una sorta di mobbing, coinvolgendo altri campioni-amici, primo fra tutti Cipollini, compagno di squadra di Simeoni che - lo scopriamo ora dalle rivelazioni del team manager della Domina Vacanze, Vincenzo Santoni - ha fatto di tutto per impedire che nella formazione per il Tour ci fosse anche il laziale.
Simeoni invece al Tour ci è andato, e ha fatto una discreta figura, andando un paio di volte in fuga (nella prima occasione venne ripreso a 50 metri dal traguardo). Oggi ci ha riprovato, in avvio di tappa. Davanti c'erano già sei attaccanti (Flecha, Joly, Lotz, Garcia Acosta, Fofonov e Mercado).
Ma non appena Simeoni è emerso dal gruppo, Armstrong ne ha preso la ruota, inseguendolo passivamente. In breve i due hanno coperto i 40" che li separavano dai primi. Ma con Armstrong davanti, la fuga non avrebbe avuto nessuna possibilità di riuscita (e infatti la T-Mobile si era già messa a inseguire).
A questo punto Lance ha esplicitato il suo squallido ricatto: rivolto ai 6 fuggitivi originari, ha detto che si sarebbe rialzato se la stessa cosa avesse fatto Simeoni. Chi poteva trovare il coraggio di ribellarsi all'arroganza padronale del texano? Nessuno, e infatti i 6 hanno fatto delle pressioni su Simeoni perché si fermasse. E il povero Filippo ha dovuto cedere, facendosi riprendere dal gruppo e beccandosi pure da altri colleghi una serie di insulti («Primo fra tutti Nardello», ha accusato Santoni, ma il varesino ha detto di non ricordare, e ha chiesto comunque scusa), fatto che lo ha spinto sull'orlo del ritiro.
I 6, senza zavorre, sono poi andati al traguardo, dove lo spagnolo Mercado ha battuto allo sprint il connazionale Garcia Acosta (i due avevano staccato gli altri 4 sulla salitella di Nogna, a 13 km dalla fine).
Ma il fatto sportivo passa nettamente in secondo piano rispetto a quello antisportivo. Domani, a Besançon, accoglieremo quindi con dispetto la probabile nuova vittoria di Armstrong, nella crono di 55 km che gli consegnerà definitivamente il Tour 2004.


Marco Grassi

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