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Che crudeltà, Roubaix! - Museeuw fora, primo Backstedt

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Maledetta Roubaix. Benedetta Roubaix. Se lo sport è anche momenti di terribile delusione, o di totale frustrazione di fronte ad un risultato meritato che inopinatamente sfugge via, la corsa del pavé allora lo incarna perfettamente. Da nessuna parte come su queste pietre franco-belghe un risultato è tanto legato a fattori diversi dalla forza che si ha nelle gambe, dalla saldezza mentale, dalla fantasia che si riesce a mettere in campo. Alla Roubaix si può avere tutto questo, e ugualmente si può non vincerla. La Parigi-Roubaix del 2004 resterà negli almanacchi perché era l'ultima corsa da Johan Museeuw, l'uomo che meglio di tutti l'aveva interpretata a cavallo tra gli anni '90 e 2000. E resterà nei ricordi di tutti perché quell'uomo, a un passo dal suo quarto trionfo sul pavé (cosa sono in fondo 6000 metri dopo 254 chilometri di quell'inferno?), ha forato.
Ha forato quando era in testa alla corsa, insieme ad altri quattro uomini validi, per carità, e alcuni di essi anche con un futuro roseo davanti, ma pur sempre quattro comprimari. Mancavano 6 km al traguardo e Museeuw era chiaramente il favorito. Forse non il più veloce, ma stiamo parlando di un Monsieur Roubaix, uno che avrebbe disposto a suo piacimento dei compagni di fuga. Invece proprio sul tratto di pavé più facile, il penultimo, Hem, quando si poteva pensare di intravedere la fine gloriosa della giornata, quella ruota posteriore si è afflosciata e addio sogni.
Tutti, proprio tutti avrebbero voluto vederlo vincitore, perché a un certo punto, dopo aver regalato tanto agli appassionati, uno sportivo abbatte le barriere e diventa un beniamino universale. Un po' quello che in Italia viviamo con Baggio, sperando che ad ogni partita ci regali ancora qualche lampo di classe e sapendo che il momento del suo ritiro si avvicina a falcate troppo ampie.
Questa Roubaix è vissuta tra due forature che hanno coinvolto, a ben vedere, i due fari della corsa. Museeuw, e Van Petegem. Quest'ultimo però è incappato nell'incidente qualche chilometro prima del collega, quando c'era ancora spazio per far vedere qualcosa. E certo che l'ha fatto vedere, l'uomo della Lotto, ha fatto vedere proprio tantissimo: una rimonta che faceva pensare a una gara automobilistica, magari, con i colleghi staccati dal gruppo principale che venivano superati uno dopo l'altro, nell'impossibile tentativo di riallacciarsi alla storia principale della Roubaix 2004.
E' rientrato sugli inseguitori, Van Petegem, e dopo la foratura di Museeuw ha pure ripreso lo storico rivale, e insieme se ne sono andati, all'ennesimo attacco del vecchio Johan, per regalarsi un'entrata da protagonisti nel velodromo. La volata per la vittoria era in corso di svolgimento, ma tutti gli occhi erano puntati sui due campioni, 4 Roubaix in due, quei due pezzi di storia del ciclismo belga che si avvicinavano a quell'inutile quinto posto e smettevano di duellare, per una volta è plausibile, e si abbracciavano, e Van Petegem così omaggiava il Leone alla sua ultima apparizione in bici in fondo alla Regina delle Classiche.
Non un passaggio di consegne, come quello fra Hinault e il suo delfino Lemond al Tour del 1986: Van Petegem ha i suoi anni e non una carriera davanti. No, un semplice riconoscimento ad uno straordinario campione, che forse nella sfortuna di questa Roubaix 2004 ha sublimato definitivamente (caso mai ce ne fosse bisogno), la sua dimensione di uomo, capace di sorridere anche dopo una sconfitta immeritata.
Non ce ne vorrà, in finale, Magnus Backstedt, possente e bravissimo vincitore di questa corsa che gli cambia in un colpo la carriera, se abbiamo dedicato gran parte dello spazio a Museeuw e Van Petegem. Aveva annunciato questa memorabile giornata con il secondo posto conquistato alla Gand, mercoledì. Si è confermato uno degli uomini più in forma del momento, ha battuto ruote veloci come quelle di Hammond e Cancellara, ha dimostrato in diverse fasi della gara di saper stare al fianco di celebrati specialisti da Nord. Un altro nome (relativamente) nuovo dopo il Wesemann del Fiandre. In fondo è giusto che non vincano sempre gli stessi, o sempre i favoriti: il mondo è bello perché è vario. Anche il ciclismo.

Marco Grassi


Le pagelle della Roubaix


Museeuw - 10

Ci ha riempito gli occhi, alla sua ultima Roubaix è andato vicinissimo al quarto successo sul pavé, ed è stato fermato soltanto da una foratura, e solo a 6 km dal traguardo. Una beffa che ce lo fa apparire ancora più grande, e ci regala ancora più rimpianto, pensando che fra pochi giorni appenderà la bici al chiodo (scusate l'abusata metafora).


Backstedt - 8

Sempre presente tra i migliori, sa approfittare anche di un pizzico di fortuna e trova la forza di piegare i compagni di fuga in una volata che non dimenticherà più.


Van Petegem - 8

Sta nascosto ma non perde mai terreno, se non quando la foratura traditrice gli taglia le gambe a 18 km dal traguardo. Troppo tardi per rimediare e vincere, ma non per dare un'impronta alla corsa: la sua rimonta, e successivamente l'allungo su (e con) Museeuw, ci fanno pensare che probabilmente avrebbe vinto con un minimo di buona sorte.


Bartoli - 7

Era alla sua prima Roubaix, ma ha saputo interpretarla al meglio, stando sempre al fianco di Museeuw. Ma anche lui ha forato nel finale, e non ha più ritrovato il gruppo dei migliori.


Zanini - 7

Eccellente Roubaix dopo il già memorabile Fiandre: tira sempre quando la squadra ha bisogno di lui, non ha paura del vento in faccia, ma cade e perde contatto. Però è bravissimo a rientrare sui migliori prima che la corsa entri nella fase decisiva.


Hammond - 7

Per lunghi tratti, anche di pavé, ha tirato la carretta per tutti. Poi si è ritrovato a giocarsi la corsa della vita, ma ha fatto una volata poco efficace, e si è dovuto accontentare del terzo posto.


Hoffman - 6,5

Dall'alto della sua esperienza ha capito qual era il momento decisivo e si è infilato nella fuga giusta. Ma non è mai parso in grado di vincere, e col secondo posto può godersi un premio gigante.


Boonen - 6,5

Bello convinto nel suo attacco ai 24 km, dopo si è piegato alla ragion di squadra e si è defilato quando Museeuw è diventato protagonista.


Baldato - 6,5

Ogni tanto estrae dal cilindro qualche colpo ad effetto: onestamente non ci saremmo aspettati di vederlo ancora all'attacco tra un pavé e l'altro, lui che fu secondo qui dieci anni fa.


Wesemann - 6

Si è fatto vedere in prima linea fino al Carrefour de l'Arbre, poi ha perso smalto, e malgrado abbia messo ancora il naso fuori a 5 km dal termine è poi stato risucchiato dalle posizioni di retroguardia.


Hincapie - 6

Ha attaccato con Boonen, la voglia di far bene c'era tutta, ma nulla ha potuto contro il veemente ritorno di Museeuw.


Tafi e Bortolami - sv

Dopo aver dato l'impressione di poter far qualcosa, si sono dovuti arrendere alle forature prima della Foresta di Arenberg.


Pieri - 4,5

Non siamo moralisti e non mettiamo in dubbio che sia bello godersi la vita. Ma è proprio da salami presentarsi sovrappeso alla settimana più importante della propria stagione.


Ma.G.

La chiave tattica

La Quick Step è inevitabilmente il centro di gravità delle classiche fiamminghe. Ancora una volta la squadra di Lefevere ha fatto e disfatto: prima con Zanini a tirare il gruppo, poi con Cretskens e Hulsmans a inseguire i fuggitivi che si susseguivano davanti, poi con l'attacco del delfino Boonen, infine con la discesa in campo di sua maestà Museeuw, fermato sul più bello da una foratura. Senza quest'incidente, la tattica della Quick Step sarebbe risultata perfetta. Anche la Lotto ha corso bene, ha tenuto davanti cinque uomini e ha lasciato il lavoro pesante ai rivali biancoazzurri. E anche la Lotto si è arresa di fronte alla foratura di Van Petegem. Morale: la Roubaix la si può preparare a tavolino quanto si vuole, ma è una corsa troppo legata a mille variabili perché si possa essere sicuri di condurre in porto con successo la propria tattica.

L'Errore - Due errori. Uno, di valutazione, l'ha fatto Wesemann: probabilmente inebriato dalla sua affermazione al Giro delle Fiandre, ha voluto correre da pari a pari con Museeuw, che francamente sul pavé ha un'altra cilindrata. Con maggiore umiltà, Wesemann avrebbe potuto liberare prima Nardello (che stava molto bene) e permettere al varesino di giocarsi fino in fondo le sue carte. Il secondo errore, probabilmente più grave, l'ha commesso Fabian Cancellara nel velodromo: lo svizzero italiano ha vinto ultimamente anche delle volate di gruppo, e davanti non a Ciccio Formaggio ma a un certo Zabel. E allora perché non si è fidato delle sue doti da sprinter e ha voluto invece allungare e anticipare la volata a quattro? Così facendo, Cancellara ha sprecato le sue chance e si è fatto infilare dagli altri tre. Ne è valsa la pena?


Ma.G.


Bartoli, è proprio iella

Rifacendo i conti con la fortuna, Michelino Bartoli quest'anno è in ampio credito: nel suo Fiandre lo ha appiedato una foratura a un passo dal Grammont. Corsa chiusa lì, e pazienza: occhi puntati sulla prima esperienza alla Roubaix, con l'entusiasmo e la voglia di imparare di un ragazzino. E il pisano aveva già capito tutto della Regina, stava al fianco di Museeuw e non mollava la sua preziosa ruota. Però, di nuovo e accidenti, una foratura lo ha tolto di mezzo sul Carrefour de l'Arbre, terz'ultimo tratto di pavé. Impossibile imbastire a quel punto un inseguimento, e anche la Roubaix è scappata via.

Ora finalmente si cambia fondo stradale, l'infido pavé viene abbandonato in luogo dell'asfalto, che sarà meno affascinante ma ha almeno il pregio di non nascondere (troppe) insidie. Bartoli è in forma, perciò è impossibile che non sia protagonista tra Amstel, Freccia e Liegi. Però l'anno prossimo la settimana fiamminga sarà nuovamente da affrontare: se qualcuno ha il numero di telefono di qualche rivenditore di cingoli da bicicletta, si faccia pure avanti e lo passi a Michelino. Meglio non correre più rischi.


Ma.G.

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