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Le risposte di Ballerini - Il ct torna sul mondiale canadese | Cicloweb

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Le risposte di Ballerini - Il ct torna sul mondiale canadese

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Il gioco è noto, la disponibilità di Franco Ballerini pure, quindi non resta che riavvolgere il nastro, tornare con la mente a quel 12 ottobre canadese, ricordare i particolari del Campionato del Mondo su strada di Hamilton e porre al commissario tecnico azzurro le domande che spontanee ci vennero quella sera, dopo la sconfitta della nazionale italiana e la vittoria dello spagnolo Astarloa. In questo immaginario (e molto bonario) processo l'accusa procederà su 10 punti controversi, la difesa puntigliosa e precisa di Ballerini ci darà le risposte a ogni quesito e proverà a spiegarci perché quell'iride, tanto sognato, alla fine lo abbiamo solo sfiorato.
Come mai la durezza del percorso iridato è stata sovrastimata?
«Non c'è stato nessun errore di valutazione. Semplicemente le condizioni meteorologiche ci hanno giocato un brutto tiro, e il vento ha fatto sì che solo 2 chilometri su 12 fossero realmente duri, quelli della prima salita. Sulla seconda ascesa, quella vicina all'arrivo, il vento contrario annullava le azioni nate in precedenza e livellava le forze del gruppo: i primi del plotone stavano in soglia, quelli dietro chiacchieravano tra loro, e il gruppo rimaneva compatto».
Visto che praticamente fino alla fine il plotone è rimasto compatto, la presenza di Petacchi non avrebbe permesso valide alternative tattiche?
«Tra tutti quelli rimasti coi primi fino all'ultimo giro, in realtà oltre un centinaio erano uomini che non avrebbero e non hanno influito sul risultato: in gruppo perché non era arduo rimanerci, ma incapaci di tenere le ruote dei migliori sul più bello. Temo che Petacchi avrebbe potuto far parte di questa folta schiera di comprimari».
Un Frigo palesemente in grande forma non è stato sacrificato troppo in ruoli di contenimento?
«Il ruolo di Frigo era quello, e lui ha fatto benissimo la sua parte. L'intera squadra era votata ad un unico obiettivo, portare Bettini in un gruppetto coi migliori nel finale: ci siamo riusciti, Paolo era tra i 6 che si sono giocati il Mondiale. Tutto si può dire ma non che noi non fossimo presenti quando contava».
Non si poteva pensare una tattica che non prevedesse esclusivamente di inseguire le fughe (anche quando all'attacco c'era Moreni)?
«Su quel circuito quel giorno, si è visto, era difficile portar via un gruppetto. L'unica vera fuga infatti è stata quella con Moreni. Ecco, se nel drappello fosse entrato anche Nardello, come doveva essere, mi sarei seduto e avrei ordinato ai miei di lasciar fare. Ma purtroppo Daniele è stato vittima di un salto di catena, e ha perso il treno giusto, e così abbiamo inseguito».
Ma non si poteva lasciarlo fare a Spagna o Germania?
«Sì, si poteva, ma l'Italia al Mondiale è sempre il faro della corsa, e quest'anno ancora di più, visto che Bettini era il favorito assoluto, ed eravamo pure i detentori del titolo. Se nessuno avesse tirato subito, la fuga, che a noi - lo ricordo - non andava bene, avrebbe preso un margine maggiore. E, prima o dopo, sempre a noi sarebbe toccato inseguire, con maggior dispendio di energie: non credo che Spagna o Germania avrebbero preso l'iniziativa di mettersi in testa al gruppo».
Casagrande è mancato clamorosamente: come mai?
«Perché i corridori non sono macchine, non hanno 200 cavalli nel motore in ogni corsa. Francesco ha avuto una giornata negativa, peccato gli sia successo proprio nel Mondiale».
Di Luca è stato sottoutilizzato?
«No, Di Luca era l'alternativa a Bettini, se Paolo non fosse stato bene. Se ci fosse stata una fuga negli ultimi giri, Danilo ci sarebbe stato dentro, ma come abbiamo visto nessuno si è mosso».
Bettini ha sbagliato a muoversi ai 70 chilometri e poi ancora ai 35 dall'arrivo? Non avrebbe potuto lasciar fare quegli scatti a Di Luca, o a Paolini, e preservarsi meglio per il finale?
«Sì, avrebbe potuto, ma sappiamo che Bettini è fatto così, è impulsivo, quando sente la gamba prende e va, e comunque aveva bisogno di testarsi. Bisogna lasciargli spazio, in ogni caso: alla Sanremo, se avesse perso, tutti avrebbero dato la colpa al suo scatto sulla Cipressa. Invece Paolo se sta bene deve provare ad attaccare, come ha sempre fatto».
Ma quegli scatti anticipati hanno pregiudicato la vittoria iridata di Bettini?
«Difficile dirlo. Il finale è stato strano, dei 6 in fuga l'unico a non avere nulla da perdere era Astarloa, che infatti è scattato dove nessun altro avrebbe voluto farlo. Poi ha avuto ragione, perché ha fatto un numero fantastico: ma in quel punto, partire e pensare di poter arrivare, era quasi follia. Bettini non ha inseguito per non favorire Van Petegem che gli stava a ruota. Lo temeva in volata, e ha aspettato che fosse lui a inseguire; ma il belga non si è mosso. Sono convinto che se ci fosse stato Camenzind a ruota di Bettini, lo svizzero avrebbe tirato per riprendere Astarloa, ma le cose sono andate diversamente, e lo spagnolo se n'è andato via. Occorre anche dire due cose: dopo 260 chilometri, anche dieci metri di margine possono risultare incolmabili; e in ogni caso ha vinto l'uomo più forte in quell'occasione: e per fare un numero del genere, sono convinto che Astarloa lo fosse».
In conclusione: rifarebbe, una per una, tutte le scelte che ha fatto?
«Assolutamente sì: dalle convocazioni, alla scelta delle riserve, al "ripescaggio" di Frigo dopo la cronometro, alla preparazione della tattica, alla conduzione di gara. Poi accade l'imponderabile e va tutto all'aria, ma io rifarei tutto, ogni singola scelta. E sottolineo una cosa: per avere un finale con Bettini a giocarsi il Mondiale con 5 rivali io avrei firmato non una, ma due volte!».
Ne prendiamo atto. Arrivederci al prossimo anno, al prossimo Mondiale.
«No no, anche prima: non dimenticate che ad agosto ci sono le Olimpiadi...».



Marco Grassi

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