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Volta Ciclista a Catalunya 2015

Le prime sfide su dislivelli e quote da GT della stagione coincidono da qualche anno con questa Volta a Catalunya, difficilmente teatro di autentiche battaglie, ma sicuramente altimetricamente severa, perlomeno rispetto a parametri quantitativi. L'incipit è già su tonalità accese. Non stiamo parlando probabilmente della tappa decisiva, ma a 45 km dal traguardo svettano pur sempre i 1145 metri del selvaggio Coll Formic, Gpm di prima categoria, 7 km finali di discreto impegno su pendenze tra il 5 e il 9%. Tanto per dare un'idea precisa della via su cui ci si è incamminati. I primi 100 chilometri della tappa servono a portare il gruppo, attraverso le ampie strade di grande comunicazione che abbondano in zona, prima lungo un tour esplorativo delle popolari spiagge della Costa Brava, poi al riarso e infine selvaggio entroterra catalano. Si raggiunge un primo gradualissimo culmine all'Alt De Viladrau, strada sempre ampia, salita regolare, costeggia l'autostrada per un tratto fino ai 3 km dallo scollinamento: da passisti, introduttiva, progressiva. Il serpentone scende sempre graduale nel fondovalle, ora più accidentato, tortuoso, per aggredire con delicatezza il Coll Formic, lato B. Nessuno scossone da un punto di vista delle pendenze. Otto chilometri lungo un vallone, successione di indistinguibili semicurve lungo il versante boscoso e nessun tornante. Salita facile all'inizio, imprecettibilmente sempre più dura verso il finale. Comunque, terreno per attaccare c'è: il tratto più impegnativo è verso la cima, da lì mancano 55 chilometri al traguardo, ma 30 sono di discesa. Nei primi 10 bisogna solo guidare la bici, 2 rilanci sugli unici due tornanti. In seguito rimane assai scorrevole, sebbene più pedalabile, fino all'attacco di un altro Gpm, questo destinato alle fucilate degli scattisti, il Collsacreu, seguito da discesa altrettanto breve, ma non semplice. Pur sempre 19 chilometri al traguardo, quasi 10 lungo mare, facilmente arieggiati. Non sembra sufficiente, insomma, questo Collsacreu, per guadagnare un vantaggio sufficiente ad essere difeso ad oltranza per mezz'ora contro il gruppo. Un attacco con uomini forti dai colli più alti qualche chance in più potrebbe averla. D'altra parte, qualche squadra con velocisti meno puri potrebbe avere buon gioco a tenere ritmi alti per selezionare uno sprint meno affollato, linearissimo, in leggerissima salita negli ultimi metri. Possibile beffa per uno sprint lanciato troppo lungo.

La seconda tappa non indugia lungo i litorali, prende immediatamente la via del monte. Non che l'Alto de Can Bordoi, 330 metri sul livello del mare, chilometro 26 della tappa, possa accendere chissà quale battaglia campale. Ma pare profilarsi una tappa altimetricamente meno minacciosa, tuttavia più nervosa della prima. La corsa si addentra fra gli antichissimi e ormai levigatissimi vulcani spenti del parco naturale della Garrotxa, piccoli coni ricorperti di vegetazione, più di trenta, a suggerire un'altimetria mossa. Forse vi si cercano auspici di scosse telluriche anche in senso agonistico. Fatto sta che, tra questi saliscendi, si indivudua un solo GPM di terza categoria, Alt de Montagut, a 14 km dal traguardo, uno dei vari strappi, in ogni caso mai eccessivamente violenti, che tormentano questo finale di tappa. C'è un primo passaggio dalla sede di arrivo, Olot, poi il percorso si addentra fra i vulcani spenti e risale leggermente fino a Santa Pau, fino a qui in maniera piuttosto regolare. Poi, però, alcuni chilometri di discesa introducono ad una cinquantina di chilometri di "mangia e bevi" su strade meno levigate, curve continue, culminanti con il suddetto Alt de Montagut. Da segnalare un primo sensibile restringimento della sede stradale in vista di questo ultimo strappo, con strada serpeggiante fra erbosi dossi, dove non sarebbe troppo difficile perlomeno sparire dalla vista di un gruppo probabilmente allungato. Trattasi di tappa difficilmente decifrabile, dove non pare impossibile tenere compatto il gruppo fino all'arrivo. Ma i continui dislivelli degli ultimi 60-70 chilometri ne fanno una specie di classica in tono minore, svelenita delle pendenze più aspre, ma esigente dal punto di vista della concentrazione. Tutto sommato aperta ad azioni grande esplosività. Gli ultimi 5 chilometri non risultano molto amichevoli nei confronti di possibili fuggitivi, pressoché rettilinei e di pendenza leggera e contraria, assai favorevoli alle azioni organizzate delle migliori squadre. La probabilità più alta pare ancora dalla parte di un'altro sprint a ranghi di poco ristretti, in leggera salita.

Terza tappa, e ancora siamo di fronte a dislivelli non trascurabili, salite medio-lunghe, 5 Gpm, i più impegnativi alla fine. Quanto a nervosismo altimetrico, si sale di una categoria rispetto alla precedente. La fascinosa Girona, una delle più belle e antiche città di Spagna, ammantata della sua bellezza poliforme e multiculturale, del mistero delle buie vie del suo quartiere ebraico, culla della tradizione cabalistica, fa da austera quinta a due ampi giri tra le dolci alture delle Gavarres. Lunghi dorsi d'elefante coltivati a chiazze a sughero. Un primo giro più ampio va a toccare l'Alt de la Romanya e l'Alt de la Ganga, due terza categoria, che iniziano a movimentare ma non ancora a mordere. Sulla via del ritorno verso Girona si transita una prima volta sull'Alt dels Àngels, in prossimità del candido santuario ivi eretto, località di amplissimo respiro panoramico dal mare ai Pirenei. Dalí vi convolò a nozze con la sua Gala. Questa è la probabile chiave di volta della tappa, visto che andrà ripetuto una seconda volta, con scollinamento a 13 chilometri dall'arrivo, quasi solo di discesa. Dall'abitato di Madremanya sono 6 km che riservano frequenti passaggi intorno al 10%, su circa 350 metri di dislivello, con pianetto ad un chilometro dalla cima. Salita da circa un quarto d'ora, medio-breve, che però consentirebbe un discreto guadagno difendibile nei 10 chilometri di ritmica, ombrosa, non facile discesa. Fra le due ascese ad Els Àngels, c'è da scalare anche il più irregolare Alt de Santa Pellaia, che alterna spianate a brevi rampe, altra salita da 350 metri di dislivello, la cui discesa tuttavia riporta quasi ai piedi di Els Àngels, lasciando poco spazio al lavoro di chiusura delle squadre. Tappa ancora più invitante della precedente per gli attaccanti, ai quali non sono ancora richieste grandi doti da scalatori puri, vista la non eccessiva lunghezza delle salite, quindi tappa aperta a molte tipologie di corridore. Un po' più difficile salvarsi per i velocisti, anche i più avvezzi alla salita. Arrivo ampio e pianeggiante negli ultimi 3 chilometri, solo un paio di rotonde, l'ultima ai 500 metri.

Con la quarta tappa la Volta Catalunya comincia un ripasso del percorso dell'anno passato. È avvenuta la sostituzione di una tappa di alta montagna con una di media (la precedente a Girona), ma da qui in poi si ritorna nel solco. Riproporre tappe uguali potrebbe richiamare critiche di scarsa fantasia, eccessiva prudenza, perfino pericolo di noia. Tuttavia un percorso già fatto dà la possibilità ai corridori di correggere alcuni errori di valutazione, e forse maggior coraggio, conoscendo il tracciato, e inventiva. La frazione di La Molina è il piatto forte della corsa. Un paio di Gpm introduttivi nel primo terzo di gara, ad indurire la tappa, visto che sia l'Alt de Bracons (km 58) sia l'Alt de Coubet (km 90) vanno a strappi anche vicini al 10% e si tratta di salite non brevi, 10 km l'una. Il cuore della frazione è la lunare Creueta, 21 km complicati, anch'essi a strappi, versante Castellar n'Hug, strada esposta, non di rado battuta dal vento. Va subito notato che rispetto allo scorso anno è stata avvicinata all'arrivo, evitando il largo ed insipido giro dei Fontanyals de Cerdanya, e ora la cima della lunga e severa ascesa svetta a 42 km dal traguardo. Distanza forse più accattivante, nel caso i 21 chilometri della Creueta fossero resi teatro di battaglia. Vero è che la salita è seguita da una ventina di chilometri di leggera discesa, tormentata da frequenti e fastidiose contropendenze, su strada sempre piuttosto larga: si compie un panoramico periplo del versante opposto della vallata che sarà risalita poco più avanti in vista del traguardo. Dopo un brevissimo tratto pianeggiante il percorso torna a salire verso l'assai più regolare arrivo di Alp, stazione invernale. Sostanzialmente un fondovalle ascendente con qualche strappo alternato a tratti scorrevoli, ancora tutto a favore del gruppo, fino all'ingresso della cittadina d'arrivo. Qui, sempre lungo ampie e gradualissime svolte, la pendenza si fa più seria fino ai 500 metri finali, che si avvicinano al 10%, esigenti grande esplosività e freschezza, sulla stessa rampa d'arrivo dell'anno passato. C'è una leggera modifica di percorso, che farà sì che gli ultimi 300 metri siano preceduti, e lanciati, da una brevissimo tratto di discesa, non presente lo scorso anno. Cambia poco, in sostanza, salvo che qualcuno abbia in mente di testare se stesso e gli avversari di sempre su una vera, lunga salita. Assaggio di Tour.

Altro arrivo che ricalca, come tracciato, e soprattutto nel finale, il già visto. Tappa molto veloce, che plana dalle alture pirenaiche, lungo le larghe arterie di fondovalle, fino all'aspro entroterra catalano, in una scorrevolissima fase introduttiva di ben 140 chilometri. C'è qualche immancabile saliscendi valligiano, ma sembra probabilissimo che il gruppo possa agevolmente tenere sotto controllo il vantaggio di qualsiasi fuggitivo. Negli ultimi 50 chilometri un paio di salite, delle quali solo la seconda elevata al rango di Gpm di seconda categoria, l'Alt de Lilla. In verità ci sono in precedenza una ventina di chilometri dolcemente ascendenti, che scollinano in località Belltall, spazi apertissimi, all'orizzonte le candide pale di un filare di impianti eolici. Segnale di vento frequente e sostenuto, una variabile forse importante in questo finale di tappa, orientato verso il mare. L'Alt de Lilla non abbandona le ansiogene statali a più corsie che caratterizzano la zona. Poco amichevoli per il ciclista di qualunque categoria, ma soprattutto demotivanti per la categoria "ciclista d'attacco". Perfino la macchia mediterranea si dirada e lascia totalmente allo scoperto il fuggitivo. Ci sono comunque 4 chilometri di salita tra il 5 e il 7%, seguiti da velocissima e ritmica discesa, tutte curve ad ampio raggio. Alt de Lilla, salita per altro già eplorata nelle precedenti edizioni, come il finale, identico all'anno passato, con un restringimento poco oltre l'ultimo chilometro in corrispondenza di due curve, destra e sinistra, in leggera discesa. Viceversa, la retta finale è sensibilmente in ascesa. Sprint assai tecnico, da guida spregiudicata per non perdere le posizioni nelle due curve, e da sagacia tecnica nell'attento calcolo dei tempi più lunghi di uno sprint ascendente.

Anche la sesta tappa rimane nella tonalità pacificamente montuosa di questa corsa di grandi dislivelli e grande gradualità. Cibo in abbondanza senza tuttavia troppe spezie. Una corsa intonata sulla quantità e sulla regolarità e affidata al coraggio dei suoi interpreti. Siamo di fronte ad una tappa abbastanza chiaramente dedicata a tentativi ben organizzati di fuga, in alternativa ad uno sprint di gruppo compatto. Gli ottovolanti di Port Aventura con vista sull'arrivo, sembrano però simpatizzare maggiormente per i jet delle due ruote. C'è infatti il problema di questi 25 chilometri piatti, dopo l'ultima pedalabile salita, il Coll Roig. Lungo tutto il percorso, tuttavia, sono disseminate salite, dislivelli, come se si preludesse ad un arrivo per scalatori. Invece, finale piatto e tutto da giocare sulle doti di resistenza dei vari velocisti rispetto alla non indifferente dose di salita quotidianamente proposta. Il colle più arduo da scollinare sarà l'Alt de Prades, 11 chilometri alla pendenza media non ubriacante del 4%, 106 al traguardo. Tutto il tempo di rientrare, ma la fatica si potrebbe pagare su una serie di strappi di 3-4 chilometri che il percorso riserva in successione 40 chilometri più avanti, dopo una scorrevole discesa. Il percorso vi diventa tortuoso, mosso, complesso, ricco di cambi di ritmo. Insomma, buono per attacchi a sorpresa o per lanciare la crème di una fuga ben assortita e partita presto. Il tutto culmina nella già citata salita di Coll Roig, la cui cima è posta a 36 chilometri dal traguardo: 11 di discesa tutta da guidare, su strada senza protezioni laterali, e 25 di sostanziale pianura, un lungo braccio di ferro col gruppo. Alla fine, solo larghe rotonde, svincoli e un rettilineo a tre corsie che porta a varcare i cancelli del parco divertimenti.

L'ultima tappa, come da tradizione, accorcia il chilometraggio e si risolve nel movimentato circuito finale sulle strade monumentali del Montjuïc, cuore sportivo della capitale catalana. Il circuito non è cambiato in nulla rispetto allo scorso anno. Passato il traguardo, c'è una salita sostanzialmente pedalabile, ma con qualche punta tra l'8 e il 9%, che risale la collina olimpica, lunga poco più di due chilometri, il tratto più impegnativo dopo circa 500 metri. Ci sono due curve secche ravvicinate dopo il primo chilometro, in sostanza due ripartenze, il resto ha una curvilineità dolce e continua. In cima, un'ampia strada che costeggia il giardino botanico riporta, in leggera discesa, il gruppo sull'ampio viale del Passeig Olimpic, che, proprio in vista dei piloni svettanti sul glorioso stadio, propone il più invitante trampolino della tappa. Nient'altro che uno strappetto, meno di 500 metri al 7-8%, ma distante 2 km dal traguardo, tutti in discesa, fino ai 200 metri finali. Carosello assai adrenalinico, pressoché privo di pianura, fatto di salite e discese veloci. Ancora dislivelli in misure generose, per essere un circuito cittadino di tappa conclusiva. Non sembra tuttavia materia per scalatori, quanto piuttosto una battaglia sul filo dei secondi tra uomini da classiche e sprinter atipici, scattanti, rapidi nelle scelte e nel cogliere l'attimo. Lo sprint, poi, lanciato da due chilometri di discesa che termina non prima dei 300 metri al traguardo, sarà una probabile esplosione di velocità, probabilmente caotico, e dunque altrettanto probabilmente favorevole alle squadre in grado portare fuori dalla mischia, con tempistiche sensibilmente anticipate, il proprio velocista.

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