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Tirreno - Adriatico 2015

Doveva essere una cronosquadre di 22 km che da Lido di Camaiore arrivava fino a Forte dei Marmi e ritorno; e invece il maltempo dei giorni scorsi ha causato una marea di danni al Forte, alcune strade sono diventate impraticabili, e al di là di tutto c'è la comprensibile volontà dell'amministrazione comunale di concentrarsi sulla risoluzione dei problemi contingenti prima di tornare a dedicarsi, in futuro, ai circenses. Sicché si è optato - dopo giorni febbrili - per la soluzione casalinga, tutta al Lido di Camaiore: la cronosquadre è diventata un prologo di soli 5.4 km, l'altimetria non cambia (piatta era, piatta rimane), l'esposizione al vento del Tirreno neanche (in particolare gli ultimi 3 km sono tutti accanto al mare, anche se le previsioni parlano di ventilazione quasi assente per le ore in cui si gareggerà). In totale si contano 4 curve, un'inversione a U e una chicane a spezzare i lunghi rettilinei della cittadina versiliese. Dopo 800 metri c'è la prima svolta a destra, quindi due a sinistra (al km 1.4 e al km 1.9) e una destra ai 2.5 km, laddove ci si immette su Viale Bernardini. Lo si percorre per 600 metri in direzione nord, e una volta arrivati al confine comunale con Marina di Pietrasanta si fa l'inversione e si torna indietro. Sarebbe rettilineo (2300 metri in totale) fino al traguardo, se non contassimo la citata chicane che, a 1200 metri dalla conclusione, immette su Viale Pistelli. Cronometro da velocità altissime e da specialisti puri. Malgrado la brevità del percorso, potranno volare già un bel po' di secondi tra questi e tutti gli altri.

La tappa sorta sulle ceneri del GP di Camaiore non può non stimolare qualche cattivo pensiero sulle condizioni del ciclismo italiano. La storica classica toscana quest'anno non si è disputata né si disputerà, al suo posto la cittadina lucchese contribuisce alla Corsa dei Due Mari, ma la somma algebrica tra ciò che si è perduto e ciò che si guadagna è abbondantemente sotto lo zero. Detto ciò, non rimane che dire del circuito-omaggio (con tanto di doppia scalata al Monte Pitoro) che apre la frazione: un giro di una ventina di chilometri con la salita simbolo del GP (3 km al 7%), sulla quale si accenderà la battaglia sia per far partire la fuga giusta, sia per assicurarsi i punti GPM che assegneranno la prima maglia verde di migliore scalatore. Usciti dal circuito iniziale, si può dire che non ci sia più nulla di rilevante, dal punto di vista altimetrico, fino al traguardo, adattissimo a uno sprint di gruppo. Anche il finale è in circuito, 20.6 km in senso orario su e giù dall'Arno tra Cascina, Caprona, San Giovanni della Vena. Ultima curva (a destra) a 4 km dalla fine, poi un paio di rotonde ai -3 (più agevole) e ai -2 (da attraversare con maggiore attenzione) contribuiranno a creare un po' di confusione nel gruppo lanciato. Gli ultimi 2000 metri, comunque, al di là di un paio di "correzioni" della strada, sono sostanzialmente un lungo rettilineo fino al cuore di Cascina.

Frazione dejavù, praticamente uguale a quella vinta un anno fa da Peter Sagan su Michal Kwiatkowski, Simon Clarke e Philippe Gilbert. C'erano pure i velocisti, ma poco dietro, in un gruppo allungatissimo, praticamente sfilacciato. Rispetto all'edizione 2014, il circuito conclusivo consta di un giro in più (5 e non 4), il che vuol dire una strappata in più sulla rampetta di Arezzo, un chilometro al 5% su strada stretta, lastricata, su cui sarà fondamentale trovare subito la posizione buona per giocarsi la vittoria: una doppia curva a un chilometro e mezzo dalla fine (ancora sul piano, quindi), poi un'altra doppia curva (sempre a destra) all'ultimo chilometro, immettendosi sulla rampa che si incunea attraverso una delle porte d'accesso alla città vecchia (nel punto più duro della salita, 11%); curva a destra ai 500 metri, svolta a sinistra ai 200. Tutto sommato, soprattutto considerando il giro in più, ancora meno chance per gli sprinter rispetto agli uomini più tagliati per le classiche. Su quello che c'è prima del circuito conclusivo (11 km in senso orario, in parte nelle angustie del centro storico aretino, in parte sulla larga circonvallazione), poco da dire: 50 km di pianura in avvio, poi, nell'attraversamento del Chianti settentrionale, si incrocia la rampetta di San Martino, destinata a non lasciar tracce; al km 80 il Poggio alla Croce è salita appena più considerevole, 4 km (i 2 centrali sfiorano l'8% di pendenza media), ma i 120 km dal Gpm al traguardo suggeriscono che anche su questa rampa non si scriverà la storia della Tirreno-Adriatico 2015.

Da una delle località più "battute" dalla Tirreno-Adriatico degli ultimi anni prende il via la classica frazione-champagne, ovvero quella in cui può succedere di tutto, su salitelle non blasonate ma toste, una di quelle tappe - insomma - su cui il fantasista della situazione potrebbe ribaltare la classifica (vedi Nibali 2013); il fatto è che questa tappa viene prima di quella - sulla carta più temuta - con l'arrivo in quota, e non vorremmo che ciò bagnasse le polveri di qualcuno, ispirando cautela in gruppo. Il chilometraggio è importante, si va ben oltre i 200 (si balla più o meno su queste cifre per quattro tappe consecutive, dalla terza alla sesta: elemento che tradisce la volontà degli organizzatori di "sanremizzare" gli sforzi), ma bisogna aspettarne 140 per entrare nel vivo della competizione. Prima, poco da segnalare: la Foce dello Scopetone, in avvio, lancerà la fuga, poi lungo pezzo praticamente in piano transitando dall'Umbria; l'approdo alle Marche increspa l'altimetria, e a Borgo Tufico inizia la prima vera salita della corsa: il Poggio San Romualdo misura quasi 11 km, e tolto il primo e l'ultimo (dalle pendenze più dolci) si veleggia costantemente tra il 6 e l'8%, passando da una fase centrale con una bella successione di tornanti. Dal Gpm mancano poco meno di 80 km al traguardo, i primi 11 sono di discesa (insidiosa la parte centrale), quindi ci sono 30 km di strada fatta di curve, salitelle, discese, su cui l'attenzione dovrà essere massima (un intoppo, uno scivolone, sono sempre dietro l'angolo), e la quota di stress aumenterà notevolmente. La pianura e i rettilinei tornano per una quindicina di chilometri intorno al passaggio da San Severino Marche, e quando l'approdo di Castelraimondo parrebbe ormai raggiunto, lì a 3 km di distanza, ecco lo scherzetto dell'organizzatore: un bivio a sinistra conduce il gruppo al brutale strappo di Crispiero, 3 km di ascesa al 9.3% medio, ma con percentuali in doppia cifra nel chilometro centrale. I 6 chilometri di discesa sono molto più dolci, conducono direttamente alla località d'arrivo, ma una volta giunti qui si prosegue (per i 3 km che mancano al bivio di cui sopra) e il gioco riprende per un secondo giro del circuito di Crispiero. Arrivasse al traguardo un gruppetto, gli ultimi 200 metri, col loro tirare all'insù, renderebbero l'eventuale sprint quantomai incerto, richiedendo fin sul rettilineo d'arrivo un surplus di potenza per avere ragione di un finale così esigente.

La definiamo la tappa regina della Tirreno-Adriatico 2015, e tale titolo si sostanzia principalmente per quell'arrivo in salita tante volte visitato dal Giro d'Italia, il Terminillo. Maltempo permettendo, si salirà quasi a quota 1700, e i danni provocati da questa frazione molto difficilmente potranno essere riparati nelle due successive. La partenza è subito abbastanza intrigante, lo strapo di La Morca è un muro di 2.5 km molto duro nella prima metà; la discesa è un po' più lunga e un po' più insidiosa della salita, ed è seguita da 15 km di pianura. La seconda salita della giornata è il Passo Sallegri, 5 km al 5%, breve contropendenza, ultima rampa di un chilometro e mezzo fino al Gpm, poi 6.5 km di picchiata (i primi 4 velocissimi) fino alla Statale 77. Non possiamo dire che i 20 km successivi siano di pianura, si tratta di un falsopiano che prima scende e un poi sale, e preannuncia la terza ascesa di giornata, verso Le Arette: 5 km al 4%, quindi 2 km ben più tosti, e - dopo una discesina - si torna a salire per 3.5 km non propriamente difficili. Il bello sono i successivi 4 km di tecnicissima picchiata verso Ussita, dopodiché - siamo intorno al km 80 - possiamo dire che tutto è rinviato al finale: i 60 km seguenti, infatti, non presentano nulla di rilevante (se non il passaggio dalle Marche all'Umbria), e non saranno i successivi strappetti di Forca di Arrone (poco prima del km 150), Colli sul Velino (trascurabile, al km 157) o Castelfranco (poco prima del km 180) a smuovere qualcosa: no, perché tutti staranno aspettando che arrivi il Terminillo a mettere ogni cosa nella giusta prospettiva. 15 km di salita vera, praticamente tutta sull'8% di pendenza media, eccettuato un tratto di un chilometro di respiro a metà strada. Il freddo (possibile), le pendenze (certe), la lunghezza della scalata unita alle fatiche del giorno precedente e della prima parte di tappa: tutto concorre a indicare nell'arrivo in quota laziale il momento clou della corsa.

È una tappa che potremmo definire docile rispetto a quello che avrebbe potuto essere (e che, in passato, è stata: vedi l'arrivo di Porto Sant'Elpidio di due anni fa, con Nibali che ribaltò la corsa). Ma già nella scorsa edizione gli organizzatori optarono per un'interpretazione soft di quest'angolo di Marche (e infatti vinse Mark Cavendish su Alessandro Petacchi in un ordine d'arrivo quasi d'altri tempi), e allora prepariamoci ad assistere alla seconda volata della Tirreno 2015 (terza, se contiamo quella "spuria" di Arezzo). Frazione comunque lunga (si va ancora oltre i 200 km), ma tutta giocata sulla limatura di ogni asprezza. Sicché non mancano i saliscendi, ma sono talmente diluiti nel chilometraggio che le pendenze non fanno mai male. La "vetta" di giornata, nei pressi di Amatrice, giunge dopo 50 km al culmine di uno strappetto leggerino, poi delicata discesa fino al rifornimento di Roccafluvione e siamo già quasi a 100 km di tappa. La parte centrale è appena più mossa, anche se bisogna aspettare il km 125 per incocciare in una salita: sono 6 i chilometri che portano a Montelparo, sede dell'ultimo Gpm della corsa, ma quelli "veri" sono circa la metà, perché poi la strada in cima spiana, e la discesa ha un po' di sale giusto sulla coda, con tre curve strette e ripide. Ma a questo punto della gara, chi avrà voglia o bisogno di rischiare alcunché? Superata questa fase (e la rampetta di Madonnetta, a fine discesa) non rimane che pedalare per 30 km leggermente digradanti (tutti in rettilineo) verso il mare e quindi verso il circuito conclusivo intorno a Porto Sant'Elpidio: i 14.4 km che lo compongono comprendono pure una salitella, un chilometro e mezzo al 3% che "svtta" a quasi 7 km dalla fine. È proprio da questa pseudoasperità che si entra nel circuito, si raggiunge il traguardo, e poi altri due giri per metà sul lungomare Adriatico e per metà su vie più interne. Il drittone finale misura quasi un chilometro e mezzo e vi si accede tramite due curve a destra in rapida successione, intervallate da un sottopasso: fare molta attenzione una volta superati i -2 km, quindi, e cercare di uscire da questo toboga col proprio treno nelle posizioni d'avanguardia. Altro, i direttori sportivi, non diranno ai loro sprinter.

Classicissima conclusione contro il tempo a San Benedetto del Tronto. Cosa cambia rispetto alla versione di questa cronometro nelle ultime edizioni? Poco, pochissimo. Ci sono poche centinaia di metri in più perché dal Molo Sud (e in direzione sud) non si arriva fino a Piazza Salvo D'Acquisto, ma si va appena oltre, fino a Porto d'Ascoli, dove, a metà esatta del percorso, si affrontano le due curve a destra che reimmettono sulla via del ritorno verso il traguardo di Viale Buozzi. Prima, solo una curva a sinistra in avvio, all'uscita dal molo; in mezzo, a un quarto e tre quarti del percorso, due piccole chicane per saltare di controviali. Ma l'asperità principale di un tracciato che sembra un tavolo da biliardo non sono le svolte né tantomeno le correzioni della strada, quanto quei due chilometri di "dissuasori" o - in altri termini - di dossi artificiali che, tra il km 2.5 e il km 4.5 richiederanno un surplus di attenzione per non incappare in qualche intoppo. Per il resto, la distanza è minima, le energie si presumono abbastanza inferiori rispetto a una settimana prima, e quindi che questa tappa faccia una differenza così marcata tra i protagonisti della classifica non è così probabile. Anche se pur sempre possibile, soprattutto se nella generale le distanze non saranno troppo grandi.

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