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Parigi-Nizza 2014

Il gotico fiammeggiante della Collegiata di Notre Dame de Mante saluta austero la partenza di questa Parigi-Nizza, dal percorso per certi versi rivoluzionario rispetto alla tradizione. Già una prima tappa in circuito, a snobbare il cronometro, e nemmeno a preoccuparsi di prendere troppo celermente la via del sud, è una discreta novità. Mantes-la-Jolie, profondo nord, offre dintorni verdi e cautamente collinari. Dopo un breve giro a nord della Senna, il gruppo viene indirizzato sul circuito di 33 km da ripetere 4 volte, tiepidamente acceso dalla Côte de Vert, poco più di un chilometro all'8-9% all'uscita dell'omonimo borgo, un po' troppo lontana dal traguardo posto 24 km più avanti sul lungosenna di Mantes. Si respira aria di Fiandre, poco lontane. Da notare un paio di cose. La côte principale è preceduta da una serie di falsipiani e graduali salite, che potrebbero servire a logorare la resistenza di eventuali compagni di fuga. È poi seguita dal consueto falsopiano fiammingo post-strappo, dove la gamba buona fa la selezione migliore. Falsopiano lungo circa 10 chilometri, di strade serpeggianti e strette fra i campi, dove un gruppo compatto in ogni caso deve allungarsi. Tinte fiamminghe molto sbiadite tuttavia, alcune curve nel finale, troppo veloci per contribuire alla selezione. Arrivo molto piatto, al velocista occorre una squadra molto forte per tenere lungo il gruppo.

Tappa totalmente immersa nel cuore rurale della Francia centrale. Il percorso, geograficamente parlando, si muove in diagonale, più o meno sempre nella stessa direzione, attraversando ampi e scoperti orizzonti campestri. Il vento dunque, se c'è, incontra il gruppo praticamente sempre sullo stesso lato, non ci sono sostanziali cambi di direzione a suggerire la trappola del ventaglio a sorpresa, ma in caso di vento laterale o contrario, 205 km diventano molto lunghi. L'altimetria, quantunque transalpina, ovvero tormentata di infiniti millimetrici saliscendi, tuttavia non è generosa in suggerimenti. Ci si perde in quisquilie, come l'unico Gpm di giornata posto in cima alla Côte de la Ferté Loupière, svettante a metri 202 sul livello del mare, e non se ne viene a capo del modo in cui si possa interpretare, offensivamente parlando, questa frazione. Viceversa, non sono infrequenti tratti di strada stretta e molto scoperta, tra sconfinati campi. All'uscita di Château-Renard, km 130, un tratto di 15 km a corsia singola fino a Fontanouilles costringerà il gruppo a mettere qualche centinaio di metri tra il primo e l'ultimo corridore. Strada non delle più pulite, terriccio ai lati, immancabili buche, anche qui un timido sapore di nord, non dei più accesi, come un'eco lontana. Non che si offrano occasioni di fuga solitaria. Piuttosto, di azioni di squadra. Altrimenti, nemmeno il circuito finale, mosso, ma senza strappi, dovrebbe evitare uno sprint di gruppo compatto. Va segnalato che l'arrivo è in cima ad una gobba, rettilinea, di pendenza moderata, ma non del tutto trascurabile, della lunghezza di un paio di chilometri. Sprint di grande potenza, con arrivo visibile da lontano, ingannevole dunque, da non anticipare.

La terza tappa, mantenendo caratteristiche molto simili alla precedente, fornisce tuttavia l'opportunità di alcuni sensibili cambi di direzione del percorso, a cercare, e stanare, venti diversi con differente angolo rispetto al gruppo. Nei primi 50 km tre bruschi cambi di direzione. Gli orizzonti agresti lasciano tuttavia spazio a zone boschive, e, fino a Varzy, Côte de la Chapelle Saint-André (salita da alta velocità) inclusa, la sede stradale non impone le tensioni del giorno prima. Da lì, per 65 scorrevolissimi chilometri in direzione sud, poche, inconsistenti curve interrompono sconfinati rettilinei. Nella scia del gruppo filano lisci come l'olio, ripartenze quasi zero. Il pericolo diventa la monotonia che genera distrazione. A La Machine, secondo sprint intermedio, si impone infine una nuova virata. Altro invito a nozze per le azioni di squadra in caso di vento sostenuto. E stavolta siamo a distanza di tiro rispetto al traguardo, 39 km. L'arrivo, sui 4.5 chilometri del circuito automobilistico di Magny-Cours, presenta invece alcune curve da interpretare con destrezza per chi volesse attestarsi nelle posizioni privilegiate per lo sprint. Non ultima, la chicane posta a circa 300 metri dal traguardo. L'insolito asfalto drenante dei circuiti automobilistici, poi, risulta tutt'altro che scorrevole alla prova del tubolare da bici e la pista, di suo, è ondulata, altimetricamente parlando. Ci sono curve veloci, ma anche due tornanti dove il ritmo del gruppo lanciato si spezza, sono decine di metri regalati al contrattaccante. Un cronoman da prologhi ci potrebbe riflettere, su questi 4 chilometri e mezzo.

Il disegno naïf, singolarmente aperto ai cacciatori di classiche di questa corsa, comincia a farsi palese qui. In una Parigi-Nizza ligia ai dettami della tradizione, una salita secca, non breve, una Mende, tanto per farsi un'idea, posizionata nei pressi dell'arrivo, avrebbe chiamato allo scoperto, con cautela, gli aspiranti protagonisti, in particolar modo quelli desiderosi di porre rimedio al distacco subito nella inevitabile crono. Avrebbe delineato un orizzonte agonistico, insomma, sondato il terreno in vista dei colpi migliori da tentare nelle tappe finali. Questa volta, invece, sui 3 chilometri da apnea del Mont Brouilly, finale di quarta tappa, si potrebbero anche scavare solchi non facilmente colmabili, visto che il genere salita lunga, insieme al genere crono, più avanti, non compare nel menù. Questa, presa singolarmente, è senza discussione la salita più selettiva dell'intera corsa. Sono 350 metri di dislivello, che s'impennano oltremisura negli ultimi 1500 metri, in corrispondenza di cinque surreali tornantini intorno al 20% (25 segnalata come punta) in vista di una cappella gotica posizionata proprio in cima alla gobba tondeggiante del Mont Brouilly. Lo sforzo violento è da una decina di minuti, distanza da scattista. Strada poi da trattori e capre, in discesa, uguale. Perfino troppo stretta per dare il la al discesista provetto. In salita serve l'esplosività del corridore da Liegi, in discesa questo tipo di mulattiera non aiuta un granché il pittore di traiettorie, quanto piuttosto il temerario biker. In precedenza un percorso mosso da tre côte di terza categoria non lascia molto spazio alla fantasia, nessuna salita consente al corridore di rango di sparire facilmente alle viste di un gruppo sempre veloce. Tappa esplosiva, ma tuttavia aperta ad una grande varietà di corridori, ivi compresi velocisti potenti da grandi classiche. Dalla fine della discesa del Mont Brouilly al traguardo sono 12 km, più discesa che salita. Difficile capire quanti brandelli del gruppo possano ricompattarsi.

La quinta tappa riporta il gruppo sulle rotte abituali, 153 km da nord a sud sulle alture della Saône. Percorso di atterraggio morbido dopo le asprezze del giorno prima. I primi due Gpm sono poco più che falsipiani, il territorio, collinare, si increspa oltre lo sprint intermedio posto il località Brindas. Ci sono altre due salite, la Côte de Saint Martin en Haut e la Côte de Sainte-Catherine, due volte un dislivello di nemmeno 400 metri, diluito, ma irregolare nella distribuzione. Pare una tappa fatta per curare ferite, e lanciare forse fughe a lunga gittata, però le continue curve e l'assenza di vera pianura, seppur su levigati colli, può logorare. La questione nodale di questa frazione riguarda la tenuta, parziale o totale, delle ruote veloci. Non sono le pendenze a spaventare, i molti, leggeri, cambi di ritmo, saliscendi e curve, sì. I 12 chilometri complessivi dell'ultimo Gpm non fanno registrare più del 4% di pendenza media e la discesa è larga, sinuosa, graduale, da pedalare. 13 km, più o meno altrettanti minuti il tempo a disposizione per raggiungere le code del gruppo prima del traguardo. Per gli uomini di fatica, tanto lavoro. Pochissimi corridori in gruppo sono in grado di andarsene in un tale finale, ma un tentativo, molto dispendioso, di selezionare uno sprint senza i più forti, si può fare.

Questa Parigi-Nizza sgocciola i suoi momenti topici riservando assaggi ad ogni tappa. Così al sesto giorno propone un'altra frazione con rara pianura e altrettanto rara salita realmente selettiva. Un'altra tappa da mal di gambe per chi deve tirare il gruppo, su infiniti saliscendi, e da snervante limatura per chi deve badare a coprirsi e cogliere l'attimo. La lezione di ciclismo di questa frazione è l'attacco su salita di media lunghezza con discesa senza respiro e breve fuori soglia finale su rampa in doppia cifra. Tradotto in toponimi significa Col de Bourigaille e arrivo sulla cote di Fayence. Il tutto nell'arco dei 27 chilometri finali. Il colle, 560 metri di dislivello, è comunque favorevole per chi è a ruota, la pendenza, intorno al 6%, è da velocità superiori ai 20 all'ora, immersa in una rada boscaglia che non offre particolari punti di riferimento. La pendenza vede un gradualissimo indurirsi fino all'ultimo chilometro. Occorre estrema sensibilità per percepire il momento giusto, afferrare una difficoltà, sentire un morso leggermente maggiore della strada, a velocità sostenuta e regolare. La discesa è a corsia unica, ben asfaltata, con curve veloci e ottima visibilità. Non fosse per una pendenza ancor minore rispetto alla salita (sono gli stessi 560 metri di dislivello, ma diluiti in 12 chilometri), darebbe ispirazione agli artisti delle traiettorie. Ci sono anche due brevissime contropendenze e alcuni rettilinei. L'arrivo è sullo strappetto di Fayence che già vittime illustri ha colpito nel recente passato, affrontato in questa stessa corsa e all'Haut Var, sempre rivelatosi indigesto. Almeno il finale, promette. Come per le tappe precedenti e per quelle successive, le probabilità che si giochi tutto su un arrivo di salita breve e di grande esplosività non sono affatto trascurabili. A tutto vantaggio delle ambizioni di classifica di insospettabili cacciatori di tappe e classiche.

Siamo di fronte alla tappa più indecifrabile di questa indecifrabile corsa. Il percorso non risparmia, come quasi sempre, sforzi intensi fin dalla partenza. Nei primi 90 chilometri la tappa si gioca subito tre Gpm dei quali due di 1a categoria, circa 900 metri di dislivello l'uno, quindi da più di mezz'ora di sforzo regolare, entrambi in ambiente molto arido, esposto, due autentiche fornaci nei mesi estivi, ma anche in una bella giornata mediterranea di marzo potrebbero sorprendere e logorare per inattesa calura. Anche lo sprint intermedio di Tourrettes-sur-Loup, a meno di un'ora dalla partenza e in fondo ad una ventina di chilometri di leggera ascesa, sembra fatto apposta per stirare il gruppo, a chiamare subito fuori i cacciatori di traguardi intermedi. Va da sé che il percorso poi ben presto montuoso proporrebbe una ghiotta occasione per formare gruppi di fuggitivi ben nutriti. Tuttavia, dopo aver esplorato l'arido entroterra montuoso in lungo e il largo, sempre riservando esigui ritagli di percorso alla pianura, la tappa si risolve su un ondulatissimo ma veloce circuito finale da ripetere due volte. Anche il carattere del lungo circuito intorno allo sparso e tecnologico borgo di Biot Sophia Antipolis (20 chilometri) è piuttosto insolito, decisamente futuristico. Si svolge tutto su larghe strade a doppia corsia, a lunghe onde, molto ampie, tanta visibilità, nessuna abilità tecnica richiesta su curve, strettoie, tornanti, nessun momento di recupero per l'eventuale fuggitivo. Servono sempre almeno 30-40 secondi per non essere alle viste degli inseguitori. Da scordare le anguste e tortuose stradine incastonate fra le mura di antichi borghi che pure abbondano nell'entroterra della Costa Azzurra, tutt'intorno. Per la Parigi-Nizza è un déjà-vu. L'arrivo, sullo stesso circuito, 118 metri di altezza, ultimi due chilometri di potenza al 5% medio, è il medesimo che vide Di Gregorio vincere con una azione di contrattacco solitario. Giunsero corridori a piccoli gruppetti, pochi secondi di distacco. Tony Martin, però, non certo scalatore puro, riuscì a difendersi egregiamente.

8a tappa: Nice - Nice
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Dom, 16/03/2014
128.0 km
Partenza: 
Nice ore 13.35
Arrivo: 
Nice ore 16.35-17
8a tappa: Nice - Nice
Sprint intermedi: 
Plan du Var km 19, Èze km 114.5
Gpm: 
Côte de Duranus (515 m-2a cat.) km 33.5, Côte du Châteauneuf (632 m-2a cat.) km 55.5, Col de Calaïson (465 m-2a cat.) km 70, Côte de Peille (653 m-1a cat.) km 87, Col d'Èze (478 m-1a cat.) km 113

Tappa che avrebbe il dovere di essere decisiva. Il Col d'Èze, la Promenade des Anglais, l'entroterra nizzardo. Tutta la storia della corsa ha visto emettere qui i suoi verdetti. Sarà forse questa la ragione di una certa generosità nell'elargire categorie elevate ai colli proposti. In effetti, ad aumentare la titubanza nei pronostici, siamo di fronte ad una delle più incerte tappe finali degli ultimi anni. Frazione assai breve, e qui siamo nel solco della tradizione, 128 nervosi chilometri. Il percorso inizia con l'incunearsi nelle profonde gole della Vesubie, strada serpeggiante fra alte pareti, basso muretto sulla destra e torrente che scorre in fondo, non molto confortevole per chi è in scia ad un gruppo presumibilmente molto allungato. La Côte de Duranus va a strappi, discontinua, ma il dislivello è poco. Successivamente, la Côte de Châteauneuf non impegna per più di 4 km, sull' 8-9% nei primi 2, fino al bivio per Tourette. Nei 6 km di discesa si incontrano tuttavia 15 tornanti, la maggior parte molto ravvicinati, non molto favorevoli al fuggitivo perché costringenti a fermate e continui rilanci. Anche il successivo Col de Calaïson non presenta lunghezza e pendenze tali da intimorire, ma la discesa è più tecnica, con curve di diversa apertura e inclinazione, pochi margini di errore, e questo non favorisce l'attaccante, ma rallenta chi ha qualcosa da difendere. Côte de Peille, al quarto Gpm di giornata (a 40 km dalla fine) si incontra infine una salita vera per lunghezza e pendenza. Si tratta del lato B, e nemmeno per intero, dell'armstronghiano Col de La Madone, quasi 7 chilometri al 7%, il ritmo però è spezzato da vari tornanti e variazioni di pendenza, l'ultima, in doppia cifra, proprio all'ingresso del paese, ultimo chilometro di salita. A smorzare i sogni degli ardimentosi, tuttavia, dalla cima di questa interessante ascesa all'attacco di un Col d'Eze decurtato dei suoi tradizionali primi 3 chilometri, ci sono ben 20 chilometri di sostanziale discesa, non scorrevole, tormentata, ma piuttosto favorevole al gruppo. Il finale è quello noto, paesaggisticamente maestoso, con le ultime rampe del Col d'Èze, ma soprattutto il ventilato falsopiano in cima alla Haute Corniche ad attendere lo sparo delle ultime cartucce. La tappa suggerisce, intona, ma non lascia grandi margini d'attacco. C'è una sola salita sufficientemente lunga da mettere in difficoltà il corridore non da corse a tappe ben protetto, ma con buon margine di recupero nel tratto seguente. Tappa che rimane nella tonalità di un percorso decisamente eccentrico, senza crono e grandi salite, con un numero indefinito di variabili tecniche, in scala minore tuttavia. Molto aperto.

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