Il Portale del Ciclismo professionistico

.

Giro di Romandia 2014

La gentile e ventilata Ascona ospita la partenza di questo Giro di Romandia con un divertente cronoprologo tutto da guidare, nel suo spirito leggero e fiorito. I 5 chilometri e mezzo della prova ovviamente non sono destinati a scavare distacchi incolmabili. Non è però uno sprint lungo, da sviluppo continuo del massimo rapporto. Il primo chilometro risulta il più scorrevole, con un abbrivio in leggerissima discesa e pressoché rettilineo tra giardini e ville. Zona residenziale, strada bella, fiori e verde. Il percorso poi si spinge totalmente all'aperto, fra i campi, ma soprattutto su strade poco più ampie di una ciclabile. Vi si trovano tre curve a gomito, con uscita al limite della sede stradale, lambita dall'onnipresente, scivoloso, terriccio delle strade di campagna. Ben presto, verso metà percorso, ci si immette nel periplo del golf club locale, con affaccio sul lago, su una vera e propria ciclabile stretta fra le piste, l'esclusiva spiaggetta e il porticciolo popolato di off-shore di vario cabotaggio. Aria leggera, da aristocratici ozi, per qualche ora turbati dal violento passaggio, ai 50 all'ora, dei cronoman. Il che sarebbe, per queste carreggiate turistiche, ampiamente oltre il limite di velocità. Ventilazione quasi sicura, siamo ai bordi di una propaggine di terra che si protrae per un paio di chilometri nel bel mezzo del Lago Maggiore. Il percorso è ad anello, e, rispetto al consueto "giro" della brezza quotidiana, la parte della crono più esposta dovrebbe essere la prima metà, prima di imboccare la stradina del golf club. Si finisce sul lungolago centrale della città, in quasi insensibile ascesa, bordeggiando ombrosi portici e antiche policrome case liberty. Un salotto, insomma, dove, per il successo di tappa, potrebbe pagare maggiormente la sfrontatezza nella guida rispetto alla potenza pura. O perlomeno, in misura simile. Due cose che, tuttavia, per corridori con prospettive che vanno molto oltre questi 5 chilometri e mezzo, vanno dosate con estrema attenzione.

Tappa che dal Canton Ticino approda alla Svizzera Romanda vera e propria, attraverso lo storico valico del Sempione. Ci sono due salite lunghe nella prima parte della frazione, una breve a ridosso dell'arrivo. La partenza è molto nervosa, salendo per la pittoresca e tortuosissima strada delle Centovalli, punteggiata di strappetti e contropendenze, curve e controcurve. Al comparire della dorata cupola del Santuario di Re la pendenza si fa più regolare, poi leggera, infine velocemente scende verso la piana ossolana. Qui inizia la lunghissima ascesa, alla fine saranno più di 40 chilometri, del Sempione, 2005 metri di altitudine, complessivamente circa 1700 di dislivello. Un solo tornante, dopo circa 20 chilometri di fondovalle lievemente ascendente, quando attacca una pendenza più sensibile. In gruppo, con così poche curve e rilanci, dopo il tormentato avvio, si sta benissimo. Oltre la cima (sempre se ci si arriverà, neve permettendo!), ci saranno altri 50 chilometri, in fondo alla discesa, di pianura, verso il primo passaggio a Sion. Quanto basta per gettare abbondante acqua sul fuoco di eventuali attaccanti di alto rango. Tuttavia occorre ricordare che l'ampia conca del Sempione, incuneata fra alti massici montuosi, costituisce un ottimo sfogo alle correnti d'aria della zona, risultando uno dei valichi più violentemente e frequentemente ventosi di tutto l'arco alpino. Dipende molto dalla giornata, ovviamente. La strada, ampia, esposta alle folate, ha, nell'ultima parte, qualche tratto vicino al 10% di pendenza. Contro vento forte, diventa difficile, più di quello che una non minacciosa altimetria potrebbe far pensare. Una azione di squadra,a ventaglio, insomma, si potrebbe fare anche qui. Il finale, sui soleggiati terrazzamenti con affaccio sulla città, rispetta la tradizione di una corsa tradizionalmente dalle pendenze gentili, come questa. La salita vera e propria potrebbe essere considerato l'ultimo balzo, in vista del borgo di Lens, circa 5 chilometri, dove la pendenza s'inasprisce, a tratti, ma non oltre il 6-7%. Discesa più selettiva, 9 chilometri, 13 tornanti, ampi all'inizio, ravvicinati alla fine, un paio di semicurve cieche. Un tuffo, poi è solo rettilineo, 6 chilometri pianeggianti fino al traguardo. Un contropiede, fiammata al GPM, discesa senza respiro, 10 minuti di massima potenza alla fine, ci può stare. Il gruppo però ha pressoché sempre massima visibilità sui fuggitivi. Più facile il colpo in fuoriuscita da un gruppetto di fuggitivi. Con un Sempione tranquillo (o tagliato), tappa aperta a molte diverse soluzioni, compreso lo sprint di gruppo.

Questa corsa da sempre attenta a valorizzare i suoi ampi, levigati orizzonti, pare alle volte riservare all'aspetto tecnico, che potrebbe invero esaltarsi tra queste vallate lambite da imponenti montagne, un ruolo di secondo piano. Così, a percorsi di grande interesse paesaggistico e altimetrico non sempre si abbina la selettività necessaria ad accendere agonisticamente le frazioni. A quegli imponenti massicci montuosi si affiancano altipiani ondulati, sporadicamente urbanizzati, romanticamente punteggiati di borghi e case in stile alpino fine ottocento. E, proprio su queste dolci ondulazioni nell'immediato entroterra del Lago Lemano è tracciato il finale di questa seconda tappa, con arrivo nella lussuosa Montreux. I due GPM della tappa, nei pressi del castello di Saint-Denis e di Peney-le-Jorat, non contengono apparentemente alcuna minaccia, anche se vi si rilevano frequenti cambi di pendenza. Si percorrono alcuni tratti di strada secondaria, soprattutto salendo verso Saint-Denis, che potrebbero allungare e, forse, in abbinamento a violente accelerazioni, spezzare il gruppo. Soprattutto, non è semplicissimo individuare un preciso punto dove le difficoltà finiscono e si può far lavorare la squadra a fondo in ottica di ricompattamento generale. La continuità armonica del territorio si rispecchia anche nella successione ininterrotta di piccoli dislivelli, timide côte, inconcludenti risalite. C'è tuttavia un tratto di prevalente e pedalabile discesa, di circa 25 chilometri, dai -35 ai -10, prima di una ultima veloce e breve ascesa a 5 chilometri dal traguardo. Anche in questa frazione lo spazio per ricompattare una volata di gruppo non manca. La variabilità e sostanziale mancanza di vera pianura negli ultimi 100 chilometri di tappa però potrebbe ispirare il coraggio di qualche romantico e disinteressato amante di un antico ciclismo d'attacco, a prescindere. Romanticismo scaturito tuttavia più da osservazioni paesaggistiche bucolico-lacustri, che da concrete ed incoraggianti rilevazioni altimetriche.

Giunta al cospetto del palazzo di comando del ciclismo mondiale, la corsa cambia registro e, dalla leggerezza dell'art nouveau, passa ad un autentico, ruvido, gotico. Le guglie della tappa sono 4, nessuna delle quali si può sottovalutare, già solo come salita a sé stante. La più acuminata è la prima, Col des Planches, che si attacca al chilometro 45. Per i primi 5 chilometri e mezzo sbatte in faccia una pendenza media del 10%, per poi, senza eccedere in gentilezza, alleggerirsi ad un 8-9% privo comunque di sostanziali tratti di recupero. Discesa difficile, faticosa, poco scorrevole, con molti tornanti, alcuni a strapiombo sul fondovalle. A guardarla così, viene da sperare che questo passaggio mattutino sia una prova in vista di un inserimento in una fase più calda di altra competizione. Meriterebbe. Sarebbe un perfetto preludio ad esempio per un arrivo alla più celebre Verbier. Pochi chilometri di un fondovalle ascendente e nuova salita, meno dura ma quasi altrettanto lunga (poco meno di 10 km.) per il Col de Champex. Nemmeno questa discesa è troppo agevole: anche qui, soprattutto negli ultimi 5 km, curve e tornanti ravvicinati, a togliere respiro e costringere a rilanci, tensione, attenzione. 25 km di fondovalle separano questa prima coppia di salite dalla seconda coppia, decisiva. Come due tempi di un difficile match. Altra dose di veleno, i primi 4 affilatissimi chilometri della salita di Les Giettes, stesa su un pendio erboso risalito alla montanara, senza troppi preamboli, giri, presa di petto. Sono 435 metri di dislivello nei primi 4 chilometri di salita, con passaggi frequenti ben oltre il 12% fino al solatio pianoro di Verossaz. Più su la salita si attesta su un più regolare 7-8% per altri 5 chilometri, fino ad aggirare il versante montuoso ormai in vista di Les Giettes. Tipica salita dura all'inizio, dove tenere troppo oltre il proprio ritmo significa rischiare un passivo peggiore quando spiana, alla fine, dove una pendenza minore consente velocità maggiori, e differenze maggiori. Molto interessante. Dalla cima all'arrivo sono 45 km con un ultimo meno selettivo GPM, la prima parte del Col de la Croix, fino a Villars-sur-Ollon, località già altre volte teatro delle vicende recenti non eccessivamente drammatiche di questa corsa. Salita più regolare e similmente più dura nella prima parte, fino al piccolo borgo di Fenalet. Si addolcisce negli ultimi 5 km per approdare dolcemente in leggerissima pendenza al GPM di Villars. Strada ampia, nuovamente gentile, pochi angoli in questa ultima discesa, qualche raro tornante, a planare su Aigle nella tonalità tecnica tenue più consueta. Tappa da pochi rischi, se adeguatamente disinnescata a ritmo regolare fino al finale, non difficile da controllare con una solida squadra. Frazione  potenzialmente esplosiva, non certo impossibile isolare i capitani, se delle numerose insidie (una su tutte, i primi 4 chilometri salendo verso Les Giettes) qualcuno dovesse approfittare per infarcire la tappa di cambi di ritmo. In vista di un Giro d'Italia d'attacco, tappa preziosissima per testarsi sulla fuga a lunga gittata. C'è un solo fondovalle sufficientemente lungo da creare qualche problema, quello di mezzo, fra le due coppie di salite ravvicinate. 25 chilometri nemmeno troppo lunghi da passare, nelle file di un gruppetto ben assortito. Lo spartito, insomma, c'è. Necessita di ispirati interpreti.

Con questa quarta tappa si fa ritorno alla levigata, tenue solarità di questi altipiani centrali svizzeri. Per questa volta il gotico è solo osservato, negli edifici medioevali del centro storico di Friburgo. La tappa si corre in circuito, non dei più brevi, 29 chilometri da ripetere 6 volte. I passaggi sull'unico GPM di terza categoria, valido solo negli ultimi 3 giri, sono quindi piuttosto distanziati l'uno dall'altro. Salita, d'altra parte, pedalabile, fra pascoli aperti, chiari orizzonti, niente discesa ripida. C'è sempre da pedalare, da spingere il lungo rapporto, lievemente su e giù. Tappa dove occorrono grandi doti di passista per resistere a lungo allo scoperto, in fuga, sempre in falsopiano. A cercarlo bene, un tratto difficile c'è: intorno al decimo chilometro del circuito, immediatamente dopo il secondo passaggio sopra la Sarine, placido fiume che serpeggia, infossato in una gola, a lambire la città. C'è il solito continuo, regolare pendio, a vista, sui prati, al 7-8% per un paio di chilometri, fino ad Ependes, lindo borgo incorniciato da radure, come un'infinità di altri nei dintorni. Però, altri 18 km prima della linea d'arrivo. Altro passaggio debolmente selettivo, forse, poco più avanti, un tratto di strada assai stretta che s'imbocca in località Le Pafuet, poco più di un chilometro, un restringimento improvviso per andare a cercare una ondulazione in più e qualche curva più pronunciata. In caso di gruppo compatto, da non prendere troppo dietro per non ritrovarsi lontano 300 metri della testa del gruppo. Non è dato sapere quali e quanti danni possa aver fatto la dura terza tappa, ma qui si offre una ulteriore occasione alle squadre forti dotate di ottimi sprinter. D'altra parte, negli ultimi 5 chilometri si incontrano soltanto tre curve ad amplissimo raggio lungo una importante via di comunicazione della periferia della città. C'è un ponte ai due chilometri dal traguardo, un brevissimo strappo volato via, un attimo, il resto è tutta leggera discesa. Finale velocissimo da sprint lineare.

Su un lago svizzero, a Sils Maria, non a caso, fu concepita l'idea metafisico-esistenzialistica dell'eterno ritorno dell'Uguale. L'ordine, da queste parti, si respira nell'aria. Da crono a crono, da lago a lago, il cerchio è chiuso, l'inizio e la fine si richiamano, tutto torna e l'anima è in pace. L'ambiente stesso, ricco, fiorito, pacifico, è quello di Ascona. La cronometro in questione, conclusiva, non si può dire invece che non presenti insidie, in particolare per un leader che potrebbe anche non aver sfruttato a sufficienza la superiorità in salita nell'unica tappa concretamente selettiva fin qui disputata. Ci sono 18 chilometri e mezzo, pur sempre più di 20 minuti di sforzo intenso, dove uno scalatore potrebbe aver bisogno di un minuto e mezzo di vantaggio per non vedere guastata la serenità derivante dal panorama lacustre. Le lancette del cronometro richiamano il calcolo. Dei secondi, degli sforzi, delle probabilità, e così, al gotico e all'art nouveau si sostituisce il severo gusto razionalista della cubica struttura dello Stade de la Maladière, fuori e dentro cui sono collocati partenza e arrivo. I primi 9 chilometri sono per possenti passisti, lungo la principale via di comunicazione cittadina verso nord-est. Poi, improvvisa, all'altezza di una cappella medioevale, in località Corneaux, una svolta. Cambio di rapporto e di ritmo secco, curva a 90 gradi e una rampa con pendenza in doppia cifra lunga circa un chilometro, fino a raggiungere una strada di mezza costa, 120 metri più in alto. Qui, come in tutte le côte che si rispettino, non si trova subito discesa, ma un infido falsopiano ascendente per un altro buon chilometro, dove presumibilmente il passista, quando non si fosse ingolfato lungo la breve rampa, può volare via. In seguito è tutta leggera discesa, da pedalare con il lungo rapporto, solo un paio di curve tornanti ravvicinate, ai -3, a spezzare il ritmo. Chicca finale, gli organizzatori della tappa hanno ideato una rampa lunga 75 metri al 10% di pendenza (struttura metallica con tubi e giunti da ponteggi, piattaforma in legno) per permettere ai corridori l'accesso al terreno di gioco della Maladière, dove è fissato l'arrivo. Lo spazio per ribaltare la classifica, non manca. La secca rampa posizionata nel cuore di questa crono, da fare di forza, non sufficientemente lunga da premiare lo scalatore, potrebbe infine ulteriormente avvantaggiare il passista, rendendo semplicemente più dura la prova e più difficile fare velocità, per chi non si trovasse a proprio agio col lungo rapporto, in seguito.

RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano