Il Portale del Ciclismo professionistico

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Frazione sufficientemente lunga e accidentata, fosse nella terza settimana vedremmo senz'altro una fuga a lunga gittata, ma al quinto giorno di Tour ci saranno squadre in grado di impegnarsi per tenere la corsa chiusa in favore di capitani finisseur o velocisti. Da Cagnes-sur-Mer si taglia la Costa Azzurra dall'interno, verso ovest, e sin dall'inizio la strada è tutta un saliscendi, con la Côte de Châteauneuf-Grasse (il Gpm dalle pendenze più dure: 8% medio, spalmato però su appena 1.4 km di scalata) che dopo 20 km potrà lanciare la fuga del giorno. Fino al km 100 gli strappetti sono più incisivi (e al 93 il Col de l'Ange vale come secondo - facile - Gpm). Dopo lo sprint intermedio di Lorgues la strada si semplifica per una cinquantina di chilometri sostanzialmente pianeggianti (e decisivi per gli inseguitori per tenere il gap entro limiti controllabili); gli ultimi 80 km sono più interessanti, pur non presentando salite di vaglia. La Côte de la Roquebrussanne (3.5 km al 4%) svetta ai -74 ed è seguita da 37 km senza grosse difficoltà (a parte un paio di strappi di un paio di chilometri ciascuno, al 3-4%); la Côte des Bastides (Gpm ai -30), sui cui quasi 6 km al 3% la fuga potrebbe svanire, precede una decina di chilometri di leggera discesa prima dell'ultima asperità di giornata, lo strappetto del Col de la Gineste. Fosse preso dal versante opposto, potrebbe essere un'interessante côte per movimentare il finale; ma da questo versante, dopo 2.5 km al 5.5%, fino alla vetta non c'è che un debole falsopiano di 5 km. La successiva discesa, 5 km al 5% (con 4 tornanti e qualche altra curva), conduce il gruppo all'ingresso di Marsiglia, per gli ultimi 8 km decisamente pianeggianti: da segnalare due curve secche a sinistra, una ai 2.5 km e l'altra ai 500 metri dalla linea d'arrivo.

Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Nicola Stufano
Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Cagnes-sur-Mer

Cagnes-sur-mer esordisce come sede di tappa per il Tour: non è un luogo molto legato al ciclismo, più ad altri sport, come ad esempio il tennis, visto che Cagnes-sur-mer ospita un torneo open. E soprattutto all'ippica: l'ippodromo della Costa Azzurra ospita la corsa più importante di Francia dopo il Prix d’Amerique di Vinciennes. Questa città di 50.000 abitanti è attrattiva a livello turistico non solo per le belle spiagge: qui è presente un importante museo Renoir, dove sono raccolte le opere del pittore nel suo periodo provenzale, quello finale della sua esistenza. Il museo non è altro che la residenza degli ultimi 10 anni del pittore, "Domaine des collettes", un suggestivo uliveto di tre ettari.

Marseille

Il feeling di Marseille col Tour de France era più acuto nei primi tempi, tant'è che ospitò già il primo Tour, con l'arrivo della seconda tappa da Lyon e la partenza della terza verso Toulouse. Dal 1927 al 1939 il Tour de France passò sempre da Marseille. Nei 33 arrivi a Marseille, gli italiani si sono imposti 5 volte: la prima fu con lo sconosciuto ai più Michele Orecchia, che però in Marsiglia aveva la sua città natale e nel 1932 riuscì a riportare qui la vittoria più prestigiosa della sua carriera: fu tra i primi corridori soprannominato come "garibaldino" per la condotta di gara. Gli altri azzurri vincenti furono Bartali nell'anno del suo primo successo (1938), Magni nel 1951, Armani nel 1971 e Roscioli nel 1993, a seguito di una fuga in una tappa lunghissima (partenza da Isola, 287 km) che vide trionfare l'atleta marchigiano con ben 7'14" di vantaggio sul secondo classificato, Massimo Ghirotto.

Meteo

11.45 - Cagnes-sur-Mer
14.25 - Lorgues
17.26 - Marseille

Soggetti Alternativi

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

Vivian Ghianni

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

Debutto alla Grande Boucle per questo 23enne transalpino che nella scorsa stagione ha disputato la Vuelta di Spagna, portandola a termine. Alla seconda stagione tra i professionisti nelle file dalla Cofidis, è un corridore abbastanza adatto ai percorsi misti, vista la sua buona tenuta su salite non eccessivamente lunghe ed è anche dotato di buone doti sul passo, cosa che gli ha permesso di chiudere nei primi 10 sia gli Europei che i Mondiali a cronometro tra gli Under 23. Nella medesima categoria ha ottenuto anche la vittoria nella tappa di Casciana Alta al Toscana-Terre di Ciclismo 2011 mentre tra i pro finora ha cercato di fare esperienza (miglior risultato il 3° posto al Giro di Linguadoca-Rossiglione dello scorso anno). Proverà a farsi vedere con qualche fuga e a supportare per quanto possibile il capitano Daniel Navarro. Se dovesse far bene anche la sua squadra sarà sicuramente su col...Molard!

TourTweet

@enrigasparotto: Oggi tappa lunghina qui a @letour e classifica ancora mooooolto stretta..volatona di gruppo???le nuvole oggi hanno fatto capolino

@albertocontador: Alla fine non ha fratture ma sarà un giorno duro per Benja pic.twitter.com/q5rvFDW0bq

@andregreipel: Congratulazioni all' @Orica_GreenEDGE ed a @simongerrans, ben fatto!

La classifica al contrario

Alberto Losada AlguacilIl ritorno sul continente accende lo spirito di competizione nei latini della carovana visto che ai primi cinque posti della tappa nizzarda si sono piazzati tre spagnoli e due francesi. La vittoria va al catalano della Katusha Alberto Losada che ha fermato il cronometro con 40" di vantaggio sull'asturiano della Saxo Bank Benjamín Noval, protagonista di giornata per un fatto di tombiana memoria, seppur a parti invertite: il trentaquattrenne gregario di Contador ha avuto un incontro ravvicinato con un improvvisato fotografo il quale gli ha provocato la frattura dell'indice della mano sinistra ma, stoicamente, ha concluso la prova raggranellando un posto sul podio. Terzo a 2'26" il primo francese, il passista dell'Europcar Jérôme Cousin che ha preceduto il compagno di squadra Cyril Gautier, arrivato con lo stesso tempo. Al quinto posto si è piazzato il basco dell'Euskaltel Rubén Pérez Moreno, giunto a 2'47" come il sesto, il belga della Belkin Sep Vanmarcke. In fondo alla classifica a 5'11" sono arrivati cinque atleti dell'Orica, ultimo dei quali il sudafricano Daryl Impey. Grandi polemiche tuttavia per la squalifica del vero trionfatore della frazione, lo statunitense Ted King della Cannondale; i severi giudici di corsa, con una decisione dettata dall'invidia per il successo così ampio, hanno deciso di mandare a casa il trentenne del New England. Si pensi infatti che il già citato "King of Style" aveva chiuso con un margine di 1'25" su Losada e di ben 6'36" sull'ultimo in classifica. Nella generale guadagna una posizione, andando quindi al comando, l'olandese dell'Argos Tom Veelers che ora ha 1'05" di vantaggio sull'ex leader, il francese della Fdj.fr Nacer Bouhanni. Salgono rispettivamente in terza posizione Noval, che ha 5'34" da recuperare, ed in quarta Pérez Moreno, con 6'52" da colmare. Quinto è il kazako Assan Bazayev dell'Astana che paga 7'07" dalla vetta. Ultimo l'australiano dell'Orica Simon Gerrans che, con già 36'05" di ritardo, vede sempre più flebili le speranze di diventare il primo aussie a vincere la prestigiosa classifica.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alberto Losada AlguacilIl ritorno sul continente accende lo spirito di competizione nei latini della carovana visto che ai primi cinque posti della tappa nizzarda si sono piazzati tre spagnoli e due francesi. La vittoria va al catalano della Katusha Alberto Losada che ha fermato il cronometro con 40" di vantaggio sull'asturiano della Saxo Bank Benjamín Noval, protagonista di giornata per un fatto di tombiana memoria, seppur a parti invertite: il trentaquattrenne gregario di Contador ha avuto un incontro ravvicinato con un improvvisato fotografo il quale gli ha provocato la frattura dell'indice della mano sinistra ma, stoicamente, ha concluso la prova raggranellando un posto sul podio. Terzo a 2'26" il primo francese, il passista dell'Europcar Jérôme Cousin che ha preceduto il compagno di squadra Cyril Gautier, arrivato con lo stesso tempo. Al quinto posto si è piazzato il basco dell'Euskaltel Rubén Pérez Moreno, giunto a 2'47" come il sesto, il belga della Belkin Sep Vanmarcke. In fondo alla classifica a 5'11" sono arrivati cinque atleti dell'Orica, ultimo dei quali il sudafricano Daryl Impey. Grandi polemiche tuttavia per la squalifica del vero trionfatore della frazione, lo statunitense Ted King della Cannondale; i severi giudici di corsa, con una decisione dettata dall'invidia per il successo così ampio, hanno deciso di mandare a casa il trentenne del New England. Si pensi infatti che il già citato "King of Style" aveva chiuso con un margine di 1'25" su Losada e di ben 6'36" sull'ultimo in classifica. Nella generale guadagna una posizione, andando quindi al comando, l'olandese dell'Argos Tom Veelers che ora ha 1'05" di vantaggio sull'ex leader, il francese della Fdj.fr Nacer Bouhanni. Salgono rispettivamente in terza posizione Noval, che ha 5'34" da recuperare, ed in quarta Pérez Moreno, con 6'52" da colmare. Quinto è il kazako Assan Bazayev dell'Astana che paga 7'07" dalla vetta. Ultimo l'australiano dell'Orica Simon Gerrans che, con già 36'05" di ritardo, vede sempre più flebili le speranze di diventare il primo aussie a vincere la prestigiosa classifica.

Alberto Vigonesi

Rassegna stampa

Rassegna TourNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 5a tappa

La classifica al contrario

Alberto Losada AlguacilIl ritorno sul continente accende lo spirito di competizione nei latini della carovana visto che ai primi cinque posti della tappa nizzarda si sono piazzati tre spagnoli e due francesi. La vittoria va al catalano della Katusha Alberto Losada che ha fermato il cronometro con 40" di vantaggio sull'asturiano della Saxo Bank Benjamín Noval, protagonista di giornata per un fatto di tombiana memoria, seppur a parti invertite: il trentaquattrenne gregario di Contador ha avuto un incontro ravvicinato con un improvvisato fotografo il quale gli ha provocato la frattura dell'indice della mano sinistra ma, stoicamente, ha concluso la prova raggranellando un posto sul podio. Terzo a 2'26" il primo francese, il passista dell'Europcar Jérôme Cousin che ha preceduto il compagno di squadra Cyril Gautier, arrivato con lo stesso tempo. Al quinto posto si è piazzato il basco dell'Euskaltel Rubén Pérez Moreno, giunto a 2'47" come il sesto, il belga della Belkin Sep Vanmarcke. In fondo alla classifica a 5'11" sono arrivati cinque atleti dell'Orica, ultimo dei quali il sudafricano Daryl Impey. Grandi polemiche tuttavia per la squalifica del vero trionfatore della frazione, lo statunitense Ted King della Cannondale; i severi giudici di corsa, con una decisione dettata dall'invidia per il successo così ampio, hanno deciso di mandare a casa il trentenne del New England. Si pensi infatti che il già citato "King of Style" aveva chiuso con un margine di 1'25" su Losada e di ben 6'36" sull'ultimo in classifica. Nella generale guadagna una posizione, andando quindi al comando, l'olandese dell'Argos Tom Veelers che ora ha 1'05" di vantaggio sull'ex leader, il francese della Fdj.fr Nacer Bouhanni. Salgono rispettivamente in terza posizione Noval, che ha 5'34" da recuperare, ed in quarta Pérez Moreno, con 6'52" da colmare. Quinto è il kazako Assan Bazayev dell'Astana che paga 7'07" dalla vetta. Ultimo l'australiano dell'Orica Simon Gerrans che, con già 36'05" di ritardo, vede sempre più flebili le speranze di diventare il primo aussie a vincere la prestigiosa classifica.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alberto Losada AlguacilIl ritorno sul continente accende lo spirito di competizione nei latini della carovana visto che ai primi cinque posti della tappa nizzarda si sono piazzati tre spagnoli e due francesi. La vittoria va al catalano della Katusha Alberto Losada che ha fermato il cronometro con 40" di vantaggio sull'asturiano della Saxo Bank Benjamín Noval, protagonista di giornata per un fatto di tombiana memoria, seppur a parti invertite: il trentaquattrenne gregario di Contador ha avuto un incontro ravvicinato con un improvvisato fotografo il quale gli ha provocato la frattura dell'indice della mano sinistra ma, stoicamente, ha concluso la prova raggranellando un posto sul podio. Terzo a 2'26" il primo francese, il passista dell'Europcar Jérôme Cousin che ha preceduto il compagno di squadra Cyril Gautier, arrivato con lo stesso tempo. Al quinto posto si è piazzato il basco dell'Euskaltel Rubén Pérez Moreno, giunto a 2'47" come il sesto, il belga della Belkin Sep Vanmarcke. In fondo alla classifica a 5'11" sono arrivati cinque atleti dell'Orica, ultimo dei quali il sudafricano Daryl Impey. Grandi polemiche tuttavia per la squalifica del vero trionfatore della frazione, lo statunitense Ted King della Cannondale; i severi giudici di corsa, con una decisione dettata dall'invidia per il successo così ampio, hanno deciso di mandare a casa il trentenne del New England. Si pensi infatti che il già citato "King of Style" aveva chiuso con un margine di 1'25" su Losada e di ben 6'36" sull'ultimo in classifica. Nella generale guadagna una posizione, andando quindi al comando, l'olandese dell'Argos Tom Veelers che ora ha 1'05" di vantaggio sull'ex leader, il francese della Fdj.fr Nacer Bouhanni. Salgono rispettivamente in terza posizione Noval, che ha 5'34" da recuperare, ed in quarta Pérez Moreno, con 6'52" da colmare. Quinto è il kazako Assan Bazayev dell'Astana che paga 7'07" dalla vetta. Ultimo l'australiano dell'Orica Simon Gerrans che, con già 36'05" di ritardo, vede sempre più flebili le speranze di diventare il primo aussie a vincere la prestigiosa classifica.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Automoto)

Ottavio Bottecchia in testa, quindi il suo compagno Henri Pélissier sull'Aubisque al Tour del 1925. Alle loro spalle Bartolomeo Aymo © www.bikeraceinfo.comSpesso si parla a sproposito di ciclismo eroico, e invece in questo caso siamo proprio dalle parti di quell'immagine sportivo-letteraria che ruota intorno a pedalatori e biciclette del primo quarto del secolo scorso. E la storia di oggi è veramente incredibile, a vederla con occhi contemporanei: Ottavio Bottecchia divenne ciclista solo a 27 anni, dopo aver fatto la Grande Guerra oltre che, per anni, il muratore. Pensare quanto andasse forte è facile, basta considerare che nel suo primo anno da corridore, il 1923, lasciò il segno praticamente in ogni corsa in cui esordì: ottavo alla Sanremo (correndo per la squadra di Luigi Ganna), quinto al Giro (correndo da isolato); allora conobbe un intermediario che procurava corridori italiani all'organizzazione francese, il quale lo segnalò all'Automoto. Quest'azienda francese doveva aprire una filiale a Torino e voleva per questo ingaggiare qualche corridore italiano (il marketing esisteva anche 90 anni fa!) per la squadra professionale che sponsorizzava. Dopo aver fatto invano la corte a Girardengo e ad altri campioni, optò per la rivelazione della corsa rosa. Bottecchia (come l'altro italiano Santhià) venne affiancato ai mitologici Pélissier, che formavano l'ossatura della squadra. Più per far numero, e perché in Italia si parlasse di questo marchio d'oltralpe, che per ottenere qualche risultato (a cui nemmeno i dirigenti del team credevano). E invece Bottecchia quasi sconvolse le gerarchie interne: non solo fu secondo alla Grande Boucle (alle spalle del suo capitano Henri Pélissier), ma vinse pure una tappa (la seconda, a Cherbourg) e indossò per diversi giorni la maglia gialla. A questo punto grandi porte si spalancarono davanti a questo corridore tra i più naïf della storia, e tra un ingaggio e l'altro per correre, il friulano divenne l'uomo copertina della Automoto, che in quel periodo si contrapponeva agli altri fortissimi team di Francia, l'Alcyon e la Peugeot. Oltre ai fratelli Pélissier (non sono Henri ma anche Charles e Francis) in squadra c'erano i belgi Cyriel Buysse e Philippe Thys (che la Boucle l'aveva vinta nel '20), oltre che alcuni altri francesi (il forte Honoré Barthélémy, e poi Copin, Flottat, Hardy, Rich). Ottavio vinse il Tour a mani basse, con oltre mezz'ora di vantaggio su Nicolas Frantz e tenendo - primo nella storia - la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno, con tanto di 4 vittorie di tappa (tra cui quella d'apertura e quella di chiusura). In montagna era un'ira di dio, sulle Alpi e sui Pirenei faceva la differenza come nessuno, e nel 1925 era decisamente il deus ex machina della Automoto, che divenne ancor più forte: al friulano vennero affiancati anche due altri italiani, Gordini e Piccin, e poi ci furono gli ingaggi di Jules e Lucien Buysse, futuro vincitore del Tour che in quell'edizione 1925 studiò da grande arrivando proprio alle spalle di Bottecchia, che vinse per la seconda volta di fila. L'ultima grande affermazione di Ottavio, travolto in seguito dalla sfortuna (una bronchite lo mise fuori causa al Tour 1926) e, in maniera definitiva, dai casi della vita: nel 1927, mentre sulle strade si allenava per la Grande Boucle, venne aggredito non si sa da chi e ridotto in fin di vita. Forse era stata una squadraccia fascista a tendergli un'imboscata: le sue idee erano pericolosamente vicine al socialismo (rinforzate, in ciò, dalla lunga vicinanza col rivoluzionario Henri Pélissier). Bottecchia spirò il 15 giugno del 1927; con la sua scomparsa iniziò il declino sportivo dell'Automoto.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alberto Losada AlguacilIl ritorno sul continente accende lo spirito di competizione nei latini della carovana visto che ai primi cinque posti della tappa nizzarda si sono piazzati tre spagnoli e due francesi. La vittoria va al catalano della Katusha Alberto Losada che ha fermato il cronometro con 40" di vantaggio sull'asturiano della Saxo Bank Benjamín Noval, protagonista di giornata per un fatto di tombiana memoria, seppur a parti invertite: il trentaquattrenne gregario di Contador ha avuto un incontro ravvicinato con un improvvisato fotografo il quale gli ha provocato la frattura dell'indice della mano sinistra ma, stoicamente, ha concluso la prova raggranellando un posto sul podio. Terzo a 2'26" il primo francese, il passista dell'Europcar Jérôme Cousin che ha preceduto il compagno di squadra Cyril Gautier, arrivato con lo stesso tempo. Al quinto posto si è piazzato il basco dell'Euskaltel Rubén Pérez Moreno, giunto a 2'47" come il sesto, il belga della Belkin Sep Vanmarcke. In fondo alla classifica a 5'11" sono arrivati cinque atleti dell'Orica, ultimo dei quali il sudafricano Daryl Impey. Grandi polemiche tuttavia per la squalifica del vero trionfatore della frazione, lo statunitense Ted King della Cannondale; i severi giudici di corsa, con una decisione dettata dall'invidia per il successo così ampio, hanno deciso di mandare a casa il trentenne del New England. Si pensi infatti che il già citato "King of Style" aveva chiuso con un margine di 1'25" su Losada e di ben 6'36" sull'ultimo in classifica. Nella generale guadagna una posizione, andando quindi al comando, l'olandese dell'Argos Tom Veelers che ora ha 1'05" di vantaggio sull'ex leader, il francese della Fdj.fr Nacer Bouhanni. Salgono rispettivamente in terza posizione Noval, che ha 5'34" da recuperare, ed in quarta Pérez Moreno, con 6'52" da colmare. Quinto è il kazako Assan Bazayev dell'Astana che paga 7'07" dalla vetta. Ultimo l'australiano dell'Orica Simon Gerrans che, con già 36'05" di ritardo, vede sempre più flebili le speranze di diventare il primo aussie a vincere la prestigiosa classifica.

Alberto Vigonesi

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