Il Portale del Ciclismo professionistico

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Dai sobborghi al cuore di Parigi (dopo un acconcio megatrasferimento in TGV dalla Gironda). Longjumeau è un'altra sede di tappa inedita, ma lo sviluppo della frazione è quanto di più solito si possa immaginare per una passerella finale di un GT. A dire il vero, in avvio ci sono un po' di saliscendi, ma il clima da fine scuola che si respirerà in gruppo dovrebbe mettere al riparo il gruppo medesimo da straordinari per tamponare fughe di rilievo. Il collaudatissimo circuito dei Campi Elisi, lungo 6.5 km, sarà ripetuto (per intero) 8 volte, e sarà proprio qui che la corsa si animerà con molti tentativi di attacco. Con la maglia verde ancora da assegnare, però, i velocisti non si faranno scappare nulla e la HTC-Columbia potrebbe essere costretta ad un lavoro extra per permettere a Cavendish di recuperare punti anche nei due traguardi volati: i 16 punti che separano lo sprinter dell'Isola di Man da Petacchi, infatti, sembrano più facilmente recuperabili piuttosto che i 10 di Thor Hushovd.

Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Nicola Stufano
Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Longjumeau

A 20 km da Parigi sorge una ridente cittadina nel dipartimento dell'Essonne, situata a sud-ovest rispetto l'aeroporto di Orly, circondata dal verde e bagnata dal fiume Yvette. E' Longjumeau, paese ad alta vocazione commerciale: infatti fino a 2 secoli fa era l'ultima stazione di passaggio prima di arrivare a Parigi, con tutte le conseguenze del caso. Comunque Longjumeau è rimasto un paesino fino agli anni '60, quando ha visto triplicare la sua popolazione (da 5000 a 15.000 abitanti) nel giro di 10 anni, per via dell'urbanizzazione dell'area parigina dovuta a sua volta dalla forte immigrazione delle colonie. Il sindaco di Longjumeau è un'importante personalità politica in Francia: si tratta infatti di Nathalie Kosciusko-Morizet, giovane segretario dell'Union Pour un Movement Populaire, il partito attualmente al governo. E' nato a Longjumeau Romain Lemarchand, professionista della Big Mat Auber da 3 anni: per ora il tour l'ha visto solo in TV, a differenza di papà François (corridore degli anni '80)

Paris Champs Elysées

Walter Godefroot alza le braccia per la 10° ed ultima volta nel suo ultimo Tour de France, su un traguardo suggestivo e soprattutto inedito: i Campi Elisi. E' l'anno 1975, Thevenet ha battuto Merckx e Van Impe ma per i colori belgi c'è questa lieve consolazione. Walter non sa che tale traguardo diverrà un must del Tour de France, tale da essere riproposto nei 35 anni a seguire e chissà per quanto altro tempo ancora. Un traguardo che ha quasi sempre arriso agli sprinter, ma le eccezioni ci sono state: Nel 1977 Alain Meslet, che finì quel tour 10°, riuscì ad anticipare Karstens e poi il gruppo. Nel 1979 Bernard Hinault si presentò tutto solo, con 2' di vantaggio sul gruppo, a suggello del suo secondo Tour. Per i più giovani, il ricordo va sicuramente all'attacco da finisseur di Alexandre Vinokourov nell'anno 2005, ultimo tour di Armstrong: un successo che gli consentì anche di entrare nella top5 di quel Tour grazie agli abbuoni. Chissà che quest'anno non ci riprovi...

Meteo

14.30 - Longjumeau
15.50 - Parigi
17.10 - Parigi

Soggetti Alternativi

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

Vivian Ghianni

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

Conclude il suo primo Tour de France alla prima annata tra i professionisti. Da Lanterne Rouge. Ma l'ultimo posto in classifica non è segno di disonore, nè offesa verso il suo palmarès straordinario esibito nelle prove contro il tempo da dilettante, dove ha vinto tutto (europeo, mondiale, Giochi del Mediterraneo e titoli italiani). E' la testimonianza di fatica, sofferenza e sopportazione del dolore dopo le cadute. Ha fatto degnamente la sua parte tirando a decine e decine di chilometri dal traguardo prima che Petacchi fosse lì a sgomitare nello sprint. E' un eccellente passita e questi sono solo gli inizi. Un domani per gli altri, potrebbero esser...Malori!

TourTweet

manuelquinziato: Sto leggendo l'Equipe durante il viaggo! Odio quanto possono essere ipocriti i giornalisti! Mi fa star male!

RGUpdate: Cin cin! (Questa è di ieri) - http://moby.to/koyh62

nicholasroche: Treno per Parigi: 9.20!!

dzabriskie (ieri): L'anno scorso nella strada per Parigi mi sono dovuto fermare in un ristorante indiano per un bisogno d'emergenza. Spero non succeda di nuovo domani.

Andy_Schleck (ieri): http://tweetphoto.com/34683108 I nostri cuochi ci hanno preparato una cena di cinque portate. Uno è del Noma, il miglior ristorante al mondo, gli altri due di Malling & Smith.

andykloedi (ieri): TeamRadioShack a cena http://yfrog.com/mtkw0j qui a Bordeaux!!

Les Rendez-vous de Paris (Eric Rohmer, 1995)

La locandina di Les Rendez-vous de Paris - Foto www.worldscinema.com

Si finisce, e quando possibile è bene finire in scioltezza. Con leggerezza: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, e subito pronti a immergersi nel prossimo progetto. Ammesso che un progetto ci sia e che tutto non sia frutto del semplice caso. Il caso, motore pulsante del cinema di Rohmer, ma anche di mille storie che, tra un colpo di scena e l'altro, di cinematografico avrebbero molto (mai vista una corsa ciclistica, per esempio?), a patto di trovare qualcuno che le sappia raccontare col tono giusto: con la levità di tocco propria del grande autore purtroppo scomparso all'inizio di quest'anno. Un tocco che Rohmer ha imposto attraverso il suo strano modo di fare film, spesso semplici capitoli di un libro immaginato (diresse 6 film che sviluppavano il tema "Sei racconti morali", poi altri 6 incentrati su "Commedie e proverbi", quindi, già settantenne, i 4 magnifici "Racconti delle quattro stagioni"). Qui, in "libera uscita", il vecchio Eric ci regala un film che racconta di incontri più o meno casuali - ma anche più o meno cercati - di persone che hanno a che fare con l'amore: e anche se paiono sospese in un tempo di fiaba, ci aprono nell'anima improvvisi e profondi squarci di realismo in cui siamo costretti a guardare (e a vedere noi stessi); una boccata d'aria fresca, attraverso una semplicità disarmante e una acutezza dissacrante. E tutt'intorno Parigi, stordente, intrigante, complice; lei, titoli di testa e titoli di coda di qualsiasi cosa possa avere a che fare con la Francia. La Ville Lumière: nata per stare in passerella.

Marco Grassi

Les Rendez-vous de Paris (Eric Rohmer, 1995)

La locandina di Les Rendez-vous de Paris - Foto www.worldscinema.com

Si finisce, e quando possibile è bene finire in scioltezza. Con leggerezza: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, e subito pronti a immergersi nel prossimo progetto. Ammesso che un progetto ci sia e che tutto non sia frutto del semplice caso. Il caso, motore pulsante del cinema di Rohmer, ma anche di mille storie che, tra un colpo di scena e l'altro, di cinematografico avrebbero molto (mai vista una corsa ciclistica, per esempio?), a patto di trovare qualcuno che le sappia raccontare col tono giusto: con la levità di tocco propria del grande autore purtroppo scomparso all'inizio di quest'anno. Un tocco che Rohmer ha imposto attraverso il suo strano modo di fare film, spesso semplici capitoli di un libro immaginato (diresse 6 film che sviluppavano il tema "Sei racconti morali", poi altri 6 incentrati su "Commedie e proverbi", quindi, già settantenne, i 4 magnifici "Racconti delle quattro stagioni"). Qui, in "libera uscita", il vecchio Eric ci regala un film che racconta di incontri più o meno casuali - ma anche più o meno cercati - di persone che hanno a che fare con l'amore: e anche se paiono sospese in un tempo di fiaba, ci aprono nell'anima improvvisi e profondi squarci di realismo in cui siamo costretti a guardare (e a vedere noi stessi); una boccata d'aria fresca, attraverso una semplicità disarmante e una acutezza dissacrante. E tutt'intorno Parigi, stordente, intrigante, complice; lei, titoli di testa e titoli di coda di qualsiasi cosa possa avere a che fare con la Francia. La Ville Lumière: nata per stare in passerella.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna TourNotes 2010 – 20a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 20a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 20a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 20a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 20a tappa

Les Rendez-vous de Paris (Eric Rohmer, 1995)

La locandina di Les Rendez-vous de Paris - Foto www.worldscinema.com

Si finisce, e quando possibile è bene finire in scioltezza. Con leggerezza: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, e subito pronti a immergersi nel prossimo progetto. Ammesso che un progetto ci sia e che tutto non sia frutto del semplice caso. Il caso, motore pulsante del cinema di Rohmer, ma anche di mille storie che, tra un colpo di scena e l'altro, di cinematografico avrebbero molto (mai vista una corsa ciclistica, per esempio?), a patto di trovare qualcuno che le sappia raccontare col tono giusto: con la levità di tocco propria del grande autore purtroppo scomparso all'inizio di quest'anno. Un tocco che Rohmer ha imposto attraverso il suo strano modo di fare film, spesso semplici capitoli di un libro immaginato (diresse 6 film che sviluppavano il tema "Sei racconti morali", poi altri 6 incentrati su "Commedie e proverbi", quindi, già settantenne, i 4 magnifici "Racconti delle quattro stagioni"). Qui, in "libera uscita", il vecchio Eric ci regala un film che racconta di incontri più o meno casuali - ma anche più o meno cercati - di persone che hanno a che fare con l'amore: e anche se paiono sospese in un tempo di fiaba, ci aprono nell'anima improvvisi e profondi squarci di realismo in cui siamo costretti a guardare (e a vedere noi stessi); una boccata d'aria fresca, attraverso una semplicità disarmante e una acutezza dissacrante. E tutt'intorno Parigi, stordente, intrigante, complice; lei, titoli di testa e titoli di coda di qualsiasi cosa possa avere a che fare con la Francia. La Ville Lumière: nata per stare in passerella.

Marco Grassi

Les Rendez-vous de Paris (Eric Rohmer, 1995)

La locandina di Les Rendez-vous de Paris - Foto www.worldscinema.com

Si finisce, e quando possibile è bene finire in scioltezza. Con leggerezza: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, e subito pronti a immergersi nel prossimo progetto. Ammesso che un progetto ci sia e che tutto non sia frutto del semplice caso. Il caso, motore pulsante del cinema di Rohmer, ma anche di mille storie che, tra un colpo di scena e l'altro, di cinematografico avrebbero molto (mai vista una corsa ciclistica, per esempio?), a patto di trovare qualcuno che le sappia raccontare col tono giusto: con la levità di tocco propria del grande autore purtroppo scomparso all'inizio di quest'anno. Un tocco che Rohmer ha imposto attraverso il suo strano modo di fare film, spesso semplici capitoli di un libro immaginato (diresse 6 film che sviluppavano il tema "Sei racconti morali", poi altri 6 incentrati su "Commedie e proverbi", quindi, già settantenne, i 4 magnifici "Racconti delle quattro stagioni"). Qui, in "libera uscita", il vecchio Eric ci regala un film che racconta di incontri più o meno casuali - ma anche più o meno cercati - di persone che hanno a che fare con l'amore: e anche se paiono sospese in un tempo di fiaba, ci aprono nell'anima improvvisi e profondi squarci di realismo in cui siamo costretti a guardare (e a vedere noi stessi); una boccata d'aria fresca, attraverso una semplicità disarmante e una acutezza dissacrante. E tutt'intorno Parigi, stordente, intrigante, complice; lei, titoli di testa e titoli di coda di qualsiasi cosa possa avere a che fare con la Francia. La Ville Lumière: nata per stare in passerella.

Marco Grassi

Les Rendez-vous de Paris (Eric Rohmer, 1995)

La locandina di Les Rendez-vous de Paris - Foto www.worldscinema.com

Si finisce, e quando possibile è bene finire in scioltezza. Con leggerezza: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, e subito pronti a immergersi nel prossimo progetto. Ammesso che un progetto ci sia e che tutto non sia frutto del semplice caso. Il caso, motore pulsante del cinema di Rohmer, ma anche di mille storie che, tra un colpo di scena e l'altro, di cinematografico avrebbero molto (mai vista una corsa ciclistica, per esempio?), a patto di trovare qualcuno che le sappia raccontare col tono giusto: con la levità di tocco propria del grande autore purtroppo scomparso all'inizio di quest'anno. Un tocco che Rohmer ha imposto attraverso il suo strano modo di fare film, spesso semplici capitoli di un libro immaginato (diresse 6 film che sviluppavano il tema "Sei racconti morali", poi altri 6 incentrati su "Commedie e proverbi", quindi, già settantenne, i 4 magnifici "Racconti delle quattro stagioni"). Qui, in "libera uscita", il vecchio Eric ci regala un film che racconta di incontri più o meno casuali - ma anche più o meno cercati - di persone che hanno a che fare con l'amore: e anche se paiono sospese in un tempo di fiaba, ci aprono nell'anima improvvisi e profondi squarci di realismo in cui siamo costretti a guardare (e a vedere noi stessi); una boccata d'aria fresca, attraverso una semplicità disarmante e una acutezza dissacrante. E tutt'intorno Parigi, stordente, intrigante, complice; lei, titoli di testa e titoli di coda di qualsiasi cosa possa avere a che fare con la Francia. La Ville Lumière: nata per stare in passerella.

Marco Grassi

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