Il Portale del Ciclismo professionistico

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Da Cosenza si risale verso la Lucania per un 200 km (abbondanti) di tappa dal finale molto interessante. La salitella di Cipolletto dopo 35 km sarà superata di slancio, e fino al km 180, costeggiando lo Ionio, non sono segnalati altri strappi degni di nota. Tutto cambia negli ultimi 25 km: si affronta un bel muro di 3 km verso Montescaglioso (10% di pendenza con punte al 15), quindi 5 km di discesa e 8 in piano condurranno il gruppo ai piedi di Matera. 5 km di salita fino alla città dei Sassi, pendenze non asfissianti (5%) ma il terreno per attaccare non manca. I 5 km pianeggianti dalla fine della salita al traguardo sono interrotti da un altro strappetto all'ultimo km, e come il giorno prima saranno forieri di sviluppi tutti da seguire.

Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Francesco Sulas
Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Cosenza

Cosenza è una città di circa 69.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia, la più estesa nonché popolosa della Calabria. Nella sua storia ha ospitato per dieci volte il Giro d'Italia. Sorge sui sette colli nella Valle del fiume Crati, alla confluenza di quest'ultimo con il Busento, confluenza che determina la distinzione geografica fra il centro storico, posto in alto fino al colle Pancrazio, e la città moderna sviluppatasi lungo la sua riva sinistra del Crati. Fondata nel IV Secolo a.C., il suo nome antico è Cosentia. Identificata anche come la Atene della Calabria per via del suo passato culturale, Cosenza ha dei validissimi punti d'interesse nel centrostorico, nel Duomo risalente al XII secolo (patrimonio Unesco), nel Castello Svevo, nei Conventi San Domenico e San Gaetano, nel Palazzo Arnone e nel Teatro di tradizione Alfonso Rendano, che risale al XIX secolo. A tavola si trovano diverse pietanze molto gustose: il cuddrurieddri (ciambelle fritte salate), il capiccuaddru (capocollo), il prisuttocrudo (crudo locale), la suprissata (salumetipico), la sazizza (salsiccia), i fusilli alla cosentina, il chinuliddre (dolce fritto con cioccolata e mostarda) e la pitta 'mpigliata (schiacciata dolce). La città dei Bruzi (antico popolo che abitava la Calabria) è molto antica, popolosa, ricca di testimonianze delpassato. L'economia si basa sulla piccola e media impresa, principalmente locale, ma si sta affermando come meta turistica di grande fascino.

Matera

La città dei Sassi (gli storici rioni per cui è nota) ospiterà per la sesta volta il Giro d'Italia. Una storia, quella tra la corsa rosa e Matera, nata in tempi relativamente recenti, con la prima frazione (proprio la Cosenza-Matera, un classico!) che arrivò qui nel 1976. Era il terzo ed ultimo Giro vinto da Felice Gimondi, a Matera s'impose il belga Johan De Muynck (che andrà anche in maglia rosa alle Torri del Vajolet) mentre un suo connazionale, Roger De Vlaeminck, lascerà il primato il giorno dopo in favore di Moser, nella crono di Ostuni. Nove anni più tardi, nel 1985, riecco il Giro: nella Foggia-Matera vince il lusitano Acácio da Silva con Roberto Visentini in rosa, ma il Giro sarà per la terza volta di Bernard Hinault. Il 1998 è l'anno di Marco Pantani ma a Matera vince Mario Cipollini su Baldato ed Edo. Maglia rosa sulle spalle di Alex Zülle dopo la bella tappa di Lago Laceno. Nel 2000 la Scalea-Matera è ancora vinta da Cipollini, con la maglia rosa sulle spalle di Cristian Moreni, che l'ha presa nella tappa da tregenda di Maddaloni. Alla fine prevarrà Stefano Garzelli, al termine di una bella sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni. Nel 2003 ultimo arrivo a Matera della corsa rosa. Tappa (la seconda) a Fabio Baldato dopo la squalifica di Robbie McEwen, maglia ad Alessandro Petacchi. A Milano la vittoria sarà per la seconda ed ultima volta di Gilberto Simoni.

Meteo

12.25 - Cosenza
14.45 - Marina di Amendolara
17.20 - Matera

Soggetti Alternativi

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

Vivian Ghianni

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

Altro debuttante assoluto al Giro d'Italia questo olandese che con ha ancora compiuto 23 anni ed è, pertanto, uno dei più giovani atleti in gara. Passato nelle file della Vacansoleil già a metà dello scorso anno, dopo un paio di stagioni trascorse in una piccola formazione Continental (il Cycling Team Jo Piels), è un corridore dalla discreta tenuta in salita (meglio in quelle brevi) che può dire la sua in volate non troppo affollate. Al momento ha conquistato un paio di successi tra Repubblica Ceca e Polonia ma quest'anno si è ben piazzato sia a Francoforte (ottavo) che in un paio di tappe alla Volta a Catalunya. Il Giro rappresenta inevitabilmente per lui una grande opportunità per fare esperienza ma in qualche tappa potrebbe tentare la fuga (cosa che non di rado gli riesce). Del resto c'è chi trova l'America e chi un...Lammertink!

 

GiroTweet

@AgnoliValerio: Mi scuso con @giroditalia @rcssport @RaiCiclismo per la volgarità oggi in gara,sono parole che non dovrebbero esser dette MAI.

@giovisco: Devo cominciare a vedere IL BICCHIERE MEZZO PIENO perciò vi dico che sono contento! E ora ascolto di nuovo Pink (Try)

@VincenzoNibali: Un grazie devo dirlo @AgnoliValerio!!! Se hai bisogno di una mano lui c'è sempre!! P.s. Non mi mettere fretta quando cambio la ruota!!

@ProniAle: Mi spiace per il @killerdiluca ma son contento che il ciclismo ritrovi gente di carattere come lui..scatta dopo 240 km..appena rientrato..

@jessesergent: Questa notte l'albergo era praticamente sopra alla ferrovia, avevo dei buoni tappi per le orecchie, Popo ha contato 14 treni dalle 23 alle 6 #nosleep

@GertSteegmans: Solo 202 km oggi, per fortuna ne hanno messi altri 8 neutralizzati prima della partenza. Così non ho bisogno di allenamento extra oggi... #giro #toomuch

@UranRigoberto: C'è anche da dire che il Giro passa per luoghi spettacolari, come ad esempio questo

The Passion of the Christ (Mel Gibson, 2004)

The Passion of the Christ © www.cadolphmoores.comCiò che Mel Gibson ci aveva risparmiato nel suo film più riuscito (Braveheart), ovvero le torture inflitte al corpo del protagonista William Wallace, ce lo ha reso con gli interessi nel suo film invece più ambizioso, The Passion of the Christ (La passione di Cristo, in italiano). Se lì, al termine dell'epopea medieval-indipendentista scozzese, concentrava l'inquadratura sul proprio poco espressivo volto sofferente, lasciando che fossimo noi a immaginare i particolari tecnici del suo squartamento, nel più biblico dei film biblici, vero manifesto dell'ondata teocon degli anni '00, non usa lo stesso equilibrio, ma lascia in campo, al centro dell'inquadratura, tutte le efferatezze inferte al personaggio Gesù. Un film in cui ai protagonisti viene chiesta una sorta di autoflagellazione, per entrare in pieno nella vicenda: tanto per cominciare è stato girato in aramaico antico (ricostruito, quindi in realtà tutto da inventariare...) e latino; poi, soprattutto, è stato realizzato in inverno, e anche se la troupe non era in Alaska ma a Matera (e altri piccoli centri lucani e pugliesi), il povero Jim Caviezel (il Cristo della pellicola) ne è uscito praticamente assiderato (stare per ore seminudo su una croce in pieno gennaio non è propriamente lo spot al viver sani e belli). Di quel che accadeva sul set si scriveranno forse libri (tra conversioni improvvise degli attori e recitazione collettiva del rosario), la storia della pellicola è arcinota e il finale non è stato cambiato (anche se a un certo punto, visto il soggetto dietro alla mdp, ti aspetti che da un momento all'altro arrivino i marines a liberare l'ostaggio...). L'eccesso di violenza al suo interno è tale che qualcuno definisce l'opera addirittura "splatter": una sorta di Tarantino applicato al Vangelo, con la mediazione della nota levità di Gibson... In ogni caso l'arrivo della troupe di Mel in Italia terremotò per diversi mesi il nostro cinema, cooptato in forze per partecipare al progetto: non solo maestranze ma anche molti attori, da Monica Bellucci a Claudia Gerini, da Toni Bertorelli a Sergio Rubini, oltre a tutti i ruoli minori.

Marco Grassi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

The Passion of the Christ (Mel Gibson, 2004)

The Passion of the Christ © www.cadolphmoores.comCiò che Mel Gibson ci aveva risparmiato nel suo film più riuscito (Braveheart), ovvero le torture inflitte al corpo del protagonista William Wallace, ce lo ha reso con gli interessi nel suo film invece più ambizioso, The Passion of the Christ (La passione di Cristo, in italiano). Se lì, al termine dell'epopea medieval-indipendentista scozzese, concentrava l'inquadratura sul proprio poco espressivo volto sofferente, lasciando che fossimo noi a immaginare i particolari tecnici del suo squartamento, nel più biblico dei film biblici, vero manifesto dell'ondata teocon degli anni '00, non usa lo stesso equilibrio, ma lascia in campo, al centro dell'inquadratura, tutte le efferatezze inferte al personaggio Gesù. Un film in cui ai protagonisti viene chiesta una sorta di autoflagellazione, per entrare in pieno nella vicenda: tanto per cominciare è stato girato in aramaico antico (ricostruito, quindi in realtà tutto da inventariare...) e latino; poi, soprattutto, è stato realizzato in inverno, e anche se la troupe non era in Alaska ma a Matera (e altri piccoli centri lucani e pugliesi), il povero Jim Caviezel (il Cristo della pellicola) ne è uscito praticamente assiderato (stare per ore seminudo su una croce in pieno gennaio non è propriamente lo spot al viver sani e belli). Di quel che accadeva sul set si scriveranno forse libri (tra conversioni improvvise degli attori e recitazione collettiva del rosario), la storia della pellicola è arcinota e il finale non è stato cambiato (anche se a un certo punto, visto il soggetto dietro alla mdp, ti aspetti che da un momento all'altro arrivino i marines a liberare l'ostaggio...). L'eccesso di violenza al suo interno è tale che qualcuno definisce l'opera addirittura "splatter": una sorta di Tarantino applicato al Vangelo, con la mediazione della nota levità di Gibson... In ogni caso l'arrivo della troupe di Mel in Italia terremotò per diversi mesi il nostro cinema, cooptato in forze per partecipare al progetto: non solo maestranze ma anche molti attori, da Monica Bellucci a Claudia Gerini, da Toni Bertorelli a Sergio Rubini, oltre a tutti i ruoli minori.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 5a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 5a tappa

The Passion of the Christ (Mel Gibson, 2004)

The Passion of the Christ © www.cadolphmoores.comCiò che Mel Gibson ci aveva risparmiato nel suo film più riuscito (Braveheart), ovvero le torture inflitte al corpo del protagonista William Wallace, ce lo ha reso con gli interessi nel suo film invece più ambizioso, The Passion of the Christ (La passione di Cristo, in italiano). Se lì, al termine dell'epopea medieval-indipendentista scozzese, concentrava l'inquadratura sul proprio poco espressivo volto sofferente, lasciando che fossimo noi a immaginare i particolari tecnici del suo squartamento, nel più biblico dei film biblici, vero manifesto dell'ondata teocon degli anni '00, non usa lo stesso equilibrio, ma lascia in campo, al centro dell'inquadratura, tutte le efferatezze inferte al personaggio Gesù. Un film in cui ai protagonisti viene chiesta una sorta di autoflagellazione, per entrare in pieno nella vicenda: tanto per cominciare è stato girato in aramaico antico (ricostruito, quindi in realtà tutto da inventariare...) e latino; poi, soprattutto, è stato realizzato in inverno, e anche se la troupe non era in Alaska ma a Matera (e altri piccoli centri lucani e pugliesi), il povero Jim Caviezel (il Cristo della pellicola) ne è uscito praticamente assiderato (stare per ore seminudo su una croce in pieno gennaio non è propriamente lo spot al viver sani e belli). Di quel che accadeva sul set si scriveranno forse libri (tra conversioni improvvise degli attori e recitazione collettiva del rosario), la storia della pellicola è arcinota e il finale non è stato cambiato (anche se a un certo punto, visto il soggetto dietro alla mdp, ti aspetti che da un momento all'altro arrivino i marines a liberare l'ostaggio...). L'eccesso di violenza al suo interno è tale che qualcuno definisce l'opera addirittura "splatter": una sorta di Tarantino applicato al Vangelo, con la mediazione della nota levità di Gibson... In ogni caso l'arrivo della troupe di Mel in Italia terremotò per diversi mesi il nostro cinema, cooptato in forze per partecipare al progetto: non solo maestranze ma anche molti attori, da Monica Bellucci a Claudia Gerini, da Toni Bertorelli a Sergio Rubini, oltre a tutti i ruoli minori.

Marco Grassi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

The Passion of the Christ (Mel Gibson, 2004)

The Passion of the Christ © www.cadolphmoores.comCiò che Mel Gibson ci aveva risparmiato nel suo film più riuscito (Braveheart), ovvero le torture inflitte al corpo del protagonista William Wallace, ce lo ha reso con gli interessi nel suo film invece più ambizioso, The Passion of the Christ (La passione di Cristo, in italiano). Se lì, al termine dell'epopea medieval-indipendentista scozzese, concentrava l'inquadratura sul proprio poco espressivo volto sofferente, lasciando che fossimo noi a immaginare i particolari tecnici del suo squartamento, nel più biblico dei film biblici, vero manifesto dell'ondata teocon degli anni '00, non usa lo stesso equilibrio, ma lascia in campo, al centro dell'inquadratura, tutte le efferatezze inferte al personaggio Gesù. Un film in cui ai protagonisti viene chiesta una sorta di autoflagellazione, per entrare in pieno nella vicenda: tanto per cominciare è stato girato in aramaico antico (ricostruito, quindi in realtà tutto da inventariare...) e latino; poi, soprattutto, è stato realizzato in inverno, e anche se la troupe non era in Alaska ma a Matera (e altri piccoli centri lucani e pugliesi), il povero Jim Caviezel (il Cristo della pellicola) ne è uscito praticamente assiderato (stare per ore seminudo su una croce in pieno gennaio non è propriamente lo spot al viver sani e belli). Di quel che accadeva sul set si scriveranno forse libri (tra conversioni improvvise degli attori e recitazione collettiva del rosario), la storia della pellicola è arcinota e il finale non è stato cambiato (anche se a un certo punto, visto il soggetto dietro alla mdp, ti aspetti che da un momento all'altro arrivino i marines a liberare l'ostaggio...). L'eccesso di violenza al suo interno è tale che qualcuno definisce l'opera addirittura "splatter": una sorta di Tarantino applicato al Vangelo, con la mediazione della nota levità di Gibson... In ogni caso l'arrivo della troupe di Mel in Italia terremotò per diversi mesi il nostro cinema, cooptato in forze per partecipare al progetto: non solo maestranze ma anche molti attori, da Monica Bellucci a Claudia Gerini, da Toni Bertorelli a Sergio Rubini, oltre a tutti i ruoli minori.

Marco Grassi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

«Peperonata? Alle 8 del mattino? Mezzogiorno, topi morti?» Questa risposta di Giovanni ad Aldo, componenti con Giacomo dell'omonimo trio meneghino, venne data nel film "Tre uomini e una gamba". Il lettore si chiederà il motivo di questo excursus nella settima arte, peraltro già ben coperta nel nostro GiroNotes. Il motivo risiede nel nome completo del componente calvo del gruppo, ossia Cataldo; nel plotone del Giro il numero 182 è assegnato a Dario Cataldo della Sky che ha primeggiato a Serra San Bruno. L'abruzzese, probabilmente ispirato dalla scena del film, ha pensato bene di avvertire un forte dolore di stomaco causato, perché no, dall'ingestione della pesante portata nella colazione pretappa.
A 2'31" si piazza il regolare Mattia Gavazzi dell'Androni che nelle ultime pedalate ha staccato di 4" un quartetto composto in ordine di arrivo da Pim Ligthart della Vacansoleil, da Maxim Belkov della Katusha e dal dinamico duo Euskaltel Miguel Mínguez e Pablo Urtasun. Parole d'elogio per Ligthart e soprattutto per Mínguez, abilissimi nel depistare la concorrenza per buona parte della gara, con il basco capace di recuperare un gap elevato, forte dell'esperienza maturata dodici mesi orsono. L'ultimo arrivato è stato un giovane talento italiano, Enrico Battaglin della Bardiani, lontanissimo a 28'20" dal dominatore assoluto della prova odierna.
In classifica generale sempre al comando Pablo Urtasun che precede Gavazzi, risalito dall'ottava piazza e distante 5'38". Terzo posto a 5'47" occupato da Cataldo che ha risalito tredici posizioni; quarto a 5'52" è Mínguez in forte ascesa e quinto Ligthart a 8'06". Forte delusione serpeggia negli organizzatori per la débâcle di Cheng Ji che passa dal quinto al quattordicesimo posto così come oggi è stata una giornata negativa per colui che era secondo, vale a dire Jack Borbridge, ora settimo a 11'05". Graduatoria ancora chiusa da Luca Paolini che vede il distacco quasi raddoppiarsi in una tappa e arrivare a quota 53'39".

Alberto Vigonesi

The Passion of the Christ (Mel Gibson, 2004)

The Passion of the Christ © www.cadolphmoores.comCiò che Mel Gibson ci aveva risparmiato nel suo film più riuscito (Braveheart), ovvero le torture inflitte al corpo del protagonista William Wallace, ce lo ha reso con gli interessi nel suo film invece più ambizioso, The Passion of the Christ (La passione di Cristo, in italiano). Se lì, al termine dell'epopea medieval-indipendentista scozzese, concentrava l'inquadratura sul proprio poco espressivo volto sofferente, lasciando che fossimo noi a immaginare i particolari tecnici del suo squartamento, nel più biblico dei film biblici, vero manifesto dell'ondata teocon degli anni '00, non usa lo stesso equilibrio, ma lascia in campo, al centro dell'inquadratura, tutte le efferatezze inferte al personaggio Gesù. Un film in cui ai protagonisti viene chiesta una sorta di autoflagellazione, per entrare in pieno nella vicenda: tanto per cominciare è stato girato in aramaico antico (ricostruito, quindi in realtà tutto da inventariare...) e latino; poi, soprattutto, è stato realizzato in inverno, e anche se la troupe non era in Alaska ma a Matera (e altri piccoli centri lucani e pugliesi), il povero Jim Caviezel (il Cristo della pellicola) ne è uscito praticamente assiderato (stare per ore seminudo su una croce in pieno gennaio non è propriamente lo spot al viver sani e belli). Di quel che accadeva sul set si scriveranno forse libri (tra conversioni improvvise degli attori e recitazione collettiva del rosario), la storia della pellicola è arcinota e il finale non è stato cambiato (anche se a un certo punto, visto il soggetto dietro alla mdp, ti aspetti che da un momento all'altro arrivino i marines a liberare l'ostaggio...). L'eccesso di violenza al suo interno è tale che qualcuno definisce l'opera addirittura "splatter": una sorta di Tarantino applicato al Vangelo, con la mediazione della nota levità di Gibson... In ogni caso l'arrivo della troupe di Mel in Italia terremotò per diversi mesi il nostro cinema, cooptato in forze per partecipare al progetto: non solo maestranze ma anche molti attori, da Monica Bellucci a Claudia Gerini, da Toni Bertorelli a Sergio Rubini, oltre a tutti i ruoli minori.

Marco Grassi

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