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Liegi-Bastogne-Liegi 2016: Gasparotto in copertina, per il resto c'è ancora da attendere - Bilancio italiano alla fine della stagione delle classiche: Colbrelli è il miglior nome nuovo

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Enrico Gasparotto alla Liegi-Bastogne-Liegi © Bettiniphoto

Con la Liegi-Bastogne-Liegi si chiude la stagione delle classiche, e si può dar luogo a tutti i bilanci del caso. Nel nostro, di caso, quel che ci tocca più da vicino è fare un punto della situazione sul movimento italiano, che da anni non vive un rapporto propriamente idilliaco con le più importanti prove in linea del calendario. Siamo freschi reduci dal Lombardia di Vincenzo Nibali, la corsa con cui sul finire della scorsa stagione abbiamo interrotto un digiuno di 7 anni nelle Monumento, e l'unico elemento che siamo riusciti a trarre da questo filotto primaverile è che la transizione è destinata a continuare, sebbene interrotta qua e là da qualche risultato eclatante.

L'uomo copertina del periodo è senza dubbio Enrico Gasparotto, che ha vinto la sua seconda Amstel Gold Race, e che più in generale si è dimostrato l'italiano più competitivo ad alti livelli, sui massimi scenari delle classiche, visto che oltre alla vittoria in Olanda ha collezionato anche il miglior piazzamento in carriera alla Freccia Vallone (quinto) e non è andato lontanissimo dai primi oggi a Liegi (12esimo). Il fatto è che il friulano ha 34 anni e non può ovviamente essere lui la pietra su cui edificare una nuova stagione di successi azzurri.

Però è ugualmente rimarchevole la maturità raggiunta da Gasparotto, che probabilmente non è mai stato forte come quest'anno, e che a una gamba splendida coniuga una testa pensante: sentire le sue interviste recenti conferma quanto a livello mentale e non solo fisico il biondo capitano della Wanty sia il capofila del ciclismo italiano da classiche. Forse ce ne siamo accorti tutti un po' tardi, ma l'importante è arrivarci, prima o poi.

 

Su pavé e muri Oss e Trentin ancora lontani dal top
Entrando nel dettaglio delle varie tipologie di gara, è necessario fare il più ovvio dei distinguo, ripartendo le classiche in corse da pavé e muri, e corse da côte. Nelle prove fiamminghe l'alba del nuovo giorno sembra ancora lontana, per dirla tutta. Quest'anno abbiamo purtroppo preso atto del fatto che gli uomini su cui maggiormente puntavamo le nostre speranze, ovvero Matteo Trentin e Daniel Oss, non sono ancora al livello di poter competere coi più forti. Ad Harelbeke l'uomo della BMC è stato il miglior italiano, centrando una top ten (decimo posto) che si sperava potesse preludere a qualcosa di più sostanzioso negli appuntamenti successivi.

Purtroppo, nonostante un'insperata botta di libertà piombata su Daniel in seguito all'infortunio che ha tolto di mezzo il suo capitano Greg Van Avermaet, sia al Fiandre che alla Roubaix non è giunto nulla di buono: solo 16esimo nella corsa dei muri, addirittura ritirato in quella del pavé. In generale, una brutta battuta d'arresto proprio nel momento in cui Oss ha avuto l'occasione di dimostrare al suo management di poter meritare maggiori spazi in squadra. E dopo le prestazioni di quest'anno, come sperare che nel 2017 - considerando che GVA non si infortunerà tutti gli anni - il ragazzo possa avere spazi per agire in proprio?

Dal canto suo, Matteo Trentin ha invece subìto parte del tracollo che ha caratterizzato la stagione della sua Etixx nelle classiche. Non ha mai potuto giocare per sé, in realtà, ma l'immagine che resta in mente è quella di lui che rimbalza mentre Sagan, Kwiatkowski e Vanmarcke se ne vanno a 32 km dal traguardo. Fosse riuscito a entrare in quell'azione, magari staremmo raccontando tutta un'altra storia, ma la verità è che il trentino non fu all'altezza di simili avversari, in quella fase della gara. Il che non significa che necessariamente non possa esserlo in futuro, ma il punto è che la sua squadra è talmente un guazzabuglio che già scalare le gerarchie interne è un terno al lotto; prova ne sia il fatto che alla Roubaix lo stesso Trentin ha partecipato in maniera proficua all'attacco a lunghissima gittata del suo capitano Tom Boonen, ma non vorremmo che, nel sodalizio di Lefévère, il suo ruolo resti cristallizzato a quello del bravissimo gregario e poco altro.

In realtà, un qualcosina, nel panorama generale di corridori più o meno competitivi tra muri e pavé (vanno citati almeno Salvatore Puccio, Marco Marcato e Oscar Gatto, per non dire di Jacopo Guarnieri, ottimo ottavo alla Gand), si intravede nella figura di Gianni Moscon, giovanissimo rinforzo della Sky che si è disimpegnato benissimo nelle classiche più dure, collezionando certo qualche caduta (vedi Roubaix) e qualche momento di iella (o meglio, qualche momento di inevitabili errori giovanili), ma che ha da subito dato l'impressione di avere il piglio giusto. Però Moscon ha 22 anni appena compiuti, e in queste gare uno dei fattori principali è l'esperienza: la domanda, quindi, è: quanto tempo ci vorrà al ragazzo per poter arrivare a giocarsi un podio o addirittura una vittoria nelle Monumento più belle? Staremo a vedere.

 

Non solo Gasparotto: promosso anche Colbrelli
Se sul pavé e sui muri lo scenario non è tanto roseo, un po' meglio vanno le cose nelle classiche più tradizionali, quelle infarcite di salitelle ma tutte (o quasi) rigorosamente in asfalto. Di Gasparotto che vince l'Amstel abbiamo già scritto in apertura, ma al di là del friulano emerge qualche piccola gemma da seguire con attenzione nei prossimi anni.

Su tutti, ci piace soffermarci su Sonny Colbrelli. Nono alla Sanremo, piazzamento che l'ha visto concludere in mezzo a due uomini da pavé come Filippo Pozzato (ottavo, poi - a parte una buona Dwars door Vlaanderen - ha fatto perdere le sue tracce. Pazienza) e Matteo Trentin (decimo e non più così competitivo in seguito), il corridore della Bardiani-CSF ha avuto l'opportunità di far vedere di che pasta è fatto alla Amstel Gold Race.

Lì nella corsa della birra Sonny ha centrato un bellissimo terzo posto, vincendo la volata del gruppo e ostentando tutto il suo disappunto per il fatto che Gasparotto e Valgren erano, nell'occasione, scappati via. Il problema del bresciano è che la sua squadra non può fare l'intero calendario delle classiche, perché non essendo nel World Tour ha bisogno di essere invitata alle corse più prestigiose. Di sicuro i buoni risultati di Colbrelli potranno garantire alla sua squadra qualche wild card in più, ma - pur con tutto il bene che possiamo volere ai Reverberi - è giunto per il ragazzo il momento di chiedersi se non sia il caso di spiccare il volo verso la massima categoria. Il che significherebbe magari non avere una squadra che corre per lui (come accade ora), ma poter inseguire traguardi di altro calibro, a partire dal Tour de France (parliamo di tappe, ovviamente). A breve Sonny compirà 26 anni, e non escludiamo che le sue prestazioni al nord (non vanno dimenticate le ottime Volta Limburg e Freccia del Brabante) abbiano attirato su di lui gli sguardi di qualche bel team europeo: un po' quanto accaduto al suo ex compagno Battaglin con la LottoNL. (A proposito: Enrico non ha propriamente brillato con la nuova maglia, ma se non altro ha fatto capolino qua e là, qualche volta. Vogliamo concedergli questa stagione come ambientamento nella massima categoria? Concediamogliela).

 

Visconti, Ulissi e Rosa: modi diversi di inseguire il risultato
Oltre a Gasparotto, l'azzurro che in queste ultime settimane aveva la gamba migliore era probabilmente Giovanni Visconti, ma dover convivere con l'ingombrantissima presenza di un capitano che si chiama Alejandro Valverde tende ad annullare ogni possibilità di provare in proprio (anche se oggi è toccato a Carlos Betancur imbastire un tentativo dalla media distanza). Sta di fatto che nell'unica occasione in cui il murciano non è stato presente, ovvero all'Amstel, Visconti ha portato a casa una buona top ten (ottavo), conseguita tra l'altro dopo aver dovuto spendere molto per rientrare sui migliori dopo un incidente.

Nella stessa Amstel - ovvero la corsa in tutto e per tutto migliore per i colori italiani - abbiamo ritrovato al settimo posto Diego Ulissi. Il quale tre giorni dopo, alla Freccia, ha bissato, cogliendo pure lui il miglior piazzamento in carriera nella corsa (è stato ottavo). Con questi presupposti, ci aspettavamo che il toscano completasse la settimana con una bella Liegi, ma gli dei non sono stati dalla sua parte: è notorio infatti che il corridore della Lampre soffra particolarmente il freddo, e infatti oggi non si è praticamente visto, andando a concludere la Doyenne in 55esima posizione. Non è però il caso che Ulissi viva questa controprestazione come una bocciatura delle sue aspirazioni. Diciamo che il giudizio in chiave grandi classiche resta sospeso per lui, ma in ogni caso possiamo guardare al (suo) futuro con un briciolo di speranza in più.

La speranza è anche quella che accompagna il percorso di Diego Rosa, già determinante nel 2015 per la vittoria di Nibali al Lombardia, e oggi migliore italiano alla Liegi. Non solo per il piazzamento (un decimo posto comunque non disprezzabile), ma anche per la condotta di gara: il piemontese è stato infatti uno dei pochi a lasciare il segno su una delle côte del percorso, per la precisione sul Saint-Nicolas. Ci si aspettava proprio Nibali, a quel punto della corsa, ma l'avvicinamento dello Squalo alla Doyenne non è stato brillantissimo (al Trentino ha sofferto, forse per i grandi carichi di lavoro che si è accollato nel ritiro alle Canarie); sicché è stato proprio Rosa a vestire i panni del capitano di giornata, e bisogna dire che si è disimpegnato bene. A 27 anni dovrebbe ormai aver raggiunto la giusta maturità, peraltro ha anche dimostrato di avere la capacità di venire a capo di gare molto dure (parla per tutte la tappa vinta in fuga al Giro dei Paesi Baschi), e chi lo sa che a fine stagione non possa rifar capolino nei quartieri alti delle ultime classiche dell'anno (compreso proprio il Lombardia).

Marco Grassi

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