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L'intervista: La stagione del riscatto passa per Dubai - Luca Wackermann ha già vinto otto corse nel 2016: «So che posso dire la mia in gruppo»

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Luca Wackermann trionfa nella 3a tappa del Tour de Blida, quinto degli otto successi algerini © Le Tour d'Algerie

A soli 20 anni, dopo aver vinto un Campionato Europeo tra gli Juniores, Luca Wackermann era già stagista con la Lampre e con un incredibile quinto posto alla Tre Valli Varesine si era subito conquistato il passaggio al professionismo: nei due anni successivi con la squadra di Giuseppe Saronni però le cose non sono andate come si sperava, qualche difficoltà di adattamento alla nuova categoria, qualche problema fisico, un po' si sfortuna hanno portato Wackermann a scendere di categoria e a firmare con la Southeast.

Alla corte di Angelo Citracca però le cose non sono migliorate, ancora infortuni, qualche buon piazzamento in Cina ed in Toscana ma a fine stagione, ad appena 23 anni e con una figlia in arrivo, si è trovato nuovamente senza squadra. Come per altri corridori italiani, l'ancora di salvezza è arrivata dall'estero, dalla nuova squadra Al Nasr-Dubai che gli ha dato fiducia e che Wackermann ha subito ripagato a suon di risultati: dal Grand Tour d'Algérie, tre settimane di brevi corse a tappe e gare di un giorno, il corridore milanese ha portato a casa ben otto successi che al momento lo issano al primo posto dei plurivittoriosi in stagione davanti al compagno Adil Barbari con 7 ed a Marcel Kittel e Alexander Kristoff con 6.

È lo stesso Wackermann, che siamo riusciti a contattare a Dubai, a raccontarci le impressioni di questo ottimo inizio di stagione con la nuova squadra.

Come è sorta la trattativa che ti ha portato a correre a Dubai nella Al Nasr?
«È nata all'improvviso: assieme ai miei procuratori Alex e Johnny Carera stavamo aspettando un'altra risposta insieme, ma intorno al 30 dicembre si è presentata questa possibilità e sinceramente dopo un inverno senza certezze e una stagione inizialmente sfortunata, ho preso in considerazione il progetto che mi è stato sottoposto ed ho accettato».

Come ti trovi nel team? Hai problemi con la lingua o con la vita a Dubai?
«In squadra mi trovo bene: adesso sono più di due mesi che vivo a Dubai ed ho potuto riscontrare che nel team tengono molto all'unità del gruppo ed infatti c'è un ottimo ambiente sia tra corridori che con lo staff. È la prima volta che mi trovo in una formazione estera, ma sinceramente non trovo difficoltà con la lingua anzi è stata una buona occasione per poter imparare meglio l'inglese».

Esiste una rivalità con l'altra squadra di Dubai, la SkyDive?
«Sicuramente entrambe rappresentano due club storici qua a Dubai, un po' come la Juventus e il Torino; ad oggi non ci siamo scontrati molto, ma comunque la rivalità in corsa è pari come con qualsiasi altra squadra».

Come compagno di squadra hai Tomas Vaitkus che in carriera ha vinto anche una tappa al Giro. Ti dà qualche consiglio?
«Oltre che un compagno Tomas è un amico, con lui condivido l'appartamento qua a Dubai. Nonostante ancora riesca a dire la sua come buon velocista, lui è una guida sia per me che per la squadra, è un po' come il regista di tutto. Ha tanta esperienza alle spalle ed è bello sentire quando racconta il suo passato accanto a grandi corridori come Armstrong, Contador o Vinokourov».

Hai esordito subito a Dubai e sei andato bene: come è stato trovarsi subito contro tanti squadroni?
«Sinceramente non pensavo di poter essere così competitivo al Dubai Tour, mi ero preparato durante l'inverno ma non con la classica serenità con cui si prepara chi conosce i suoi programmi; è stata dunque una sorpresa, specialmente l'arrivo della terza tappa ad Hatta, dove speravo di far bene, ma non pensavo di star così bene da giocarmela con i grandi della corsa».

In Algeria la Al Nasr ha fatto il bello e cattivo tempo in corsa, vi aspettavate un tale dominio?
«Speravamo di metterci in mostra: per noi ogni corsa è importante, siamo una formazione nuova nata a fine 2015 e quindi dobbiamo farci conoscere. Indubbiamente è stato molto motivante sia per il team che per lo staff vedere questi buoni risultati».

Seppur in corse minori, quanto sono state importanti per te queste vittorie per ritrovare fiducia e morale dopo un periodo difficile?
«Molto a livello di morale, avevo bisogno di capire che ancora posso dire la mia in gruppo e che non sono proprio un corridore senza possibilità. Quando passi un inverno come il mio pensi sempre a cosa hai sbagliato. Sicuramente mi è servito a crescere sia come corridore che come uomo».

Che sensazione è essere - ad oggi - il corridore con il più vittorie stagionali al mondo?
«Non gli do molto peso, me l'hanno fatta notare altre persone questa cosa ma sicuramente non mi dispiace che ad oggi sia così!»

Non è un Giro d'Italia o un Tour de France, ma come impegno numerico le gare in Algeria è come se fossero un Grande Giro di tre settimane. Che esperienza è stata? Alla fine la stanchezza s’è sentita?
«Tre settimane di corsa non sono impossibili; certo, non è il Giro o il Tour, però l'ho affrontato con l'idea di capire come dosare le energie nel caso un domani dovessi partecipare ad un Grande Giro. Di contro avevamo il fatto di essere in Africa quindi, sul finale, la stanchezza era acuita anche da un'alimentazione non completa come quella che si può trovare in Europa. Tutto sommato penso sia andata bene, a parte il virus intestinale (inconveniente classico in certi paesi) che nelle ultime tappe mi ha un po' rallentato».

Quali saranno le tue prossime gare? Ti vedremo correre in Europa quest'anno?
«Con il club stiamo parlando appunto dei programmi, stiamo aspettando alcune risposte anche da organizzatori di corse europee. Certo correre in Europa sarebbe importante sia per la squadra che per me».

Anche se sappiamo bene che è prestissimo, in squadra si parla già di futuro? C'è la possibilità di un salto di categoria ed in caso pensi che restare potrebbe essere una possibilità?
«Il nostro manager Vitor Carvalho sta lavorando molto insieme al club Al Nasr per far sì che la squadra cresca; ad oggi è difficile dire già se dal prossimo anno ci sarà un salto di categoria, ma sicuramente il mondo del ciclismo che conta non resterà ancora molto senza una squadra di origine emiratina. Per quanto riguarda me, ad oggi non escludo niente: loro hanno creduto in me quando altri non l'hanno più ritenuto opportuno quindi se avrò delle offerte più avanti sarò ben lieto di riceverle. Allo stesso tempo terrò sempre in considerazione il fatto che qua mi hanno dato la possibilità di riscattarmi».

Per il ciclismo hai viaggiato praticamente in tutto il mondo: quale paese o corsa ti ha colpito di più?
«Amo le classiche come molti corridori nel gruppo, sicuramente la più affascinate per me è il Giro delle Fiandre, il clima della corsa e il suo percorso la rendono unica».

E in Algeria hai trovato qualcosa di particolare? La qualità dell'organizzazione era paragonabile a quella delle prove europee?
«L'Algeria è stata un esperienza nuova, un modo molto diverso da quello europeo di correre, anche se non sono mancati imprevisti e giornate con freddo, vento e maltempo. Si stanno organizzando molto anche in Africa per sviluppare il ciclismo e sinceramente sono ad un buon livello per essere nuovi nel settore. Ci sono meno rischi in corsa: sarà per il fatto che ci sono meno mezzi nella carovana, sarà per la diversa conformazione delle strade. Gli imprevisti, però, capitano ovunque».

Sebastiano Cipriani

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