Ritorni: Guarda chi si rivede: Mapei fa capolino nel WT - Per il momento solo una partnership tecnica con la Trek di Luca Guercilena. Ma se Squinzi si riappassiona...
Versione stampabileLi vedete nella foto in alto gli alfieri di uno dei più memorabili e odiati successi della Mapei nel ciclismo: Johan Museeuw, Gianluca Bortolami, Andrea Tafi e il loro arrivo in parata, senza battaglia, alla Parigi-Roubaix del 1996. Un modo per disonorare la più bella classica, per i puristi e gli appassionati; un'irripetibile occasione per promuovere il proprio brand, pensò invece Giorgio Squinzi, patron della squadra (e dell'azienda che la sponsorizzava) e mandante di quel memorabile delitto ai danni del pathos e dell'agonismo.
Un episodio che tutti ricordano e che sintetizza perfettamente quel che Mapei rappresentò per il ciclismo degli anni '90. Un sodalizio nato per dominare, e che esercitò tutto il potere di cui potè disporre, forte di un budget che cresceva di pari passo col peso politico della formazione di Squinzi. Erano gli anni della cosiddetta "italian renaissance", i corridori italiani vincevano ovunque e in ogni modo, monopolizzavano ordini d'arrivo prestigiosi e l'intero sistema italico poggiava su un numero spropositato di squadre professionistiche (spropositato se paragonato a oggi, ovviamente).
Storia di un'armata vincente
La Mapei di Squinzi entrò in punta di piedi nel 1993 (subentrando a stagione iniziata alla Eldor), ma già dall'anno successivo, col matrimonio con la Clas di Tony Rominger, rese chiaro a tutti che ambiva a grandi traguardi: in quella squadra c'era appunto Rominger, uno dei principali rivali di sua maestà Miguel Indurain. La formazione si specializzò tuttavia nelle classiche, ingaggiando fior di campioni di ogni nazionalità, e divenendo in breve il faro di tutto il movimento.
Furono anni ruggenti e non privi di polemiche: un po' come aveva fatto nel calcio Berlusconi col Milan, Squinzi tendeva ad accaparrarsi tutti i grossi nomi che poteva, proponendo ingaggi da favola agli atleti di punta, tanto che il budget arrivò a sforare i 10 milioni di euro all'alba degli anni 2000, quando era presente anche una formazione che oggi si chiamerebbe "development team", infarcita di giovanissimi che avrebbero dominato il panorama nel nascente decennio (da Fabian Cancellara a Pippo Pozzato). Se vogliamo, il costosissimo ciclismo del Pro Tour (oggi World Tour) affonda le proprie radici proprio nel lievitamento dei costi imposto da Squinzi a tutto il movimento (per concorrere con la Mapei dovevi spendere).
Nel 2002 l'industriale lombardo - per una serie di motivi - ne ebbe abbastanza e alla fine della stagione chiuse i battenti. L'abbiamo poi ritrovato nel calcio, con la proprietà del Sassuolo, formazione di provincia portata in serie A, categoria in cui sta disputando il suo terzo campionato consecutivo.
Il ritorno di Mapei al ciclismo professionistico
Dal 2002 a oggi il ciclismo è profondamente mutato. Oramai i budget principali superano i 30 milioni annui, cifre enormi se rapportate al pur ricco portafogli dell'ultima Mapei; al contempo, la presenza italiana nel ciclismo di vertice si è ridotta drammaticamente. Se nel 2002 avevamo ancora la bellezza di 13 squadre appartenenti alle prime due categorie UCI (di cui 9 nella prima), oggi i nostri team pro' sono appena 5 (uno nel World Tour e 4 Professional).
Per cui, egoisticamente, saremmo ben contenti di riavere ai nastri di partenza un sodalizio in grado di portare ossigeno e risultati al nostro asfittico ciclismo, che possa offrire delle chance ai corridori italiani, che possa al limite anche innescare un buon effetto volano su altri investitori dello Stivale.
Possibilità che ciò avvenga? Poche. Però: Squinzi non ha mai smesso di essere un appassionato di ciclismo (ancora l'anno scorso curava una rubrica quotidiana sul Giro d'Italia per il Sole 24 Ore); e oggi arriva una notizia che qualche senso di ragno lo allerterà: il centro Mapei Sport (fondato nel 1996 per affinare, divulgare e mettere in pratica metodologie di allenamento avanzate) tornerà a occuparsi di ciclismo professionistico dal 2016. Un primo segnale di riavvicinamento del colosso industriale allo sport che tanto noto rese il suo marchio?
La collaborazione con Trek e le prospettive future
La collaborazione di cui sono stati diffusi oggi i dettagli sarà con la Trek Factory Racing guidata da Luca Guercilena (team manager che iniziò la carriera da direttore sportivo di vertice proprio nella Mapei di Squinzi). Mapei Sport sarà partner della formazione americana in tutto ciò che concerne preparazione, recupero, test, studio dei parametri fisici e biologici dei corridori, allo scopo di migliorare le prestazioni degli uomini guidati appunto da Guercilena.
Dal canto suo, anche Squinzi - insieme alle dichiarazioni di prammatica, grondanti fiducia reciproca e grande motivazione a lavorare insieme sia da parte dei rappresentanti del centro di ricerca sportiva che di quelli del team - non ha voluto far mancare alcune annotazioni che suonano un po' romantiche: «Sono molto emozionato per il fatto che Mapei Sport torni nel ciclismo professionistico, e sono felice di riallacciare un'antica amicizia con Fabian Cancellara, atleta eccezionale che mosse i primi passi proprio nella mia squadra. Tornare a lavorare insieme sarà come un sogno». E chissà che, sognando sognando, non torni all'attuale presidente di Confindustria la voglia di togliersi per intero questo sfizio, e di ricollocare un po' di investimenti dal calcio al ciclismo: in fondo, perché no?