World Cycling: Se l'Olanda diventa la terra promessa - Marco Zanotti ci racconta la sua esperienza nella Parkhotel Valkenburg: calendario fitto e tante soddisfazioni
Versione stampabileSuperata la metà del mese di novembre quasi tutte le formazioni più importanti hanno ormai definito il proprio organico per la stagione successiva e quei corridori che arrivati a questo punto si trovano ancora senza certezze per il futuro vedono inevitabilmente ridursi le possibilità di restare in gruppo. Per chi ha alle spalle uno sponsor personale che possa pagargli lo stipendio non è mai troppo tardi per trovare un posto, altri invece pur di continuare sono costretti ad accettare offerte al minimo contrattuale (o anche meno a volte) ma c'è anche chi ha deciso di mettersi in gioco e di tentare un'avventura in una piccola squadra straniera: tra quest'ultimi c'è Marco Zanotti, 27enne bresciano di Manerba del Garda che da due stagioni gareggia con gli olandesi della Parkhotel Valkenburg Continental Team.
Atleta dotato di un ottimo spunto veloce, Zanotti in Olanda ha potuto mettere in mostra le proprie qualità con continuità: più che le tre vittorie internazionali (una nel 2014 in Romania, nel 2015 una in Belgio e una in Cina) a fare impressione è l'infinita sfilza di piazzamenti tra i primi 10, più di 50 in due anni dividendosi anche lui tra l'Europa e l'Asia. Ed è proprio di ritorno dalla Cina, dove ha terminato la sua stagione, che Marco ci racconta la sua esperienza.
La stagione ormai è finita, ad occhio si direbbe un bilancio positivo...
«Sì, la stagione su strada per me è finita: e devo dire che nel complesso sono molto soddisfatto, è stato un anno lungo perché ho fatto un'ottantina di giorni di gara. Con il fatto che sono veloce sono riuscito ad essere sempre presente negli ordini d'arrivo, è andato tutto bene. Quest'inverno potrei fare ancora una Sei Giorni in Pista, forse quella di Rotterdam tra circa un mese e mezzo».
L'Olanda è una patria del ciclismo, ma è insolito trovarci corridori italiani: tu come sei arrivato alla Parkhotel?
«Un po' è grazie alla pista che mi aveva permesso di conoscere il loro team manager. Poi a fine 2013 mi sono ritrovato senza squadra ed in Italia purtroppo lo spazio è sempre meno: alcune squadre ingaggiano solo corridori che portano lo sponsor, allora io mi sono guardato un po' intorno e ho provato a parlare con i contatti che avevo ed è nata quindi la possibilità di correre in Olanda. Siamo "solo" una Continental, ma per il calendario e per altri aspetti è come se fossimo una Professional: io mi trovo benissimo qui».
Correre per un team straniero significa che devi passare lunghi periodi lontano da casa, come siete organizzati lì in Olanda?
«La squadra mette a disposizione di noi atleti una casa dove possiamo vivere quando siamo in Olanda: il posto è bello, siamo vicini a Valkenburg e qui il ciclismo è praticamente una religione. Per gran parte del tempo io vivo lì in Olanda anche perché nella zona le corse non mancano mai e non restiamo mai fermi troppo a lungo: però se ho dieci o quindici giorni senza gare magari ne approfitto per tornare un po' a casa in Italia».
Con la lingua come te la cavi?
«Con i miei compagni e con lo staff uso l'inglese, lo parlo e lo capisco bene quindi riusciamo a comunicare. Magari qualche problema posso averlo quando siamo in casa, ad esempio a tavola tutti assieme che mangiamo, perché gli olandesi ovviamente parlano olandese tra di loro e io resto un po' fuori perché non capisco: però è normale, spesso ci coinvolgiamo a vicenda, ci troviamo bene e poi ora è arrivato in squadra un altro italiano, Graziato, che mi fa compagnia».
C'è qualche compagno con lui hai legato di più?
«Tra gli olandesi sicuramente Jasper Ockeloen, spesso viene qui da me in Italia ad allenarsi anche perché lui è scalatore ed in Olanda di salite vere non ne ha. Nell'ultimo anno è migliorato tantissimo: ha appena fatto terzo al Tour of Fuzhou in Cina, ma quest'anno ha fatto anche secondo al Tour de Azerbaidjan e secondo pure alla Flèche du Sud in Lussemburgo. Quando ci alleniamo assieme non fa neanche in tempo a tirarmi il collo: appena troviamo una salita lui parte e non lo vedo più!»
Parliamo un po' di gare: di Belgio e Olanda conosciamo le grandi classiche, com'è tutto il contorno?
«È veramente un altro mondo, correre lassù è fantastico anche perché come ho detto non si sta mai fermi troppo a lungo, è un calendario molto fitto e ogni settimana c'è sempre qualche gara da fare. Il livello poi è molto alto perché anche nelle gare 1.2 ti trovi contro le squadre Professional che vanno forte. Poi anche quando arriviamo in volata, non vuol dire che i percorsi siano facili: un po' di pavé e qualche strappo trovano sempre il modo per mettercelo, e spesso ci sono vento e pioggia a rendere il tutto più difficile. Inoltre, soprattutto in Belgio, il martedì o il giovedì ci sono quelle che chiamano ProKermesse, delle gare che non sono nel calendario UCI ma in cui a volte puoi trovare alla partenza 200 corridori tra World Tour, Professional, Continental e Dilettanti: molti le sostituiscono direttamente agli allenamenti, sono circuiti di circa 15 chilometri da ripetere una decina di volte e si va comunque forte perché magari trovi al via gente come Boonen, Gilbert o Van Avermaet e tutti gli altri vogliono fare bella figura. Poi visto che in Belgio poche volte trovi belle giornate, sei più motivato se sai che c'è da fare una gara, seppur poco importante, rispetto al pensiero di dover fare un allenamento al freddo».
E il pubblico vi dà una marcia in più?
«Ah sicuro, sono incredibili: ho visto certe kermesse con una folla che sembrava quella di una tappa di montagna del Giro d'Italia. In Belgio ed in Olanda sono veramente pazzi per il ciclismo, da marzo ad ottobre fanno una o due gare ogni settimana e c'è sempre pieno di gente: lo stesso quando c'è il ciclocross o una gara su pista. In Italia mi è capitata qualche corsa, anche quelle di grande tradizione, dove all'arrivo ci sarà stata una decina di persone e basta».
Nella tua carriera, anche prima di arrivare alla Parkhotel, hai corso un po' ovunque: c'è qualche gara che ti è rimasta impressa?
«Quest'anno ho fatto per la prima volta la Volta a Portugal e come paesaggi e percorsi l'ho trovata molto spettacolare: è una corsa poco adatta ad un velocista come me, ci sono molte salite, per le squadre di casa è l'obiettivo di tutta la stagione e quindi vanno tutti come dei matti. La Cina invece se devi rimanerci a correre poco va bene, ma se ci resti a lungo è un po' pesante».
Nei primi due anni da professionista hai fatto anche la Vuelta a Colombia, che corsa è?
«Durissima! Laggiù fanno salite interminabili e con gli scalatori che hanno sono dolori per noi velocisti: il primo anno ci sono andato da neoprofessionista ed ero anche riuscito a vincere due tappe, l'anno dopo ci sono tornato ma c'erano ancora più salite e aveva fatto sparire tutti gli le tappe adatte a noi».
Ad un corridore che resta senza contratto, consiglieresti quindi di provare un'esperienza come la tua in una squadra straniera?
«Senza alcun dubbio! Per chi è abituato all'Italia magari all'inizio può essere un po' difficile ma io mi trovo benissimo: oltre alle questioni legate a sponsor e contratti, in Italia le squadre sono sempre meno, i professionisti pure e anche le corse continuano a sparire. Mi ricordo che l'ultimo anno che ho corso con Bordonali ho fatto una trentina di gare in tutta la stagione, ma solo la Vuelta a Colombia erano 14 giorni, metà del mio calendario: se corri poco ti trovi sempre a dover inseguire la condizione e non hai molte opportunità per metterti in mostra. Dove sono adesso invece posso lavorare con continuità, è più facile trovare la forma giusta e si riesce così a restare costanti a buon livello per tutto l'anno».
Insomma, l'Olanda ti ha conquistato. Resti lì anche l'anno prossimo?
«Sì, anche nel 2016 correrò alla Parkhotel Valkenburg: io sto bene, la squadra è soddisfatta, perché non continuare? Probabilmente inizierò la stagione con il Tour de Taiwan, nel 2014 ero riuscito a piazzarmi terzo in classifica generale e quindi punterò a fare bene, anche perché avremo uno sponsor di Taiwan e tutta la squadra sarà molto motivata: so che hanno tolto l'arrivo in salita, quindi il percorso dovrebbe essere più adatto a me. Poi il calendario sarà abbastanza simile a quello di quest'anno, forse farò qualche gara in Francia».
C'è qualche corsa che speri in futuro di poter fare?
«Da italiano il mio sogno è di riuscire a trovare almeno un anno una squadra che mi permetta di fare il Giro d'Italia ma so che non sarà semplice. Non mi dispiacerebbe provare anche qualche bella classica in Belgio, ma anche lì ci sono tante World Tour al via e non è facile per una Continental, devi essere pronto perché magari ti chiamano all'ultimo minuto: in squadra s'era parlato di diventare Professional nei prossimi anni, sicuramente non nel 2016, ma in futuro potrebbe essere un'opzione perché in Olanda c'è ancora chi crede ed investe nel ciclismo».