Vuelta a España 2015: Froome e Quintana, un giorno da cestinare - I duellanti del Tour tra crisi e minuti sul groppone
Francia. Parigi, Champs-Élysées. Ore 20.30 di domenica 26 luglio. Dalla sinistra alla destra dello schermo Nairo Quintana, Chris Froome e Alejandro Valverde. Suona "God save the Queen", sventolano sulla Ville Lumière le bandiere di Regno Unito, Colombia e Spagna. Tutti felici, tutti contenti.
Andorra. Cortals d'Encamp. Ora 18.30 di martedì 2 settembre. Il cronometro parte non appena il vincitore Mikel Landa taglia la linea del traguardo. 1'22" dopo passa Aru, a 1'40" Boswell, a seguire sfilano Moreno, Rodríguez, Majka, Nieve, Chaves, Dumoulin, Rosa, Oliveira. Quindi è la volta di Valverde, che passa dodicesimo a 3'04". Altri 2'15" e taglia il traguardo Quintana. Froome, invece, termina la propria giornataccia al trentaduesimo posto, distante 8'41" dal vincitore.
850 km a sud e 38 giorni dopo, cambia il mondo. Vuoi per sfortune, per disattenzioni o semplicemente per condizioni deficitarie rispetto agli altri presenti, la metà Vuelta che manca potrebbe non ospitare sul podio madrileno Alejandro Valverde. Difficilmente vedrà salire Nairo Quintana. Sicuramente non ci sarà Chris Froome.
Froome, colpa e sfortuna in egual misura?
Si mette da subito male la tappa per Chris Froome. Il keniano bianco cade da solo dopo pochi km dal via, andando ad urtare uno spartitraffico in legno in uno dei pochi momenti semplici della tappa. Sfortuna, si potrebbe pensare. Sfortuna sì, si potrebbe rispondere, ma fino ad un certo punto. Froome vanta nel suo curriculum altre scivolate e cadute autoprovocate, come le tre in due frazioni del Tour 2014, che lo costrinsero ad alzare bandiera bianca sulle velleità di doppietta della Grande Boucle.
Un mese prima altra scivolata, sempre per colpe proprie, al Critérium du Dauphiné, anche se le attenuanti di una curva insidiosa (nella quale, comunque, cadde solo lui) possono essere valutate. Neppure il 2015 è immacolato da questo punto di vista: doppia caduta alla Freccia Vallone, in una gara comunque non considerata come obiettivo dal britannico. Volendo andare indietro nel tempo, quando era ancora uno sconosciuto al grande pubblico, cadde nel prologo del Giro di Romandia 2010, uno dei sei scivolati nell'insidiosa curva finale.
Tornando ad oggi, la caduta avviene dopo poche pedalate proprio in prossimità dell'inizio della prima delle sei salite di giornata. Davanti iniziano i primi scatti per andare in fuga e la testa del gruppo mantiene comunque un'andatura decente. Il capitano del Team Sky si trova ad inseguire, prima con l'aiuto di Vasil Kiryienka e Christian Knees, e poi da solo; è in questo momento che Froomy, come un toscanaccio verace in ricordo dei vecchi tempi di Quarrata, perde le staffe contro una moto della tv spagnola, rea di aver rischiato di buttarlo a terra (e qui Froome ha la ragione dalla sua, date la sequela di disastri che si stanno succedendo a questa Vuelta), imprecando in mondovisione in un italiano perfetto ma non di certo forbito.
L'inseguimento termina positivamente ai piedi della seconda salita, quando Froome e i suoi gregari rientrano nel gruppo; da qui una parte di corsa anestetizzata dal Team Sky, conscia delle condizioni non ottimali del proprio leader. Spazio quindi a Christian Knees in testa al plotone, con somma gioia dei fuggitivi, che vedono aumentare il loro margine. Lo stesso scenario pare immutabile anche sulla Collada de la Gallina, la quarta e più impegnativa salita di giornata.
A sparigliare il piano si intromette l'Astana, che mette l'infaticabile Dario Cataldo a tirare in testa al gruppo; in un baleno il ritmo si alza e Froome, immediatamente, si stacca. Si percepisce subito che il britannico non ne abbia, minato dalla caduta, e che questa non sia una delle sue azioni di conserva con gli occhi fissi sul computerino, attento a dosare le pedalate. No, Chris non ne ha. Non riesce a tenere la ruota di Vasil Kiryienka e Geraint Thomas, che si fermano ad aspettarlo. Così come salta Nicolas Roche, quarto alla partenza ma che oggi paga 14'25" dal vincitore.
Froome arranca, soffre, si avvicina prima all'automedica e poi all'ammiraglia. Sembra volersi ritirare. Ma non lo fa: rimane in sella, affrontando la pericolosa discesa e i 40 km che restano per porre fine ad una giornata da tregenda. Si difende bene, molto bene; nella scalata finale perde soli 2' da un Aru arrembante. Non appena passata la linea bianca, i problemi tornano a galla, ancor più pressanti: non riesce ad appoggiare al suolo la gamba malandata, dovendo farsi sorreggere dallo staff del team britannico.
In serata è sottoposto ad esami radiografici per capire se ci sia qualcosa di rotto. Che parta o che non parta, Chris Froome merita un applauso per aver concluso la frazione in condizioni simili. Anche quest'anno, nel suo quarto tentativo, il trentenne non riuscirà a portarsi a casa la vittoria della Vuelta. E chissà se, in un futuro prossimo, ci saranno ulteriori tentativi, oppure l'anima tourcentrica della squadra avrà, definitivamente, la meglio. Ora il Team Sky, presentatosi in pompa magna al via andaluso, rimane con il solo Mikel Nieve come aspirante uomo per la classifica: il basco è ottavo, non troppo distante dalla vetta (1'58"). La sensazione è che Rigoberto Urán, secondo al Giro 2013, rimarrà ancora l'unico non britannico ad esser salito sul podio di una grande corsa a tappe con la maglia del Team Sky. In attesa di Mikel Landa, magari.
Movistar, giornata no che rischia di far saltare i sogni di gloria
Ci puntava molto, la Movistar, a questa Vuelta. Non solo perché è la corsa di casa di una formazione protagonista da trentacinque anni del ciclismo mondiale. Quanto piuttosto perché uno dei crucci degli ultimi anni, ossia vedere Alejandro Valverde sul podio parigino, era stato finalmente messo da parte. Il murciano, reduce dall'ennesima stagione fantastica da gennaio in poi, pareva pronto a supportare Nairo Quintana nel tentativo di battere, finalmente, Chris Froome in un grande giro. Senza ventagli, pavé e con un percorso montagnoso, pareva la volta buona per il colombiano. Probabilmente lo batterà, Froome, ma difficilmente la ricompensa sarà la vittoria finale.
Mandare in fuga un uomo come Imanol Erviti, fedelissimo gregario di Valverde, era un modo per mettere sull'attenti i rivali. Attaccare nella difficile discesa della Collada de la Gallina assieme al padrone di casa Rodríguez e al di lui fidato scudiero Moreno, anche. Pareva, insomma, che la Movistar avesse la forza di fare un'azione capace di ribaltare la Vuelta, costringendo l'isolato leader Dumoulin a sobbarcarsi il lavoro, assieme ai rivali dell'Astana, e al contempo lasciare tranquillo capitan Quintana.
La trama perfetta si è però infranta, prima sul lavoro eccelso dell'Astana e poi per la condizione dei due capitani: come annunciato in mattinata, Quintana si era svegliato con qualche linea di febbre, una situazione non certo ideale per affrontare sei ascese pirenaiche. Nel corso della giornata la situazione pareva migliorata, con il colpo di pedale del boyacense decisamente simile a quello dei giorni belli. Ma l'attacco di Aru ai meno 7.5 km cambia tutto: Quintana prova a rimanere attaccato, ma deve alzare bandiera bianca. Valverde neppure ci prova, rimanendo a ruota della maglia rossa.
È un segnale chiaro: oggi i due Movistar sono in giornata no, incapaci anche di tenere le ruote anche del trio Chaves, Dumoulin e Rosa. Quintana pare proprio cotto, e infatti nel dopotappa rivela di aver pensato al ritiro. Valverde riesce a limitare i danni, salendo di esperienza. Il distacco che li separa dal nuovo leader della generale non è abissale, essendo di 1'52" per il murciano e di 3'07" per il colombiano. La tendenza, però, non gioca a favore dei due gringos latini: la lunga crono di Burgos, terreno perfetto per l'arrembante Dumoulin, non è roba per loro. I prossimi due giorni, che prevedono altrettante frazioni altimetricamente agevoli, potranno permettere loro di recuperare. Sperando di non vivere un'altra giornataccia come quella di oggi.