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Giro d'Italia 2015: Kruijswijk, un vero leone - Amador stupisce ancora. Trofimov tenace, Hesjedal gagliardo | Cicloweb

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Giro d'Italia 2015: Kruijswijk, un vero leone - Amador stupisce ancora. Trofimov tenace, Hesjedal gagliardo

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Steven Kruijswijk in testa al trenino con Contador e Landa sul Mortirolo © Bettiniphoto

Landa e Contador sono, ormai possiamo dirlo, i due nomi forti del Giro d'Italia. Fabio Aru è ancora sul podio della classifica generale ma le sue quotazioni sono in ribasso; se non riuscirà a rimettersi in forma per il trittico Verbania-Cervinia-Sestriere il sardo dovrà fare parecchia attenzione da chi oggi l'ha sopravanzato sulla linea d'arrivo e che ha mostrato una gran gamba in questa tappa complicatissima.

 

Amador, el tico che nunca afloja
Al Tour de France 2011 terminò al 164° posto su 165 arrivati, con il solo Fabio Sabatini alle sue spalle; nella prima tappa una rovinosa caduta quasi lo costrinse ad alzare bandiera bianca. Il suo distacco da Alberto Contador, poi squalificato ex post, fu di oltre tre ore e cinquanta minuti. Ora tra l'iberico e il soggetto di questo paragrafo ci sono solamente 5'48". Stiamo parlando di Andrey Amador, corridore che rappresenta una nazione, il Costa Rica, che vanta una buona tradizione nel mondo del ciclismo a livello regionale. Ma senza nomi di livello, se si eccettua José Adrián Bonilla, visto a metà anni 2000 con la casacca della Comunidad Valenciana. E ora, nel primo Stato al mondo ad aver rinunciato ad un esercito (correva l'anno 1949), la febbre del ciclismo sta attecchendo sempre più grazie a questo ragazzo di ventotto anni che sta monopolizzando le prime pagine dei giornali nazionali, sportivi e non.

Di madre russa - da qui il poco consueto secondo cognome, Bikkazakova - e di padre costarricense, Amador vanta una sola vittoria tra i professionisti, conquistata al Giro d'Italia 2012 a Cervinia (sede d'arrivo che tornerà ad essere protagonista venerdì). Da quel momento, tanto gregariato in favore di Quintana e Valverde con poche possibilità per sé, se si escludono le brevi corse a tappe e le classiche del Nord, dove si è ben comportato in numerose occasioni. Sintomo di poliedricità, lui che è anche un discreto cronoman e che vanta un passato a livello giovanile nella mountainbike (mettetela via questa, tornerà utile).

In questo Giro "el tico", diminutivo che vale per tutti i costarricensi, sta impressionando giorno dopo giorno, mostrando una regolarità non pronosticabile ad inizio corsa, in parte favorito, va detto, da una Movistar garibaldina e senza un leader designato. Questo il suo score, nelle tappe che più contano: 16° a La Spezia, 12° sull'Abetone, 13° a Campitello Matese, 17° a San Giorgio del Sannio, 15° a Valdobbiadene, 6° a Madonna di Campiglio e quindi 5° oggi ad Aprica. Un crescendo che ha mostrato anche nell'ascesa del Mortirolo; staccatosi rapidamente dopo l'aumento del ritmo operato da Landa, Amador sale regolare del suo passo e recupera ad uno ad uno chi fatica. Si parte da Geniez e Caruso, si prosegue con König e si finisce con Aru.

Allo scollinamento il suo distacco dalla vetta è di circa 1'50" e nella discesa si mette alla ruota della maglia bianca, dandogli qualche cambio nei tratti più di scorrimento. A fondovalle il sardo ha un problema meccanico ed è costretto a fermarsi; il corridore della Movistar - di cui è alfiere sin dal debutto tra i professionisti del 2009, mentre nel biennio precedente era controllato da Unzué nella squadra dilettantistica Lizarte - aumenta il suo incedere, andando a recuperare prima Hesjedal e poi Trofimov, impedendo al contempo il rientro di Aru. Nel lungo tratto in salita e falsopiano che porta ad Aprica guida quasi in solitaria il terzetto, mantenendo un distacco accettabile da chi lo precede. Nel finale riesce anche a rosicchiare qualcosa sulla coppia Contador-Kruijwsijk, tagliando il traguardo a 1'25" dai due e a 2'03" dal vincitore.

Ora la generale lo vede al quarto posto, e le prime due posizioni paiono in ghiaccio; il terzo posto di Aru ora dista meno di un minuto, 56" per la precisione. L'occasione della vita è alla sua portata. Per far esplodere definitivamente la afición costarricense, in un ipotetico scambio di consegne rispetto all'impresa della nazionale di calcio allo scorso mondiale. Anche loro partivano da vittime sacrificali contro tre presunti colossi come Inghilterra, Italia e Uruguay. Alla fine la festa non è stata a Londra, Roma o Montevideo, ma a San José.

 

Trofimov, un regolarista di successo
L'Udmurtia è una piccola repubblica autonoma della Federazione russa situata a ovest degli Urali la cui capitale Izevsk dista poco più di 1000 km da Mosca. È una terra ricca di miniere di carbone, di foreste e di ciclisti di alto livello. Da qui provengono infatti il vincitore del Giro 1997 Pavel Tonkov, la vincitrice del Giro Donne 2002 Svetlana Bubnekova e altri corridori in attività come Maxim Belkov, Alexander Porsev e Andrei Solomennikov. E, last but not least, Yuri Trofimov. Che, a trentun'anni suonati, sta vivendo la migliore stagione della propria carriera, con una costanza di rendimento tra Volta Algarve (25°), Paris-Nice (27°) Volta Catalunya (19°) e Tour de Romandie (13°) che ha portato ad una crescita progressiva fino al Giro d'Italia, suo obiettivo stagionale.

La regolarità è stata una sua dote anche negli anni passati cosa che comunque non gli ha impedito di togliersi qualche soddisfazione: sono infatti cinque i successi in carriera, quattro dei quali nella stagione di debutto tra i grandi, il 2008 (tappa e classifica all'Étoile de Bessèges, tappa al Pais Vasco e al Delfinato). L'ultimo è stato conquistato nel 2014 nella prova francese di preparazione al Tour, quando seppe staccare i compagni di fuga nel Col de Manse prima del tradizionale arrivo a Gap. E la Francia occupa un posto importante nella sua carriera dato che, prima di entrare a far parte nel 2011 della Katusha, ha corso per tre stagioni con la Bouygues Télécom di Jean-Réné Bernaudeau che gli ha permesso di crescere in maniera più progressiva e senza grossi patemi rispetto ad altri connazionali.

Nel Giro edizione 2015 sembra giunta l'occasione di cogliere i frutti di tanto lavoro: dopo qualche intoppo di troppo a Campitello Matese e nonostante una cronometro negativa (a 4'05" da Contador), il russo ha saputo emergere prepotentemente a Madonna di Campiglio, unico capace di rimanere con Aru, Contador e Landa, andando vicino al successo parziale sfruttando i bisticci fra i tre rivali. E oggi ha saputo ripetersi, rimanendo a lungo con Aru, Kruijswijk e Landa prima di staccarsi per salire col proprio ritmo. Scelta saggia perché, pur superato da Contador e ripreso da Hesjedal, ha raggiunto e superato Aru, scollinando a 55".

Nella discesa Trofimov ha fatto valere le doti di biker (e due..), lui che nel 2005 vinse proprio nella Provincia di Sondrio, a Livigno, l'oro mondiale nella mountainbike, categoria under 23, precedendo tre nomi di livello come Lukas Flückinger, Nino Schurter e Jakob Fulgsang. Man mano che la strada scendeva il suo vantaggio seguiva lo stesso andamento, arrivando a toccare soli 25" di distacco dai tre di testa. Sua la palma di miglior discesista di giornata, pur non arrivando a ripetere il capolavoro messo in atto da David Arroyo nel 2010. Anche allora Trofimov fu al Giro, ma in quella tappa si dovette accontentare del 52° posto a 23'08" dal vincitore Scarponi.

Dopo le scorribande Trofimov ha però tirato il freno, preferendo aspettare il rientro di Amador e Hesjedal, avvenuto nelle prime e insidiose rampe della salita che porta ad Aprica. Nel tratto successivo non ha collaborato con Amador, delegando buona parte del lavoro al rivale, andando però a precederlo sul traguardo. Ora in classifica è quinto a 8'27" dal probabile vincitore finale Contador; il podio dista invece 3'35", probabilmente troppo. In ogni caso, a meno di imprevisti, Trofimov migliorerà il tredicesimo posto finale conquistato sempre al Giro, questa volta nel 2013.

 

Kruijswijk, un talento ritrovato
Correva l'anno 2011 e Steven Kruijswijk era un giovane olandese di belle speranze al suo secondo Giro d'Italia; nel 2010, anno del debutto, aveva conquistato un più che onorevole 18° posto finale anche grazie alla presenza nella storica maxifuga de L'Aquila. Dicevamo, anno domini 2011 e seconda esperienza sullo stivale per lo scalatore dell'allora Rabobank. Escludendo l'Etna riesce a piazzarsi tra i primi della classifica sul Grossglockner, sullo Zoncolan e nella terribile tappa di Gardeccia, andando addirittura in crescendo nelle ultime due tappe di salita a Macugnaga (5°) e a Sestriere (7°). Per lui ottavo posto finale complice la squalifica di Contador e secondo miglior giovane alle spalle del solo Kreuziger.

Quando sembrava pronto in casa orange il terzo talento per le montagne dopo Gesink e Mollema, per il nativo di Nuenen - paese che ha ospitato per due anni Vincent Van Gogh - sono iniziati i problemi, culminati nel 2013 con un'operazione a fine stagione all'arteria femorale. Torna al Giro nel 2014 ma è vittima assieme a molti altri colleghi della caduta di Cassino; per lui frattura di una spalla e gara finita. Nei primi mesi del 2015 non lo si nota se non per qualche azione da lontano e, alla partenza di Sanremo, non viene dato tra i protagonisti della corsa, lui capitano di una formazione, il Team Lotto.Nl-Jumbo, particolarmente dimesso a livello di selezione.

Ma la strada non mente e lo vede capace di numerose azioni da lontano, compreso un secondo posto a San Giorgio del Sannio. Il suo Giro cambia però inaspettatamente a Valdobbiadene, con la cronometro che lo vede protagonista inatteso grazie ad un quinto posto. Risultato che ripete a Madonna di Campiglio, dimostrando di avere una gran gamba. Il suo è però un crescendo rossiniano, con la frazione odierna che lo riporta su in classifica, lui che era uscito già in quel di La Spezia.

Sul Mortirolo è l'unico a stare con i due Astana e anzi allunga, una volta che rientra Contador; quando il campione di Pinto accelera e provoca il distacco del sardo, Kruijswijk riesce a stare con il capitano della Tinkoff-Saxo e con il rimontante Landa. Assieme a loro affronta la terribile salita, scollinando in vetta per primo. In discesa Contador preferisce impostare autonomamente le curve ma la collaborazione fra i due prosegue dal tratto che riporta verso Aprica, con un ritmo mantenuto costante per continuare a guadagnare secondi sui chi insegue.

I segnali, verbali e non, danno l'impressione che esista un patto tra i due con la meritata tappa per l'olandese e l'ennesima gloria per lo spagnolo; a rompere le uova nel paniere c'è Landa, che decide di attaccare e di salutare la compagnia. La coppia continua di comune accordo sino all'arrivo, con il ventisettenne che taglia il traguardo in seconda posizione che gli permette di conquistare la vetta della classifica dei gran premi della montagna. Nel dopotappa Contador gli riserva parole al miele, indicandolo come vincitore morale di giornata. E nessuno come lui si merita in effetti una tappa in ciò che rimane del Giro, perché è ormai troppo distante per sognare di salire sul podio. Questo è però il miglior Kruijswijk mai visto e, come dichiarato a bocce ferme, sente di avere una gran gamba. Finalmente.

 

Hesjedal, splendido cavallo pazzo
Nella (lunga) lista dei corridori bizzarri il nome di Ryder Hesjedal è certamente in buona posizione. Il canadese ha dato anche oggi dimostrazione dell'anarchia tattica che gli è solita, mostrata a lunghi tratti nel corso della sua carriera, con l'eccezione del 2012, anno in cui vinse tra la sorpresa generale il Giro d'Italia. Il trentaquattrenne ha attaccato sin da Campo Carlo Magno assieme ad altri otto (poi diventati dieci) rivali; ritenuto troppo esiguo il margine sul gruppo ha salutato tutti sul primo passaggio ad Aprica, iniziando una cavalcata che continua con l'insidiosa discesa e prosegue fino al tratto in pianura che porta a Mazzo.

Alle sue spalle succede che Contador fora e il gruppo si frantuma in più tronconi, con Katusha e Astana interessate a distanziare la maglia rosa; a farne le spese è anche lo stesso Hesjedal che viene ripreso prima dell'inizio del Mortirolo. Il nordamericano è un cagnaccio e riesce a restare coi migliori quando le pendenze diventano sempre più arcigne, al contrario di altri ben più freschi. La sua tigna gli permette di perdere contatto ma di non crollare; riuscendo a salire del proprio passo rientra su Aru prima e su Trofimov poi, scollinando con il leader della formazione russa.

In discesa però Hesjedal non riesce a tenere le ruote del russo, nonostante sia stato specialista della mountainbike (e tre...) prima di intraprendere la carriera su strada, vantando anche una vittoria in Coppa del Mondo e un argento mondiale élite nell'edizione di Lugano 2003. Una volta in falsopiano viene raggiunto da Amador e con lui riprende Trofimov; svuotato di energie, non riesce a dare una mano ai due e perde qualche secondo nel finale.

Il sesto posto di tappa gli permette di rientrare al decimo posto della generale, a un solo secondo dal francese Geniez. Anche lui si merita una vittoria parziale come ricompensa delle tante emozioni che sa dare con i suoi attacchi; azzardati, senza senso, sbagliati quanto volete. Ma Ryder Hesjedal è uno che, prima di mollare, dà tutto sé stesso. Ed è per questo che viene amato da compagni, rivali, addetti ai lavori e appassionati.

Alberto Vigonesi

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