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Il mio Giro - di Paolo Viberti: Sulle orme dei Campionissimi - Contador tenta l'accoppiata Giro-Tour: un Pistolero dopo un Pirata?

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Paolo Viberti, classe 1956, 35 anni a Tuttosport, un palmarès visivo ed emotivo di nove Olimpiadi, 28 Giri d'Italia, 8 Tour de France, innumerevoli Mondiali o Europei di ciclismo, basket, sci, fondo, slittino, baseball... Innamorato della bici, ha scalato da solo tutte le vette di Giro e Tour. Ha scritto quattro libri per la Sei: L'Ultimo Avversario, Coppi Segreto, Storia delle Olimpiadi e Storia delle Olimpiadi invernali. Si è visto riconoscere i seguenti attestati: - Premio Coni Ussi 2013 per la "stampa scritta-cronaca e tecnica" - Premio Coni per la saggistica 2012 per il libro "Storia delle Olimpiadi, gli ultimi immortali" - Premio Coni-Primo Nebiolo 2012, Regione Piemonte, quale miglior giornalista - Premio Fisi-Coni, premio Sala Stampa 2004 quale protagonista del giornalismo degli sport invernali. Oggi è freelance, ha adottato un cane da un canile e ha iniziato la seconda parte della sua vita, quella della testimonianza.

 

 

SANTO STEFANO AL MARE. Di campioni ne ho visti tanti, in 36 anni di giornalismo inseguendo le emozioni forti che soltanto il ciclismo sa dare! Uno che mi è rimasto nel cuore è Alberto Contador, rivisto oggi con immenso piacere all'ora di pranzo, presso un confortevole hotel di Santo Stefano al Mare. Di ciò che ha vinto e di quello che (ingiustamente) è stato tolto a questo ragazzo madrileno di Pinto si sa tutto o quasi. Pochi, invece, si ricordano che Il Pistolero ha vissuto sulla propria pelle dolore e dramma per aver rischiato di morire nel 2004 in seguito a un aneurisma cerebrale e vivendo fianco a fianco di un fratello disabile che necessita di cure continue.

Nonostante questo, Alberto non è soltanto un campione del pedale, ma uno sportivo che sa sorridere. Contador è il sorriso, la disponibilità, l'impegno, la dedizione... In Italia è amatissimo proprio per questo. E se è vero che i nostri appassionati tifano per Fabio Aru, ci mancherebbe, è altrettanto innegabile che - se non fosse il sardo a vincere il Giro d'Italia che scatta domani con la cronosquadre sulla pista ciclabile da San Lorenzo a Sanremo - sarebbero in molti a schierarsi dalla parte del madrileno della Tinkoff. «Alla fine dell'ultimo allenamento - mi ha detto oggi Alberto - ero a fianco del mio compagno Boaro quando un tifoso italiano mi ha avvicinato, ha stretto i pugni in segno di incitamento e poi mi ha detto "Distruggili tutti, i tuoi avversari!". Sono incredibili, i supporter italiani. Grazie, grazie, grazie!».

 

Anche stavolta, Contador ha ribadito di voler puntare all'accoppiata che consegna alla storia: trionfare in questo Giro per poi bissare il mese successivo al Tour de France. Sono 17 anni che nessuno riesce nell'impresa: l'ultimo fu Marco Pantani nel '98, proprio l'idolo del giovanissimo Alberto che allora doveva ancora compiere sedici anni.

Già, l'accoppiata, un obiettivo che nel ciclismo di oggi appare quasi anacronistico, tanta è la specializzazione di uno sport che costringe i suoi protagonisti a focalizzarsi su una e una soltanto delle tre grandi corse a tappe, ben sapendo quanto sia improbo anche soltanto il pensiero di puntare al Tour dopo aver vinto una corsa massacrante come il Giro. È la storia stessa a insegnarlo.

 

Il primo a vincere sia la maglia rosa che quella gialla - ma non nella stessa stagione - fu Gino Bartali, che avrebbe senza dubbio centrato la doppietta nel 1937, se dopo aver dominato il Giro non fosse caduto in un torrente dalle acque gelate al Tour, ritirandosi e lasciando la vittoria a Roger Lapebie, che di certo non lo valeva. E l'accoppiata sarebbe stata alla portata del fiorentino anche l'anno seguente, quando Gino trionfò in Francia dopo essere stato costretto dal regime fascista a disertare la Corsa Rosa proprio per concentrarsi sulla Grande Boucle e dimostrare che l'Italia delle camicie nere sapeva farsi valere all'estero.

 

Fausto Coppi e Gino Bartali nel 1949, anno della prima accoppiata Giro-Tour per il Campionissimo © flickr.com

 

E se Gino venne beffato in due occasioni, il suo eterno rivale Fausto Coppi fu il primo della storia a centrare l'impresa. E addirittura in due occasioni! Nel 1949 conquistò dapprima il Giro della celebre Cuneo-Pinerolo, rendendosi protagonista di una fuga solitaria di 192 chilometri lungo cinque passi alpini. Il secondo nella classifica finale, ovviamente Bartali, accusò un ritardo di 23'47". Il Campionissimo al Tour perse mezz'ora dal francese Jacques Marinelli, cadendo a Saint-Malo, ma poi si scatenò a cronometro e sulle montagne rifilando 10'55" ancora a Bartali e 25'13" allo stesso Marinelli, cui aveva recuperato quasi un'ora in totale!

Nel '52, poi, il dominio fu ancora più rilevante: al Giro lasciò Magni a 9'18", al Tour ammazzò la corsa prima della metà del suo sviluppo, costringendo gli organizzatori a raddoppiare i premi per tutti gli altri, alfine di ravvivare la competizione. Fausto si esaltò sull'Alpe d'Huez, al Sestriere e sul Puy de Dome. E a Parigi il povero Stan Ockers fu secondo a 28'17".

 

Se Coppi fu il primo in assoluto, l'elegante francese Jacques Anquetil seppe emularlo nel 1964 (e prima di quella stagione  era diventato l'unico corridore a vincere un Giro, quattro Tour e anche una Vuelta). Dodici anni dopo Fausto, dunque, lo spietato normanno precedette Italo Zilioli al Giro 1964 per poi beffare al Tour il grande Raymond Poulidor di soli 55" (che storia, quella del limousino: 14 Tour, otto podi ma mai un solo giorno in maglia gialla!!!).

Poi venne lui, il Cannibale, e addio vecchi record: con il fiammingo Eddy Merckx, infatti, ogni limite venne superato perché le accoppiate diventano tre: nel 1970 (i battuti sono Gimondi al Giro e Zoetemelk al Tour); nel 1972 (secondi Fuente e Gimondi) e nel 1974 (Baronchelli cede la maglia rosa per soli 12", Poulidor annichilito al Tour e distante 8'04").

 

A Merckx seguì il bretone Bernard Hinault, a mio avviso l'ultimo dei Grandissimi perché in grado di trionfare su tutti i terreni: il Tasso sfiorò la prima accoppia nel 1980, trionfando al Giro ma poi abbandonando a notte fonda il Tour de France a causa di una tendinite, dopo aver chiesto agli organizzatori di poter fare uso di antinfiammatori senza incorrere nei provvedimenti dell'antidoping e aver ricevuto risposta negativa. Doppio successo stagionale invece nel 1982 (Prim e Zoetemelk secondi nelle due corse) e nel 1985 (Moser e Lemond).

Addirittura un tris da leggenda connotò la carriera dell'irlandese Stephen Roche, primo al Giro '87 "tradendo" il suo capitano Visentini, ancora primo nel Tour del mese successivo contro l'iberico Delgado e incredibilmente primo anche nel Mondiale d'agosto a Villach, unico con Merckx a vantare il Triplete nella stessa stagione.

 

Alberto Contador con Paolo Viberti alla vigilia del Giro d'Italia 2015La palma del meno fortunato di sempre va senza dubbio a Laurent Fignon, il parigino con gli occhiali da intellettuale: al Giro '84 venne beffato da Moser nell'ultima tappa (la crono di Verona) per poi trionfare al Tour; cinque anni più tardi, conquistò la maglia rosa contro Giupponi ma venne sorpassato al Tour per soli 8" da Lemond, e anche qui nella giornata conclusiva!

Si dovette così aspettare gli anni Novanta per registrare due nuove accoppiate, grazie al navarro Miguel Indurain, a segno su entrambi i fronti nel '92 e '93 contro i nostri Chiappucci e Bugno sia in Italia che in Francia. Infine lui, l'immenso Marco Pantani, l'ultimo degli immortali, protagonista assoluto nella stagione 1998. Al Giro il Pirata stroncò il russo Pavel Tonkov verso Montecampione, al Tour ridicolizzò il tedesco Jan Ullrich nella frazione del Galibier con arrivo a Les Deux Alpes.

Al romagnolo seguì lo strapotere di Lance Armstrong, l'eroe fedifrago che mise il proprio nome in testa alle classifiche di sette Tour consecutivi ma che comunque non fu mai protagonista al Giro. Ora ci prova Contador: sarà un Giro elettrizzante anche per questo. C'è un uomo in mezzo al gruppo dei "girini" che insegue la storia, pronto a sovvertire l'incredulità di molti. Forse di tutti.

Paolo Viberti

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