Milano-Sanremo 2015: 300 chilometri per uno sprint - Cronaca di una gara bagnata e un po' moscia
- MILANO - SANREMO 2015
- BMC Racing Team 2015
- Lampre - Merida 2015
- Team Giant - Alpecin 2015
- Team Katusha 2015
- Team Sky 2015
- Trek Factory Racing 2015
- Adrian Kuriek
- Alejandro Valverde Belmonte
- Alexander Kristoff
- Andrea Guardini
- Andrea Peron [1988]
- Andrew Fenn
- André Greipel
- Arnaud Démare
- Ben Swift
- Christopher Juul Jensen
- Cristiano Salerno
- Daniel Oss
- Davide Cimolai
- Edvald Boasson Hagen
- Enrico Battaglin
- Fabian Cancellara
- Fabio Felline
- Filippo Pozzato
- Geraint Thomas
- Gerald Ciolek
- Giacomo Nizzolo
- Greg Van Avermaet
- Heinrich Haussler
- Ian Stannard
- Jacopo Guarnieri
- Jan Barta
- John Degenkolb
- Juan José Lobato del Valle
- Julien Bérard
- Kris Boeckmans
- Luca Paolini
- Luke Rowe
- Maarten Tjallingii
- Manuele Mori
- Marco Frapporti
- Marco Haller
- Mark Cavendish
- Matteo Bono
- Michael Matthews
- Michal Kwiatkowski
- Michele Scarponi
- Moreno Hofland
- Nacer Bouhanni
- Niccolò Bonifazio
- Paul Voss
- Peter Sagan
- Philippe Gilbert
- Salvatore Puccio
- Samuel Dumoulin
- Sebastián Molano
- Serge Pauwels
- Silvan Dillier
- Sonny Colbrelli
- Stefano Pirazzi
- Tiziano Dall'Antonia
- Tony Gallopin
- Vincenzo Nibali
- Zdenek Stybar
- Uomini
Possiamo dire che la Milano-Sanremo numero 106 è stata una corsa per amanti della tradizione. Percorso storico senza Manie, senza Pompeiana, con arrivo in Via Roma e con epilogo con sprint a ranghi non compatti. Se la sono giocata una trentina di corridori, quelli arrivati nel primo gruppo dopo una selezione segnata da quasi 300 km di pioggia, salitelle e discese insidiose.
Non è la gara che amiamo di più, il suo copione continua a sembrarci uno dei più scontati tra le corse di massimo livello, e la decisione di RCS Sport di confermare anche nei prossimi anni questo ritorno a un percorso sin troppo conosciuto non ci fa esultare. Magari l'arrivo di Via Roma, più vicino al Poggio e quindi più adatto a eventuali colpi di mano nel finale, in futuro rimetterà le ali ai piedi a qualche finisseur, ma recedere dal buon esperimento delle Manie, con il portato di imprevedibilità che quella salitella aggiungeva alla Classicissima, è una mossa che comprendiamo poco.
Se escludiamo le cadute e la pioggia (caduta sul gruppo fino a una quarantina di chilometri dalla fine), ci rendiamo conto che la selezione sarebbe molto meno accentuata; il tracciato della Sanremo, questo tracciato perlomeno, non è troppo amico di chi attacca: favorisce gli inseguitori e anche la variabile del vento (oggi contrario su Cipressa e Poggio) ha reso ancor più difficile la vita per chi aveva intenzione di movimentare la gara. Detto ciò, possiamo anche confessare di aver visto Sanremo peggiori in passato, e va da sé che il giudizio sull'andamento della gara non inficia minimamente la splendida e meritata vittoria di John Degenkolb.
Fino a 10'25" per gli 11 della fuga del mattino
Non hanno perso tempo i fuggitivi del giorno per mettersi in marcia: già al km 0 si sono mossi il ceco Jan Barta (Bora), il colombiano Sebastián Molano (Colombia), l'olandese Maarten Tjallingii (LottoNL) e l'italiano Andrea Peron (Novo Nordisk); poco dopo si sono accodati anche il polacco Adrian Kuriek (CCC), il belga Serge Pauwels (MTN), gli italiani Stefano Pirazzi (Bardiani), Matteo Bono (Lampre) e Marco Frapporti; infine si sono aggiunti Tiziano Dall'Antonia (Androni) e il francese Julien Bérard (AG2R).
Il vantaggio massimo degli 11 attaccanti, tre dei quali erano già andati in fuga alla Sanremo 2014 (Bono, Barta e Tjallingii), è stato toccato abbastanza presto, al km 30: 10'25" il margine che da lì in poi ha iniziato a scendere sotto i colpi della Trek (all'opera per Fabian Cancellara) e della Katusha (al lavoro per Alexander Kristoff).
Solo che la fuga non poteva essere raggiunta troppo presto, sicché - dopo un limite minimo di 4' a 114 km dalla fine, il gruppo ha rallentato un attimo, permettendo che l'azione degli 11 riprendesse quota. Il loro destino era comunque segnato, si trattava solo di vedere quando la fuga sarebbe stata ripresa.
Un po' di confusione sui Capi
Sui Capi, come da tradizione, la corsa ha avuto un'accelerazione di battiti. Andatura aumentata, adrenalina moltiplicata, e cadute a imperlare i vari passaggi salienti. Il primo ad andare giù è stato Jacopo Guarnieri (con Marco Haller, altro uomo Katusha), sotto una galleria dopo il Capo Mele. Le cose peggiori le avremmo viste sulla discesa del terzo Capo, il Berta.
Nel frattempo, però, la fuga ha iniziato a perdere pezzi. Prima Molano sul Capo Cervo, poi - col gruppo ormai a un minuto dai 10 superstiti - sul Berta, a 40 km dalla fine, Pirazzi ha rotto l'accordo e ha attaccato insieme a Pauwels, Bono e Bérard; Dall'Antonia per un attimo si è accodato, ma non ha resistito a lungo. Poi anche Pauwels e Bérard si sono staccati, quindi Bono e Pirazzi son rimasti soli.
Sulla discesa, i ruzzoloni accennati più su: prima Christopher Juul Jensen, Paul Voss e Kris Boeckmans, poi - nelle primissime posizioni del gruppo - Salvatore Puccio (habitué delle cadute sanremesi) si è portato giù pure Manuele Mori, facendo attardare i compagni Ian Stannard e Andrew Fenn.
Questo scivolone ha avuto un peso sugli sviluppi della gara, visto che in quel momento davanti a Puccio c'erano solo altri tre uomini Sky, Geraint Thomas, Ben Swift (due dei tanti favoriti di giornata) e Luke Rowe, che si è sacrificato per i compagni tirando il terzetto finché ha potuto, cioè fino alla Cipressa. E sì, perché i tre Sky, trovatisi inopinatamente avvantaggiati sul resto del plotone, hanno deciso di tirare dritto.
Sulla Cipressa non succede granché
Sulla salita di Costa Rainera ci si attendeva una delle svolte della corsa, ma chi ci sperava troppo era destinato a rimanere deluso. La BMC si è impegnata per proporre variazioni sul tema, e ha lanciato prima Silvain Dillier (a cui si è accodato Cristiano Salerno della Bora), poi addirittura Greg Van Avermaet, tampinato prontamente da Zdenek Stybar. Tutti e quattro questi neoattaccanti hanno raggiunto il terzetto Sky (che intando perdeva un esausto Rowe), ma neanche a metà salita il gruppo riprendeva tutti, pure Matteo Bono (che nel frattempo era rimasto solo al comando della corsa: la sua fuga è durata 268 km).
Intanto qualcuno iniziava a perdere contatto: Arnaud Démare, caduto scioccamente in salita con Samuel Dumoulin, ha visto chiudersi le speranze a 25 km dalla fine; altri (Juan José Lobato, Heinrich Haussler, Moreno Hofland, Enrico Battaglin, Andrea Guardini) si sono staccati per sopraggiunti limiti fisici.
In grande sofferenza si sono visti pure altri uomini veloci, tra cui addirittura Alexander Kristoff; Mark Cavendish ha pagato un salto di catena a 1.5 km dalla vetta, e André Greipel, Giacomo Nizzolo, Sonny Colbrelli pur patendo tanto sono riusciti a non perdere troppo terreno dal gruppo (tirato da Sky, Trek e BMC) e a rientrare in discesa (come pure gli stessi Kristoff e Cavendish).
La bella azione di Oss e Thomas in vista del Poggio
Dopo che Filippo Pozzato ha guidato il gruppo sulla discesa della Cipressa e Tony Gallopin ha accennato un allungo appena tornati sull'Aurelia, è stato Daniel Oss (altra pedina BMC) a proporre uno scatto più serio a 18 km dal traguardo. Sul trentino si è riportato Geraint Thomas (che però non ha collaborato troppo), e la coppia è arrivata ad avere 31" di vantaggio a 12 km dalla fine. Ancora la Trek (con Nizzolo, messosi completamente al servizio di Fabian Cancellara) ha inseguito, con la collaborazione della Lampre e dell'Astana, e ai piedi del Poggio il distacco da Oss e Thomas è stato ridotto a 20".
Sulla prima metà del Poggio abbiamo visto un Luca Paolini eccezionale tirare per Kristoff, prima che gli attesi attacchi in vista della cima rimescolassero ancora una volta le carte. Intanto Oss perdeva contatto da Thomas (a 7.5 km dal traguardo), e il britannico riusciva ancora per un po' a salvare una decina di secondi di margine su quel che restava del gruppo.
Gli attacchi sul Poggio e le cadute in discesa
Appena Oss è stato raggiunto dal gruppo, a 6.3 km dalla fine, il suo compagno Philippe Gilbert ha proposto il consueto scatto sull'ultima salita della Sanremo. Ancora una volta Stybar si è speso nei panni dello stopper, e l'azione è rientrata (era in realtà parecchio moscio come attacco).
Allora una scatenata BMC ha lanciato ancora una volta Van Avermaet, ai 6 km. Alle spalle del belga si sono mossi Peter Sagan, un bravissimo Fabio Felline e un altrettanto bravo Michael Matthews, tra i migliori sul Poggio; per un attimo si è intravisto anche Alejandro Valverde nelle prime posizioni, ma in realtà nessuno ha fatto la differenza: ai 5 km Van Avermaet ha raggiunto Thomas, ma il gruppo (quei 30 uomini rimasti davanti) si è ricomposto nei primi metri di discesa.
Lungo la picchiata, su una curva insidiosa ai 4.2 km Gilbert ha perso il controllo della bici ed è andato giù, coinvolgendo nel ruzzolone anche Stybar, Michal Kwiatkowski e Gerald Ciolek (che aveva superato molto bene le varie asperità di giornata, e che a conti fatti è stato il più incavolato dei quattro). Un gran peccato questa caduta che ha tolto dai giochi tre possibili anticipatori dello sprint.
L'accenno di Sagan, il gran lavoro di Paolini
Finita la discesa, Sagan si trovava davanti, e ai 2 km ha accennato un allungo. È partito col freno a mano tirato, si è voltato, gli avversari erano tutti lì a guardarsi in un momento di transizione. Peter ha insistito per qualche secondo, si è rivoltato, e ancora nessuno lo inseguiva. Altri secondi di incertezza, con 10-20 metri di vantaggio, ancora una torsione della testa a guardare dietro di sé, ma ormai era chiaro che lo slovacco aveva perso l'attimo. Fosse partito senza tanti indugi, chissà.
Ma forse non avrebbe avuto ugualmente fortuna, Sagan, visto che erano lì pronti a tirare Geraint Thomas (a beneficio di Swift) e un inesauribile Luca Paolini per Kristoff. Proprio l'italiano della Katusha ha preso in mano la situazione all'ultimo chilometro, tenendo la prima posizione fino ai 250 metri, col suo capitano a ruota (e uno splendido Niccolò Bonifazio a ruota del norvegese).
A quel punto la spinta di Paolini andava a smorzarsi, e allora Kristoff ha tentato l'azzardo più grande, forse non valutando che la leggera pendenza del traguardo di Via Roma potesse essere un problema per la durata dello sforzo in cui andava a prodursi.
Degenkolb e la volata della vittoria
Una volata lunghissima, quella impostata dal vincitore della Sanremo 2014, tutta di testa. Bonifazio, dietro di lui, non è riuscito neanche a uscire dalla sua ruota, e lo stesso dicasi per Michael Matthews, che era alle spalle del giovane italiano. Ma da dietro, rombando come un tuono, John Degenkolb è emerso prepotente, ha affiancato Matthews, poi Bonifazio, poi Kristoff.
Gli ultimi 50 metri sono stati di troppo per il norvegese: Degenkolb l'ha superato andando a prendersi la prima Classica Monumento in carriera, precedendo non di troppo l'avversario. Al terzo posto si è inserito Matthews, che ha respinto il ritorno (tardivo) di Sagan, condannato a restare giù dal podio.
Al quinto posto ha chiuso Bonifazio (ottimo risultato per un 21enne!), e a seguire un Nacer Bouhanni in rimonta è riuscito a risalire fino alla sesta posizione; al settimo posto si è piazzato l'invisibile Cancellara di oggi, davanti a Davide Cimolai (ottavo e secondo degli italiani, nonché secondo della Lampre), Tony Gallopin e Edvald Boasson Hagen, che ha sprintato con un pezzo di carta in mezzo al cambio.
26 i corridori cronometrati col tempo del vincitore (al 18esimo posto si è piazzato Colbrelli, al 21esimo Michele Scarponi, al 26esimo Felline); Cavendish e Greipel sono arrivati a 23" col secondo gruppo, comprendente anche uno scialbo Vincenzo Nibali (staccatosi sul Poggio) e Pozzato, rallentato dalla caduta di Gilbert e soci. Il vicentino era in buona posizione sulla discesa, ma evidentemente ce l'ha scritto nel contratto che deve sempre incappare in qualche intoppo, ahilui.