Strade Bianche 2015: Sagan, qualcosa non torna - Lo slovacco lontano dai suoi standard
Versione stampabilePeter Sagan, o dell'arte dello smarrirsi. Perché lo slovacco oggi ha mostrato i medesimi difetti che gli vengono imputati da più di un anno a questa parte. E che, dopo oggi, prenderanno sicuramente ancor più vigore.
Sagan e Stybar, così simili e così diversi
Il 29 giugno 2014 a Slavkov u Brna era una domenica e si disputava il campionato nazionale slovacco, vinto in scioltezza dal talento di Zilina pur tagliando il traguardo per secondo. Questo perché nella cittadina morava la competizione era aperta sia ad atleti slovacchi sia ad atleti cechi, come di consuetudine accade tra le due repubbliche mitteleuropee.
A precedere Sagan fu, intuitivamente, un corridore ceco: quel tale era un certo Zdenek Stybar. Da quell'appuntamento pre Tour de France le strade dell'ex crossista e dello slovacco si sono separate radicalmente. Stando ai freddi numeri: da allora Sagan può vantare 23 piazzamenti tra i primi 10, di cui 0 vittorie. Stybar ha raccolto 9 piazzamenti in top 10, di cui 3 vittorie.
Ed è qui che sorge il problema che sta attanagliando il venticinquenne slovacco, anche dopo il ricchissimo trasferimento in casa Tinkoff-Saxo: Sagan non sa più vincere. E se sei il più pagato o quasi del gruppo non basta piazzarsi, bisogna timbrare il cartellino con regolarità. E il prima possibile.
Concentrato, nel vivo dell'azione e all'attacco...
Già la Strade Bianche era una buona occasione per poter mettere in carniere la prima vittoria con la nuova maglia, forte di una serie aperta di due secondi posti in altrettante edizioni della corsa toscana. Attento sin da subito nell'evitare problemi di qualsiasi tipo e deciso nel far tirare a lungo i propri gregari, Sagan è stato altrettanto vigile nel sapersi infilare, assieme al fidato Maciej Bodnar, in un gruppetto di dieci con nomi di livello quali Lars Boom, Diego Rosa, Alejandro Valverde e il solito Stybar nel sempre insidioso settore di Lucignano d'Asso.
Pochi km più tardi ed è tempo di Monte Sante Marie, il tratto più atteso della gara e decisivo nello scremare il gruppo. Sagan è il più attivo assieme a Valverde e si ritrova in un gruppetto con chi si è poi giocato la vittoria: nella parte centrale del lungo settore è la solita coppia Sagan-Stybar a cercare di anticipare la concorrenza, con il solo Valverde che riesce ad accodarsi immediatamente. In questo momento Sagan pare in forma smagliante, l'uomo da battere.
Ma il risveglio è brusco e improvviso
Il vantaggio del trio tocca anche i 30" dopo il ritorno sull'asfalto e solamente un superlativo Daniel Oss provoca il ricompattamento dei due plotoncini. Lo stesso trentino della BMC va in avanscoperta prima dell'ottavo settore, quello di Montaperti: nel luogo della celebre battaglia si nota come progressivamente Sagan stia perdendo smalto e posizioni, andando sempre più in coda al gruppo.
E in un battibaleno eccolo staccarsi, costretto a mettere un rapporto più agile. Ironia della sorte la resa avviene nei medesimi metri in cui, dodici mesi orsono, aveva frantumato la concorrenza con un'azione tanto scaltra quanto tatticamente ineccepibile, in compagnia del coetaneo Michal Kwiatkowski. Una resa definitiva, nonostante il coraggio nel tentare di riportarsi nel gruppo nel successivo tratto prima del penultimo sterrato, in cui ha dovuto alzare inesorabilmente bandiera bianca.
Il piazzamento finale, 31° a 5'13" dal trionfatore, è un dato secondario. Quello che appare sempre più evidente è che il Sagan attuale è meno efficace di quello baldanzoso delle stagioni scorse. Anche a livello fisico appare nettamente più muscoloso e meno agile di quanto non fosse nel recente passato, elemento che potrebbe dargli più competitività nelle pietre fiamminghe a discapito di una miglior abilità negli strappi.
Bisogna preoccuparsi? Per ora no, anche se il digiuno è troppo lungo
Un dubbio si insinua sempre più: cosa vuole fare da grande Peter Sagan? Vuole essere un uomo da classiche del Nord o un uomo da strappetti, un velocista o un corridore completo? Perché ormai gli anni passano per tutti, anche per lui, e le gare a cui più aspira (Mondiale e monumenti) continuano a mancare nel suo palmares. E ora, rispetto al passato, mancano pure le vittorie.
Sono ormai 251 i giorni di astinenza, decisamente troppi per colui che veniva etichettato per il Cannibale dei nostri giorni. Con l'augurio di poter interrompere questa striscia già all'imminente Tirreno-Adriatico, in occasione della Cascina-Arezzo da lui vinta nel 2014. E magari cacciare via tutti i dubbi e tutti gli articoli come questo domenica 22, in Via Roma.