2014, i 12 momenti indelebili - Da Nibali ad Arenberg all'esplosione di Aru. Dallo Stelvio a Kwiatkowski iridato. E Contador...
Versione stampabileDovendo analizzare i momenti indelebili, memorabili del 2014, ci è risultato impossibile evitare che tutto ruotasse intorno al Tour de France e alla strepitosa - e per certi versi inaspettata - vittoria di Vincenzo Nibali. Il resto viene dopo, ma non solo dal punto di vista della passione un po' tifosa di noi italiani, quanto anche per un'analisi tecnica che ci suggerisce che non sarà ricordato, quest'anno che va in archivio, come la migliore stagione della storia. Tante corse brutte (non bisogna aver paura di ammetterlo), anonime, poco spettacolari; poi, di quando in quando, una perla a rischiarare lo scenario. Ne abbiamo selezionate 12, di queste perle, spaziando anche sui "ciclismi limitrofi"; ai lettori, buona lettura e buone feste con Cicloweb.it!
12 - Evans e gli ultimi lampi al Tour of Utah

Uno dei gesti tecnici più apprezzabili del 2014 porta la firma di Cadel Evans: tra poco più di un mese la sua carriera come ciclista professionista sarà ufficialmente conclusa e quello che potrebbe essere stata l'ultimo successo dell'australiano della BMC è un piccolo gioiello. L'ultima tappa del Tour of Utah prevede l'ascesa dell'Empire Pass e poi la picchiata verso il traguardo di Park City, Evans è reduce dalla vittoria del giorno precedente con una fuga di circa 150 chilometri ma vuole comunque essere protagonista: l'iridato di Mendrisio perde poco sulla salita decisiva ed in discesa pennella traiettorie splendide riportandosi facilmente sui quattro battistrada, Anacona, Danielson, Horner e Kelderman. Il vero capolavoro però arriva proprio all'ultima curva: dall'ultima posizione Evans sorpassa tutti i rivali all'esterno ritardando la frenata e andando a vincere la volata praticamente per distacco. Un vero e proprio saggio di grinta e abilità tecnica che vale come premio alla carriera di questo straordinario campione.
11 - Stybar e la passeggiata iridata nel ciclocross

Colui che un tempo duellava settimanalmente con Sven Nys e Niels Albert (mostri sacri del ciclocross di questi ultimi anni) da diverso tempo ha quasi abbandonato il fango per una promettente carriera su strada. Si concede però ancora qualche scampagnata, a ritrovare gli amici di un tempo e a incrociare le sue ruote con le loro. E tra una passeggiata offroad e l'altra, Zdenek Stybar ha trovato quest'anno anche l'occasione per partecipare al Mondiale di Hoogerheide. Una presenza più testimoniale che agonistica, visto che sulla carta il ceco non poteva competere con gli specialisti più assidui? Qualcuno l'ha pensato. Stybar no: lui, quel Mondiale, l'ha vinto!
10 - Talansky e i litiganti eccellenti del Delfinato

Tra i tanti momenti memorabili del 2014 non può mancare il Critérium del Delfinato, una corsa che lungo le sue otto tappe è stata senza dubbio tra le più spettacolari della stagione. Froome e Contador sono i grandi favoriti per il Tour de France e tutti attendono il duello tra i due: nel finale della seconda tappa sul Col du Béal se le suonano di santa ragione (mentre Nibali ancora sembra lontano da quel livello) e Froome riesce ad avere la meglio all'ultimo scatto. Contador restituisce la mazzata, poi nell'ultima tappa verso Courchevel succede di tutto: Andrew Talansky da terzo in classifica generale decide di andare in fuga sotto la pioggia a più di 110 chilometri dall'arrivo assieme ad altri 22 corridori; la fuga prende il largo, poi a 90 chilometri dall'arrivo la corsa esplode del tutto con un attacco di squadra della Sky e la risposta di Contador ma con il passare dei chilometri si capisce che l'anglo-keniano non ne ha e lo spagnolo resta fregato. A poco più di 30 chilometri dal traguardo Contador è a circa un minuto da Talansky ma l'americano della Garmin non molla ed al traguardo il divario tra i due è di 1'09", quanto basta per ribaltare clamorosamente le sorti di una corsa che sembrava segnata. Alla faccia di chi si accontenta sempre del piazzamento.
9 - Kittel e il pubblico immenso dello Yorkshire

Tanti, tantissimi, forse troppi? Una quantità così gigantesca di spettatori sulle strade del Tour non s'era mai vista. Eppure in Gran Bretagna, Le Grand Départ ha avuto un successo senza precedenti. Dal punto di vista immediato, vedere così tanta gente su strade, stradine, stradicciole di campagna, è stato un enorme spot per il pedale. Dal lato pratico, oltre al piacere di avere molti fan in fila per un autografo, c'è stato il problema di contenerli, questi fan, intenti a farsi selfie acrobatici, in mezzo alla strada un attimo prima del passaggio della carovana. Incontenibili i tifosi, così come incontenibile è stato Marcel Kittel. Il tedesco della Giant-Shimano ha portato a casa quattro tappe (due in Gran Bretagna, il totale eguaglia la prestazione del 2013), dando l'impressione di un dominio netto, incontrastato, incontrastabile.
8 - Voigt e l'Ora ritirata a lucido

Una carriera da fenomeno, soprattutto mediatico, non poteva concludersi con un semplice ritiro: Jens Voigt ha chiuso col botto, siglando il Record dell'Ora il 18 settembre sull'anello di Grentchen, in Svizzera, percorrendo 51,115 chilometri. Una prestazione che specchia ciò che è stata la carriera del 43enne tedesco: ha aggredito la pista fino alla fine, sempre sui pedali negli ultimi giri. Poco importa se il record di Jens verrà battuto da Mathias Brändle un mese e mezzo dopo: l'uomo entra lo stesso nella leggenda, ricordato come colui che ha rilanciato la corsa al Record dell'ora.
7 - Aru e le vittorie su Froome e Contador

Che fosse forte, lo si sapeva. Doveva esplodere, prima o poi. Ma il 2014 di Fabio Aru è stato veramente alla dinamite. Al Giro vince su un traguardo non certo semplice né scontato (e molto evocativo) come quello di Montecampione, chiudendo al 3° posto. Finito? Nemmeno per scherzo! Alla Vuelta a España si porta a casa due tappe (San Miguel de Aralar e Monte Castrove en Meis), ma mica andando in fuga: stacca infatti nettamente tutti i big, da Froome a Contador. Nella corsa a tappe della penisola iberica chiuderà 5°, ma la sua stagione è una garanzia per il futuro immediato, oltre che una più che discreta iniezione di fiducia. Vero e proprio fenomeno.
6 - Kwiatkowski e il momento topico di Ponferrada

È stata l'annata perfetta per il talento polacco. Ha iniziato a vincere al Trofeo Serra de Tramuntana, a Maiorca, quindi sulle strade della Volta ao Algarve, per poi aggiudicarsi la Strade Bianche, in una delle più belle imprese del 2014. Forza nel finale e batte nello strappo conclusivo un certo Peter Sagan, con il quale ha rivaleggiato sin da giovanissimo (i due sono coetanei). Il capolavoro giunge però a Ponferrada, Campionato del Mondo in linea: parte con tutti i favori del pronostico, mette la squadra a lavorare, scatta su quella diga, durante l'ultimo giro, in un'insidiosa curva a fine discesa. Inutile dire che il gruppo non rivedrà più il neo iridato. Potrebbe anche giocarsi il Lombardia, ma i crampi lo bloccano negli ultimi chilometri. Maledizione iridata precoce?
5 - Nibali e il volo verso Hautacam

Se ad Arenberg Vincenzo Nibali aveva messo le cose ben in chiaro, ad Hautacam il messinese dell'Astana ha fatto capire di meritare quella maglia gialla. Meritarla nonostante le cadute, con relativi abbandoni, di Froome e Contador. Meritarla nonostante gli avversari non fossero propriamente dei draghi. Vincenzo non poteva ritirarsi per solidarietà, così sulle rampe pirenaiche si è prodotto in un'azione potente, prepotente, efficace, solitaria. Subito ha staccato i diretti rivali, sigillando così la Grande Boucle. Quando Hautacam diventa sinonimo di cassaforte.
4 - Valverde e l'impresa sull'Appia Antica

Vedere Alejandro Valverde in fuga, e non a ruota, è ultimamente un fatto quasi raro. O almeno, questa è la fama che si è costruito il fuoriclasse della Movistar, con diverse condotte di gara discutibili. È però accaduto l'opposto alla Roma Maxima (ex Giro del Lazio), all'altezza dei Campi di Annibale, quando il murciano, seguendo l'azione di un brillantissimo Domenico Pozzovivo, s'è prodotto in un fuga a due verso la città eterna. Ed una volta giunto sul traguardo, con il Colosseo sullo sfondo, Valverde ha sprintato, per respingere il ritorno prepotente del gruppo. Una corsa, un vero e proprio gioiellino. Alejandro, se corressi sempre così...
3 - Contador e lo schiaffo a Quintana sul Passo Lanciano

Dopo un 2013 in cui Alberto Contador aveva preso ceffoni su ceffoni in salita, per la maggior parte da Chris Froome al Tour, il Pistolero ha deciso di ricominciare la nuova annata con un diverso approccio. S'è visto subito che era un Contador diverso. La prima vittoria in Algarve, sull'Alto do Malhao, poi la Tirreno-Adriatico: primo colpetto a Cittareale, quindi Guardiagrele. Alberto se ne va sul Passo Lanciano, lascia la compagnia fastidiosa di Nairo Quintana, con un attacco a 33 km dal traguardo. Seminati i diretti rivali, raggiungerà i fuggitivi del mattino, per poi disfarsi di tutti sul Muro di Guardiagrele. Seconda vittoria consecutiva, Corsa dei Due Mari in tasca, una stagione iniziata con il piede giusto. E forse anche qualcosa in più.
2 - Quintana e la cavalcata verso Val Mertello

La frazione più discussa del Giro d'Italia, quella che ha fatto capirte chi avrebbe vestito la maglia rosa nell'epilogo triestino, quella delle bandierine rosse nella discesa innevata dello Stelvio. Regola tutta da interpretare, nonché inedita. Lì abbiamo visto Nairo Quintana attaccare il leader della classifica Rigoberto Urán, proprio in discesa, quindi allungare verso la terribile Val Martello, 25 km di salita. O ne hai o non si scampa. In quella tappa, e successivamente sul Monte Grappa, il colombiano ha messo al sua firma - la prima proveniente appunto dalla Colombia - sul Trofeo Senza Fine, quello che va al vincitore della corsa rosa. Discussa, terribile, spettacolare, quella tappa. Da qualsiasi punto di vista la si osservi.
1 - Nibali e il pavé di Arenberg

La foresta che si attraversa durante la Parigi-Roubaix, e che spesso dice chi vincerà la classica del pavé (e chi no), quest'anno è stata sede d'arrivo della quinta tappa del Tour de France. Lì Vincenzo Nibali ha compiuto il suo vero e proprio capolavoro; mentre Vincenzo volava, Chris Froome cadeva e si ritirava, ed un prudentissimo Alberto Contador rimaneva distanziato alla bellezza di 2'37". Su quelle pietre Nibali sembrava esserci nato, ha danzato per tutta la tappa, s'è praticamente tatuato il giallo sulla pelle. Non sembrava nemeno vero, vederlo così a suo agio a fianco di mastini del pavé come Lars Boom (che si prenderà la vittoria parziale)! Se ancora non bastasse, pioggia e fango hanno reso quel momento ancor più epico.




