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Tour de France 2015: Una Boucle solo per scalatori - Avvio soft e intrigante, poca crono, seconda metà tutta in montagna

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La planimetria del Tour de France 2015

Quanto sia smisurata la voglia dei francesi di rivedere uno di loro sulla vetta del Tour, a 30 anni dall'ultima volta, da quel Bernard Hinault che il podio della Boucle lo frequenta quotidianamente tuttora, ma nelle vesti istituzionali di maestro di cerimonie, quanto smisurata sia quella voglia, dicevamo, lo si evince una volta di più dal disegno azzardatissimo, sorprendente, immaginifico quanto sbilanciato, della prossima edizione della gara più importante del ciclismo mondiale.

E proprio come quando, ai tempi del grande bretone (per chi non frequenta la storia del ciclismo: ci riferiamo sempre a Hinault), gli organizzatori francesi non si peritavano di infarcire il Tour di centinaia di chilometri a cronometro, pur di favorire il pupillo di casa, oggi, avendo da puntare su alcuni ottimi scalatori non troppo forti contro il tempo, ecco che ASO partorisce una Grande Boucle praticamente priva di crono. Perché proporre un Tour con 14 km di crono individuale e 28 di cronosquadre, se dobbiamo commisurare queste misere cifre a quelle che fino a poco fa imperavano oltralpe, equivale praticamente a disegnare un Tour senza lancette.

Azzardo, azzardissimo, dicevamo. È questa la parola chiave del tracciato 2015, diviso esattamente in due, una prima metà a nord, dall'Olanda (Utrecht, sede del Grand Départ) verso ovest e la Bretagna; una seconda metà (il senso è antiorario) a sud, dai Pirenei verso est e il gran finale alpino, pieno di fuochi d'artificio.

Presentato oggi ma anticipato ieri da qualche svelto smanettone di internet che aveva carpito l'infografica contenente la planimetria generale e l'elenco delle tappe: non potevamo quasi credere che lo sviluppo del nuovo Tour fosse effettivamente questo, e invece l'anticipazione è risultata fondata. Non potevamo crederci per una serie di motivi, principalmente quella bizzarria della cronosquadre piazzata alla nona tappa.

Una cosa che non si potrebbe fare, visto che la regola dell'UCI prevede che tale tipo di tappa possa essere inserito solo nel primo terzo di una gara (e quindi al massimo entro la settima frazione di un grande giro). ASO avrà già chiesto e ottenuto la deroga, o assisteremo a un cambio di percorso in corsa? (In quel caso, è ipotizzabile l'inversione tra la crono individuale e quella a squadre). Si tratta in ogni caso di dettagli che non inficiano la netta politica pro-grimpeur dell'ultimo Prudhomme.

Il grande capo del Tour ha infatti progressivamente spostato, negli anni, l'asse dei suoi tracciati, togliendo sempre più spazio alle prove contro il tempo, che evidentemente non gli piacciono proprio (un'eccezione alla tendenza ormai radicata fu fatta giusto nel 2012, per sfruttare la montante ondata Wiggins). E ha capito, il buon Christian, che una corsa contenente tanti trabocchetti è preferibile - sia dal punto di vista del mero spettacolo, sia da quello della possibilità di sparigliare e far saltare il banco (o i nervi) rispetto ai favoriti/programmisti/programmati - a un grande giro il cui copione è sin troppo prevedibile.

Si parte con due frazioni olandesi, quindi, la prima è l'unica crono individuale, 14 km a Utrecht, la seconda è un'occasione per i velocisti, ma con possibilità di ventagli, visto che si svilupperà in gran parte sulla costa, fino a Zeeland. Seguiranno due tappe belghe, dal punto di vista dell'ispirazione prima ancora che di quello geografico. La prima, da Anversa ad Huy, si concluderà sul Mur della Freccia Vallone, chiamando all'opera i classicomani da Ardenne, esattamente come la frazione successiva - da Seraing in Belgio a Cambrai in Francia - chiamerà in azione quelli da Fiandre.

E sì, perché - dopo il grande successo (soprattutto per Nibali!) della tappa di Arenberg quest'anno - il pavé tornerà a far capolino anche l'anno venturo, promettendo sussulti o veri e propri uragani d'emozioni (se pioverà): 7 settori di pavé negli ultimi 120 km di tappa, e i più lunghi e significativi saranno proprio gli ultimi due, ai -23 e ai -12. Due frazioni da uomini-monumento (nel senso delle classiche), ma che incideranno anche sulla classifica - perlomeno la classifica della prima settimana.

Tre frazioni interlocutorie, forse per velocisti ma sicuramente con qualche trabocchetto qua e là (ad Amiens, Le Havre e Fougères), quindi il secondo sabato si arriverà sul Mur de Bretagne (altro arrivo su strappo simile a quello di Huy, anche se un po' più facile), e il giorno dopo, prima del primo riposo, la citata cronosquadre: 28 km da Vannes a Plumelec, con addirittura la chicca di un arrivo in leggera salita (gli ultimi 2 km sono una piccola côte. In quali condizioni (e con quanti uomini) ci arriveranno le squadre, sarà tutto da scoprire. Si chiuderà così la prima metà di Tour (che presenta tra le altre cose anche la novità del ritorno degli abbuoni, 10"-6"-4" ai primi tre di tappa. Nella seconda parte di Boucle non ci saranno più bonus).

Il trasferimento aereo da nord a sud prelude alla tre giorni pirenaica con cui il disegno cambia decisamente volto e rotta. Il primo vero arrivo in quota è anche inedito, a La Pierre-Saint-Martin, salita secca al termine di una tappa piuttosto breve, tipologia che ricorda quanto propone da diversi anni la Vuelta a España. La seconda tappa sui Pirenei propone la classicissima accoppiata Aspin+Tourmalet, con arrivo in salita a Cauterets (anche se l'ascesa finale non è durissima); la terza frazione è quella dell'altrettanto classica cavalcata sui Pirenei orientali, con Portet-d'Aspet, Core, Lers e arrivo all'insù a Plateau de Beille; una tappa, questa 12esima, appena più lunga delle precedenti, coi suoi quasi 200 km.

Con la successiva - sulla carta, facile - Muret-Rodez si approccia il Massiccio Centrale, dove il terzo sabato di gara il gruppo salirà al noto (e durissimo ancorché breve) traguardo di Mende; due tappe da fuga, a Valence e a Gap, anticipano il secondo giorno di riposo (di martedì, questo), quindi ben quattro giorni sulle Alpi dirimeranno tutte le questioni in merito alla classifica del Tour 2015.

Quattro frazioni brevi (quella più lunga, la seconda, misura 185 km; la più corta, la quarta, appena 110), allorquando saremo già nella terza decade di luglio, col caldo che sarà atteso su quelle vette e la selezione che verrà praticamente da sé. Si partirà con Colle-Saint-Michel, Allos e rampa di Pra-Loup, il mercoledì; si proseguirà col Glandon e lo strappo di Lacets de Montvernier poco prima dell'arrivo di Saint-Jean-de-Maurienne, incastonato a valle, il giovedì; piatto forte anche il venerdì, con Chaussy, Croix-de-Fer, Mollard e arrivo su a La Toussuire concentrati in soli 138 km; e gran finale il sabato con una tappa potenzialmente da terremoto in classifica, malgrado tra il Galibier (vetta del Tour a quota 2645 metri), preceduto subito in partenza dal Télégraphe, e l'approccio all'Alpe d'Huez ci saranno 45 km di discesa.

Alla sera volo verso Parigi, l'indomani tappa finale con passerella chic e ultimo sprint, dopodiché premiazioni ai Campi Elisi e tutti a casa.

Un percorso che, se l'avessimo visto 15 anni fa, saremmo rimasti per tre-quattro giorni con la mascella smontata dal resto della faccia, per dire quanto di bocca aperta avremmo fatto. Oggi come oggi, invece, ci sorprende ma non sconvolge, perché ci siamo arrivati per gradi, e la tendenza in atto da diversi anni trova oggi una sorta di compimento, perché spingersi più in là - per gli organizzatori transalpini - sarà difficile, a meno di non pensare che le crono vengano del tutto cancellate in futuro (e così non sarà).

Resta da capire, su un percorso così amico degli scalatori, ma d'altro canto non così versato per i motori diesel (è vero, quattro tappe alpine di seguito: ma chilometraggi contenuti, a facilitare per quanto possibile il recupero, e a favorire corridori più esplosivi), come si comporteranno alcuni big. Chris Froome, nuovo campione del mondo di forwardhandputting, da subito fa il difficile: «Sì, il Tour è il Tour, ma non ha neanche una crono lunga, il Giro invece sì... forse forse farò Giro e Vuelta», questo il succo del suo comunicato, che di certo rende felice Mauro Vegni (che aveva già incassato l'impegno di Contador di fare la corsa rosa).

A Prudhomme, per questa volta, non importa più di tanto, visto che l'obiettivo - come detto più su - è fin troppo scoperto: portare in giallo a Parigi un Pinot, un Bardet, un chissacchì, purché di nazionalità francese. Il detentore Vincenzo Nibali ovviamente ci sarà, se tutto va bene; il suo problema è che lui il Giro vorrebbe farlo ma forse non può, visto che il tentativo di doppietta parrebbe troppo rischioso ai maggiorenti del suo team (anche se l'Astana bisognerà capire di che morte dovrà morire...). Di sicuro il Tour, disegnato così com'è, strizza parecchio l'occhio a simili tentativi: inizio soft pur senza essere ozioso, tappe facili con risvolti difficili nei primi 10 giorni, poi il bim-bum-bam di salite nei secondi 10, quando tutti dovranno essere per forza e comunque al top se vorranno provare a vincerlo.

Non sappiamo ancora se ci piacerà, così com'è congegnata, questa Boucle 2015. Di sicuro intriga, e non poco, sin da ora, sin da questo remoto ottobre così lontano dal solatio luglio che verrà.

Marco Grassi

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