Nuove frontiere: Giappone, Hainan ed altre espansioni - Asia: morto il Tour of Beijing, che futuro per il grande ciclismo?
Martedì scorso con la vittoria di Sacha Modolo a Pechino s'è conclusa, dopo appena quattro edizioni, la breve storia del Tour of Beijing, l'unica prova asiatica del calendario World Tour: una corsa che chiude è sempre un brutto colpo per il ciclismo, ma difficilmente riusciremo a rimpiangere una gara il cui bilancio era ripianato direttamente dall'UCI o che presentava numerose problematiche per i corridori come l'inquinamento atmosferico, gli incidenti, la carne contaminata o anche lo scarso interesse del pubblico e lo spazio che veniva tolto a corse europee di tradizione assai maggiore.
Esprimere grosse perplessità sul Tour of Beijing, fin dalla prima edizione, non significa però essere contrari a prescindere a quello che era uno degli obiettivi iniziali del Pro Tour prima e del World Tour poi: un'espansione globale del ciclismo d'élite a tutti i continenti, a patto che questa sia fatta con criterio. Approfittiamo di queste giornate per fare alcune riflessioni proprio sullo stato del ciclismo professionistico di alto livello in estremo oriente perché tra poche ore si correrà a Utsunomiya la 23a edizione della Japan Cup (e oggi sempre a Utsunomiya s'è corsa la Japan Cup Criterium con Chris Sutton, Steele Von Hoff e Ben Swift sul podio), una prova che con la sua collocazione a fine stagione è diventata praticamente una classica.
Onestamente di questa Japan Cup non ci interessa capire se Daniel Martin potrà bissare il successo del 2010 o se Damiano Cunego potrà regalare all'Italia la vittoria numero 14, adesso vogliamo solo prendere la gara giapponese come perfetto esempio di come anche in Asia esistano da anni manifestazioni di buon livello che, se promosse ad un livello superiore, non farebbero la figura di cattedrali costruite nel deserto solo per mangiare denaro.
La settimana della Japan Cup è un vero e proprio festival del ciclismo giapponese perché oltre alle due prove maggiori, ci sono anche eventi che coinvolgono il ciclocross, il ciclismo femminile e quello amatoriale. Qui in Europa quando pensiamo al mondo delle due ruote giapponesi pensiamo quasi esclusivamente alle gesta di Fumiyuki Beppu e Yukiya Arashiro o quei pochi corridori che corrono stabilmente qui da noi: in realtà in Giappone c'è un movimento interno molto vivo, con tante squadre (le Continental registrate all'UCI sono ben 9) che si sfidano lungo tutto l'arco della stagione in una challenge denominata JBCF Pro Tour che a tre prove dal termine vede in testa lo spagnolo José Vicente Toribio e la Utsunomiya Blitzen tra le squadre.
I tifosi e i praticanti sono numerosi e negli ultimi tempi ha riscosso un buon successo un fumetto (e cartone animato) dedicato al ciclismo: se a tutto ciò aggiungiamo il Criterium di Saitama, organizzato da ASO e previsto per il prossimo weekend (annunciati al via Nibali, Froome, Sagan, Kittel, Froome, Kristoff e altri), capiamo che nel Paese del sol levante ci sarebbero le condizioni ideali per esportare con successo il World Tour. L'unico dubbio è se a livello locale ci possa essere l'interesse ad avere una prova del massimo circuito mondiale, visto che con la situazione attuale, i tanto seguiti team locali non potrebbero partecipare.
Ma in Asia orientale il ciclismo non è solo Giappone perché nei prossimi giorni, precisamente a partire da lunedì, avremo un'altra corsa che è cresciuta tanto negli ultimi anni e che, chissà, potrebbe anche aspirare nei prossimi anni a prendere il posto del Tour of Beijing nel World Tour. Stiamo parlando del Tour of Hainan, corsa di categoria 2.HC, che quest'anno giunge alla nona edizione con al via tre formazioni World Tour: insieme alla Belkin, che l'anno scorso vinse tutte e nove le tappe, ci saranno anche l'Astana e la Lampre-Merida.
Questo processo di crescita graduale che ha caratterizzato il Tour of Hainan ha fatto sì che adesso la corsa abbia una certa solidità organizzativa e una posizione ben delineata nel calendario internazionale: la gara a tappe cinese, però, ha almeno un altro fatto che potrebbe far pensare ad un ulteriore sviluppo nei prossimi anni, evitando così quanto successo con il Tour de Langkawi che dopo stagioni di crescita ha raggiunto il suo picco massimo e ora sembra aver perso un po' di appeal.
Proprio grazie al ciclismo abbiamo scoperto le qualità dell'isola di Hainan che, con notevoli investimenti, negli ultimi anni è esplosa come una delle località turistiche più apprezzate della Cina. Dopo aver toccato picchi superiori ai 30 milioni di turisti, le autorità di Hainan puntano ora ad attrarre persone dall'estero, sfruttando anche il fatto che qui la qualità dell'aria è mediamente superiore che nel resto della terraferma cinese (a giornate però... Anche qui c'è qualche criticità, è pur sempre un'isola da 9 milioni di abitanti): si parla addirittura di far diventare Hainan una sorta di nuove Hawaii entro i prossimi 10 anni.
Ecco, il ciclismo potrebbe essere quindi il veicolo pubblicitario perfetto per far conoscere le qualità di Hainan in tutto il mondo: con finanziamenti e una buona organizzazione l'aspetto tecnico della corsa potrebbe anche passare in secondo piano. In fondo i primi Tour Down Under del ProTour sorridevano quasi esclusivamente ai velocisti.
Insomma, la fine del Tour of Beijing e la decisione dell'UCI di chiudere la Global Cycling Promotion non rappresentano la fine del ciclismo nella parte più orientale dell'Asia: lavorando bene, con calma e senza forzare la mano si possono trovare alternative molto allettanti a Pechino o all'addirittura mai nato Tour of Hangzhou, e a dimostrarlo c'è anche la notizia di alcuni colloqui tra ASO e la Thailandia per portare anche lì i grandi campioni del Tour de France per uno spettacolare criterium di fine stagione.