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Mondiale 2014: Italia, uno show decadente - La Nazionale di Cassani ha mentalità dannunziana ma nessun finalizzatore

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La Nazionale azzurra in azione sul tracciato di Ponferrada © Bettiniphoto

Davide Cassani è un giovane ragazzo che ha conosciuto una ragazza bellissima, se ne innamora e vuole assolutamente conquistarla. Pensa bene come fare, e pianifica tutto nei minimi dettagli: si organizza per uscire con lei una sera, la porta a cena nel miglior ristorante della sua città, prenota un tavolo con vista mozzafiato, compra i fiori, paga anche dei musicisti per fare una serenata, poi, quando ormai l'ora è tarda e lei un po' brilla dice: «Andiamo a casa tua», si accorge di essersi dimenticato di comprare i preservativi.

Questa metafora colorita, per chi non l'avesse capito, non vuole essere una denigrazione del nostro CT, che alla sua prima uscita ha dimostrato di essere un degno erede della scuola di selezionatori italiani che ci vede al top come difficoltà delle scelte tattiche, partendo dal selezionamento fino ad arrivare alla condotta di gara, quanto una constatazione che abbia pianificato ignorando il nostro problema più grave: l'assenza di punte. Dice bene chi sostiene che la nazionale di ciclismo viene scelta come se fosse una nazionale di calcio: il selezionatore straniero si limita a portare i migliori corridori del lotto, più qualche gregario, i nostri ad ogni corridore assegnano un suo ruolo predefinito.

Il compito di controllare la prima fase di gara spettava a Manuel Quinziato, il quale alla fine ha avuto poco da fare visto che sulle prime battute la situazione ci ha visto neutrali. C'era solo da controllare nei primi minuti non andasse via una fuga troppo corposa senza i nostri, e difatti Manuel era lì nelle prime venti posizioni all'inizio, mentre Rubiano spingeva per portare via la prima fuga. Successivamente, i nostri han deciso di prendere l'iniziativa per rendere la corsa più complicata possibile: il cosiddetto "caos organizzato", più volte citato da Cassani. È stata la fase più bella per noi, perché abbiamo visto i nostri avere il pieno controllo della situazione, prima mettendosi in testa in discesa, poi attaccando con Fabio Aru e Giovanni Visconti

Se l'affondo del sardo è stato l'amo, l'esca è servita per spingere fuori dal gruppo il siciliano, in compagnia del conterraneo Giampaolo Caruso, mentre il gruppo si spezzava in diversi tronconi e venivano fuori i limiti degli uomini non al top per il Mondiale. Menzione d'onore per Visconti, del trio il più generoso di tutti, mostrando ancora una volta di essere un'ottima pedina dello scacchiere azzurro indipendentemente da chi sia il selezionatore (ricordare Firenze). Aru si è dimostrato utile anche in seguito, facendo da stopper per la fantastica azione di Alessandro De Marchi, MVP odierno nonostante rimpianga di non esser stato dietro Kwiatkowski. Il rosso di Buja ha fatto esattamente ciò che ci si aspettava, ossia un'azione lucida (nonostante gli occhi costantemente spiritati), nella quale ha portato avanti un quartetto coordinando anche l'azione, ad esempio permettendo il rientro di Kiryienka.

De Marchi era il nostro centrocampista offensivo, quello che doveva fornire l'assist per l'attacco finale della nostra punta. La questione però è molto semplice: la punta non c'era. Vincenzo Nibali, l'uomo predisposto ad attaccare, è mancato senza appello quando si è sviluppata l'azione decisiva, nonostante fosse nella posizione ideale per attaccarsi ai primi. Ora si discuterà per giorni su Nibali, e su quanto gli incidenti (compreso quello odierno, nei primi chilometri), possano avere influito sulla prestazione, una cosa è certa: si trattava di un Nibali molto inferiore a quello del Tour, incapace di affondare il colpo. E di conseguenza, tutta la perfetta preparazione si rivelava un assist perfetto con nessuna punta in area.

Di contro, la prestazione di Sonny Colbrelli è stata ineccepibile. Il nostro uomo veloce è stato il primo degli azzurri a scollinare sull'ultimo passaggio del Mirador, esattamente in decima posizione, ed anche il migliore al traguardo, 13esimo in uno sprint che lo ha visto concludere sesto nella volata di gruppo, ma dietro a velocisti puri, oltre che Cancellara. E anche Daniele Bennati ha dimostrato una freschezza e una lucidità che avremmo voluto vedere in altri tempi, quando il compito di finalizzatore spettava a lui; il toscano è stato sempre presente nelle fasi calde come Cassani avrebbe voluto, ossia nel ruolo di regista.

Se dobbiamo trovare un azzurro che ha deluso le aspettative, oltre a Nibali, è decisamente Damiano Caruso, evidentemente in calo dopo una Vuelta corsa per far classifica: non ha inciso sulle manovre azzurre e si è sciolto nell'ultimo Giro. Si può dire che il siciliano sia stato l'unico elemento veramente deludente, e magari un Formolo al suo posto avrebbe ulteriormente contribuito al caos: ma questo è, ovviamente, fantaciclismo.

Nel complesso, un Davide Cassani promosso a livello tattico: il piano che ha costruito è stato bello ed elegante. Ecco però, bello quanto inutile, perché non avevamo nessuno in grado di portarlo a compimento. Il punto è che talmente tanti e tali sono stati i contrattempi, per l'ormai ex-spalla di Bulbarelli (lo stop di Ulissi, le defezioni di Trentin e Nizzolo, il mancato rendimento di Pozzato, la caduta di Nibali alla Tre Valli), i quali a loro volta vanno ad aggiungersi ad una situazione già non rosea a livello di bacino d'atleti, che l'alternativa sarebbe stata arrendersi agli eventi e correre una corsa anonima, un po' come ha fatto l'Olanda, ad esempio.

A noi invece questo approccio dannunziano alla Fiume o Morte! ci piace ugualmente, porti o no risultati, perché in questo sport magari per il dirigente federale contano solo le medaglie, ma per l'appassionato, futurista per natura, ha la stessa importanza lo spettacolo. E vedere che la nostra nazionale resta tra le più estrose è comunque una soddisfazione che possiamo sbandierare. Almeno fino a quando Valverde (quello che sosteneva che attaccare prima della salita finale era stupido) non vincerà un mondiale.

Nicola Stufano

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