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Vuelta a España 2014: Inchinatevi all'urlo di Aru! - Fabio attacca deciso, tiene il passo di Froome e vince di prepotenza

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Fabio Aru stacca Chris Froome e vince anche a Monte Castrove © Bettiniphoto

Quando ai -4, lungo la salita del Monte Castrove, Fabio Aru ha risalito il gruppo dei migliori, piazzando uno scatto dei suoi, pareva quasi incredibile: un 24enne alla seconda stagione da pro' staccare tutti i migliori, roba da rimanere a bocca aperta. E infatti, quando poche centinaia di metri dopo è uscito Chris Froome dal gruppetto di Valverde, Joaquim Rodríguez e Contador, in un certo senso ci stavamo svegliando dal sogno. Il kenyano, con le sue proverbiali frullate, avrebbe staccato il sardo di Villacidro senza faticare troppo.

Invece l'anglo-kenyano, che sarà sgraziato ma non è uno stupido, aveva capito che Fabio Aru gli sarebbe tornato molto utile. E allora lo affianca, un cenno. Andiamo via. E Fabio i cambi a Froome glieli dà: del resto Rodríguez è alla portata di Aru, non vicinissimo ma a 1'09". Il quarto posto del catalano cincischiante (come Valverde e Contador) Fabio se lo potrebbe prendere, tra oggi e sabato. Ma quel che più importa è che la seconda vittoria alla Vuelta, la terza in una grande corsa a tappe, è là che aspetta il forte corridore dell'Astana. Froome mulina, Aru non ci pensa nemmeno a lasciar andare il kenyano bianco. I tre spagnoli, primi inseguitori della coppia al comando, non si vedono all'orizzonte, né mai si vedranno.

Era una tappa per lui, per Aru, quella che è partita da A Estrada e dopo 157 km s'è conclusa sul Monte Castrove. Ascesa non lunghissima, ma con punte impegnative. La si è affrontata due volte, ed al primo passaggio, mentre Luis León Sánchez prendeva i punti del Gpm, consolidando la maglia di miglior scalatore, dietro si studiava: Sky a tirare, Froome provava a vedere se e dove era possibile attaccare. Anche Aru imparava metro per metro questa salita, gli sarebbe tornato utile più tardi.

Ripreso Luis León Sánchez, ultimo fuggitivo di un terzetto che in origine comprendeva anche Hubert Dupont (AG2R La Mondiale) e Johan Le Bon (FDJ.fr), s'è capito definitivamente che in questa tappa non ci si sarebbe risparmiati. Il più battagliero era il terzo in classifica, Chris Froome, reduce dalò ceffone preso da Alberto Contador a La Farrapona, lunedì. Froome sprintava a San Xoan de Poio per l'abbuono, confondendo però lo striscione dei -9 con quello del traguardo volante. I 3" d'abbuono andavano a Gorka Izagirre, Chris Froome si accontentava di 2". Peccato, ma nulla era perduto. Lo vedremo.

La salita finale è appena imboccata, mancano 6.5 km al'arrivo e provano l'allungo, a dir la verità un po' timido, ma poco importa, Christophe Le Mével, Paolo Tiralongo ed Alessandro De Marchi. Tiralongo, praticamente la guida spirituale di Aru: lo conosce, lo stima, gli insegna i segreti del mestiere. Questo scattino qualcosa vorrà pur dire. Il gruppo si riporta sotto, il solito Warren Barguil, che un Tour de l'Avenir non l'ha vinto per caso, prova lo scattino, senza convinzione. Ripreso, se ne va Jérôme Coppel ai -4.5. Guadagna subito una decina di secondi, ma non sa che la tempesta si sta per scatenare alle sue spalle, travolgendolo.

Lo travolge quello scricciolo di nome Fabio, cognome Aru, poche parole, molti fatti. Ai -4 si fa vedere sulla destra del gruppo, li supera tutti, quei grandi professionisti che lottano per una maglia, per il podio, per un piazzamento nei dieci. In men che non si dica Coppel è ripreso, Aru solo in testa. Oh, se pedala bene! Guadagna tanto, per forza di cosa Purito Rodríguez, che vede il quarto posto traballare, si muove. Contador, Valverde e Froome lo seguono. Froome capisce che si può fare di più, ed allunga.

Ai -3 Aru e Froome sono una coppia di fatto, gli spagnoli inseguicchiano. Sì, perché Valverde non tira, come se perdere il secondo posto da Froome fosse un fatto a cui non può porre rimedio (e forse la gamba questo dice al murciano). Rodríguez accelera di tanto in tanto, così Contador, più preoccupato di non portare i due connazionali sul traguardo e farsi fregare l'abbuono, che chiudere su un pericoloso avversario come Chris Froome. Ai due davanti la situazione va benissimo, tanto che guadagnano fino a 20" sul trio iberico.

Aru, se fosse un corridore qualsiasi, dopo l'allungo e l'ombra di Froome che si porta a ruota, potrebbe benissimo essere staccato dallo Sky, senza doversi rimproverare nente. Ma Fabio Aru è un vincente, un tattico raffinato, un giovane intelligentissimo. Capisce che il treno di Froome è quello buono, ci salta sopra al volo. All'anglo-kenyano va benissimo così, lui vuol solo guadagnare terreno su Valverde e soprattutto Contador. Siamo all'epilogo, il traguardo a meno di un chilometro.

Dietro un'altra accelerata di Purito, cui ne fa seguito una di Contador, non produce nulla di che, mentre davanti si viaggia sempre ad alte velocità. Quando il traguardo è lì, dietro la curva. Aru capisce: ora o mai più. Un vincente come lui sceglierà sempre e soltanto la prima opzione, e così scatta in faccia a Froome. Quasi sorpreso, il kenyano bianco non riesce a riportarsi sul sardo, perché il suo scatto ha fatto proprio male. Mani basse - come pochi sapevano fare, uno in particolare - e via andare, girandosi un paio di volte, giusto per controllare non se Froome rientrasse ma quanto fosse distante. Parecchio, caro Fabio, è parecchio distante.

La seconda vittoria, dopo quella ottenuta a San Miguel de Aralar, nell'undicesima tappa, è lì, a pochi metri. Quelli che servono per esultare, sempre allo stesso modo - un pugno al vento, un braccio all'altezza del petto - quello per avere conferma: Fabio Aru non è né una promessa né una splendida realtà. È già un campione cotto (solo per dire) e mangiato, navigato, pronto a conquistare grandissime vette. Senza fretta, senza fiatare, lavorando sodo, tutto qui.

Fabio, che alla Vuelta era venuto per far bene, centrare una top ten, forse una top five e se possibile una tappa, si conferma all'altezza dei migliori. Oggi non l'hanno lasciato andare di proposito, non gli hanno dato il via libera. No, proprio nessuno, se escludiamo il sempre volenteroso Froome, è riuscito a stargli dietro. Froome che nel finale, per quello scatto, pagherà ad Aru un secondo. Se la punta della Sky potrebbe vedere il bicchiere mezzo vuoto per aver fatto secondo in questa tappa, sicuramente verrà riportato sulla retta via in serata, dato il bilancio parziale ampiamente positivo: tra 12" rifilati a Contador, più 8" d'abbuono, il kenyano bianco rosicchia 20" al fuoriclasse di Pinto, scavalcando Valverde nella generale.

Valverde che aveva sì tagliato il traguardo al quarto posto, a 13" da Aru, precedendo Purito e Contador, ma la piazza d'onore l'aveva persa malamente. Alle spalle di costoro troviamo Samuel Sánchez a 17", Daniel Navarro a 33" quindi Dani Moreno, un sempre più costante Damiano Caruso e Warren Barguil a 48".

La generale non sorride più troppo a Contador, sempre in maglia roja, ben lontano dal perdere questa Vuelta, ma che oggi ha ceduto non poco. Froome, come detto, gli rosicchia un totale di 20" ed ora è alle sua spalle a 1'19", quindi Valverde, terzo a 1'32".

Ai piedi del podio sempre Purito Rodríguez, che deve recuperare a Contador 2'29" e vede nello specchietto retrovisore la sagoma di Fabio Aru, quinto a 3'15", lontano da Purito appena 46". Alle spalle del giovane di Villacidro un abisso: Daniel Martin è a 6'52", Samuel Sánchez a 6'59", Warren Barguil a 9'12", Daniel Navarro a 9'44", Damiano Caruso a 9'45", ancora decimo. Stamane si era ritrovato nono dopo che Robert Gesink, settimo, aveva lasciato la corsa per tornare a casa ed assistere la moglie incinta. Come Gesink, non avevano preso il via Fabian Cancellara, Cameron Meyer e Tom Boonen.

Domani si va vicini al Portogallo per la 19a tappa, 180.5 km da Salvaterra do Miño a Cangas do Morrazo, con l'Alto do Monte da Groba ed il Monte Faro da scalare. Quest'ultima ascesa, non lontanissima ma nemmeno vicina al traguardo, potrebbe fungere da trampolino per i coraggiosi, mentre sabato, con il tappone di Puerto de Ancares, si capirà se Chris Froome può davvero vincere la Vuelta o se Alberto Contador avrà fatto il capolavoro. Per adesso, di capolavori, godiamoci quel paio che portano la firma di Fabio Aru. Che cresce senza fretta, senza fiatare, lasciando senza fiato: ammiratori e soprattutto avversari.

Francesco Sulas

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