Vuelta a España 2014: Quintana, stavolta il tonfo si sente - Nairo cade ancora ed abbandona. Froome cerca la condizione
C'è un filo rojo che unisce i destini di due corridori fino a stamane in gara alla Vuelta. Filo rojo che stasera ben poco ha a che vedere con la maglia roja, al contrario di pochi giorni fa. Leviamoci il dente: parliamo di Nairo Quintana e Chris Froome. Bene, che hanno in comune questi due? Fondamentalmente niente. Quintana è un colombiano che a 24 anni ha già fatto secondo al Tour e vinto il Giro. In salita vola, in barba all'agilità, giù (anzi, su) di rapporto, come si usava qualche decennio fa. E Quintana, nonostante sia giovane, pare aver gareggiato con Coppi e Bartali.
Chris Froome è l'opposto del colombiano: nato a Nairobi, è un britannico un pochino più avanti con gli anni (classe '85). Corridore a suo modo anomalo, quasi figlio della scienza, del misuratore di potenza, maniaco del dettaglio, dal colpo di pedale - una vera e propria frullata, viste le rpm che sviluppa in salita - alla respirazione. Froome è esperto, avendo corso con e per Wiggo una Vuelta ed un Tour (2011 e 2012, rispettivamente), essendosela portata a casa lui stesso, una Grande Boucle, lo scorso anno; ora lotta per non chiudere il 2014 alla voce "flop". Come tutti i corridori-robot, va in difficoltà ai primi ostacoli. Quintana è più istintivo, è quello che giù dallo Stelvio innevato non si cura delle assurde moto ma dei corridori che vanno via, e lì, di fatto, vince il suo Giro d'Italia. L'esperienza, vista l'età, non sarà il massimo, sebbene sia già un corridore più che maturo.
Quindi cosa lega Quintana e Froome? Quest'ultimo è andato al Tour cercando di ripetere il successo del 2013, ma con un avvicinamento complicato, tra diversi infortuni e, non ultima, una caduta al Delfinato. Le sue ambizioni per la Boucle si sono fermate dapprima sulla strada di Lille, quando cadde male, battendo il polso. Il giorno dopo, acciaccatissimo, lo attendeva la tappa del pavé: non percorrerà nemmeno un tratto, cadrà poco prima dell'Inferno e si ritirerà. Stessa sorte in questa Vuelta senza pavé per Nairo Quintana. Ieri è caduto nella crono di Borja, scendendo dall'Alto del Moncayo. Un brutto volo, un salto mortale, almeno per il morale, ma pure per la schiena e tutte le altre parti coinvolte.
Oggi, come Froome, nemmeno 20 km ed un'altra caduta: vanno giù in tanti, forse per colpa di una manovra della moto di Diario AS (almeno così riportano dall'ammiraglia Movistar), Morabito ci lascia la clavicola, Quintana le lacrime. Lo portano in ospedale, frattura scomposta della scapola destra. Stagione finita, non solo Vuelta. Peccato, perché da oggi a Santiago de Compostela, con sei arrivi in salita, sarebbe stato interessantissimo vedere se e come il campesino avrebbe recuperato oltre tre minuti ad Alberto Contador. Magari avrebbe compiuto l'impresa o forse non sarebbe riuscito nemmeno a prendersi il podio, non lo sapremo mai.
Quintana esce dal palcoscenico stagionale con un Giro d'Italia dominato, in cui ha vinto essendo il più forte, meritando veramente quella maglia. Ponferrada non era un Mondiale per lui - e meno male, aggiungiamo, sennò sai che rosicate! - ma qualche classica di fine stagione ci poteva stare. Lo opereranno domani a Pamplona, poi probabilmente tornerà nella sua Colombia, quella in cui si prepara alla vigilia dei grandi appuntamenti.
Chi invece in corsa c'è ancora è Chris Froome. Se ne parla come di un mezzo cadavere solo perché nella crono di Borja non ha dato distacchi abissali, anzi le ha prese, ed oggi non ha messo un trenino targato Sky in testa all'inizio della salita finale che portava al Santuario de San Miguel de Aralar (Dario Cataldo a parte). Invece l'anglo-kenyota è a 12" dal podio, a 1'20" dalla maglia roja di Alberto Contador. Quindi? Quindi è un Froome diverso. E intendiamoci, per "diverso" intendiamo quel corridore che non segue l'andamento della tappa come una procedura che prevede: fuga, squadra a tirare sull'ultima salita, selezione da dietro, sgasata finale.
Su queste salite Froome ha sempre ceduto qualcosa, mentre oggi ha fatto parecchie volte l'elastico. Anche questa non è una novità del repertorio di Chris. Al Tour 2012, quello della super Sky con Wiggins in giallo e Froome, superiore, secondo, il kenyano bianco fece questo giochino nela frazione di La Toussuire. Ai primi allunghi sembrava staccarsi, come poi in realtà fece, lasciando Wiggins al suo destino. Al tornante dopo, però, Froome te lo ritrovavi davanti, sgraziato come pochi, ed avrebbe anche vinto, se solo Dave Brailsford dall'ammiraglia gli avesse dato il via libera.
Oggi ha guardato le pendenze di una salita non regolare, a scaloni. Scaloni che parlano di rampe in cemento al 14%, tratti in cui rifiatare, ma sempre all'8% siamo, altri pezzi al 10%. Tutto così, 9900 metri di avanti e indietro. Sulle prime, con Cataldo a fare un bel ritmo, Froome sembrava patire. Puntualmente risaliva ed a 2 km dal traguardo avrebbe piazzato anche una cosa a metà tra l'allungo ed il forcing. Un allungo fatto per alzare la velocità, ma che ha scatenato Alberto Contador, il quale ha provato con uno scatto dei suoi a lasciar lì tutti (e per qualche metro ci è riuscito).
Teoricamente l'enigmatico Froome doveva andare alla deriva, dopo le rasoiate del Pistolero prima ed i due scatti di Aru in seguito, ma finirà quinto, a 6" dal sardo dell'Astana. Froome chiude con Valverde, Joaquim Rodríguez e Contador, non sarà il miglior Froome mai visto ma sta correndo come ha sempre detto dall'inizio della Vuelta: «Di solito arrivo ai GT con una grande condizione e cerco di mantenerla, qui dovrò fare il contrario».
L'impressione è che il kenyano bianco sia inferiore a Contador, Rodríguez, Valverde ed Aru ma dovesse mai arrivare all'ultima settimana con una gran forma, potrebbe aspirare a qualcosa in più di un semplice podio.