Vuelta a España 2014: Souper Bouhanni, Valverde rosseggia - Gran volata degli FDJ, battuti Degenkolb e Ferrari
- VUELTA A ESPAÑA 2014
- FDJ.fr 2014
- Movistar Team 2014
- Alejandro Valverde Belmonte
- Damiano Caruso
- Francesco Lasca
- Jasper Stuyven
- John Degenkolb
- Jonathan Castroviejo Nicolas
- Matteo Pelucchi
- Moreno Hofland
- Nacer Bouhanni
- Nairo Alexander Quintana Rojas
- Oscar Gatto
- Roberto Ferrari
- Tom Boonen
- Yauheni Hutarovich
- Uomini
La domanda che sorge spontanea è: come diavolo fa la FDJ a privarsi a cuor leggero di uno sprinter come Nacer Bouhanni? Un corridore che a 24 anni vince con la sua facilità, un guerriero nell'anima e nello sprint, già in grado di conquistare un titolo nazionale (due anni fa) come anche la classifica a punti di un GT (l'ultimo Giro d'Italia). Le tre vittorie ottenute nella corsa rosa trovano oggi un'eco fragorosa nella prima affermazione alla Vuelta: seconda tappa, prima in linea dopo la cronosquadre di ieri, e subito una dimostrazione di forza per far capire a tutti chi sarà il velocista di riferimento in queste tre settimane.
Bouhanni a fine stagione veleggerà verso la Cofidis, e di sicuro ha ricevuto da quella squadra un'offerta che non si poteva rifiutare... ma in casa FDJ non si può dire che Marc Madiot (il general manager) abbia fatto di tutto per trattenere il gioiellino nato a Épinal. Gli ha da sempre contrapposto l'altrettanto talentuoso Arnaud Démare, ma ha commesso l'errore di aver di fatto messo l'uno contro l'altro i due galletti, dimostrando a più riprese di avere un occhio particolare per l'altro, cui ha concesso di disputare il Tour, preferendolo proprio a Nacer.
Piuttosto che starsene in disparte con espressione malmostosa (anche se avrebbe tanto voluto farlo, a un certo punto), Bouhanni l'ha presa con filosofia, e ha continuato per tutto l'anno a fare quello che meglio gli riesce, tanto che oggi può festeggiare il decimo alloro stagionale. Insomma, "se mi devono salutare, che mi rimpiangano per bene".
Oggi però la vittoria di Bouhanni è in compartecipazione con una squadra che l'ha lanciato in maniera - se si può osare un simile aggettivo - sublime. Un grande lavoro di Murilo Fischer nell'ultimo chilometro ha permesso a Geoffrey Soupe, ovvero l'ultimo uomo del treno blu, di fare a sua volta una vera e propria volata, dai 400 metri ai 150, quando infine Nacer ha deciso di partire per il colpo di grazia. Ma non è esagerato dire che a quel punto lo sprint era praticamente già vinto, proprio grazie allo spettacolare sforzo di Soupe, a cui appartiene almeno un 40% dell'affermazione odierna.
Jasper Stuyven (22enne neopro' della Trek) ha tentato in tutti i modi di reagire, di resistere, magari di rimontare, ma è malamente rimbalzato indietro, mentre Bouhanni andava a tagliare il traguardo con margine più che netto (Soupe esultava sfilandosi). Al secondo posto si è inserito John Degenkolb, che è partito da posizione troppo arretrata e, pur rimontando poderosamente, non ha avuto la possibilità di colmare il gap dal francese.
Terzo ha chiuso Roberto Ferrari, che ha fatto un po' da sé nell'ultimo chilometro ma che ha saputo destreggiarsi al punto da centrare questo buon piazzamento, davanti al rinculante Stuyven e a un altro paio di italiani, Francesco Lasca (buono l'impatto del Caja Rural) e Oscar Gatto, che ha sprintato lui una volta appurato che Peter Sagan era in procinto di lasciarsi sfilare (solo 46esimo lo slovacco, in barba a chi pensava che avrebbe lottato per gli abbuoni dell'arrivo nell'ottica di scavalcare la maglia rossa Castroviejo).
Castroviejo è stato sì scavalcato, ma solo per la somma dei piazzamenti rispetto ai suoi compagni della Movistar: è andata a finire che Alejandro Valverde (21esimo) è stato il primo tra gli uomini di Unzué a varcare la linea del traguardo, ed è andato così a vestire il simbolo del primato, davanti a Nairo Quintana, Andrey Amador e - scivolato al quarto posto - l'ex leader. Nella generale troviamo Gatto al settimo posto (a 6" dal primo), e Damiano Caruso al nono.
Peraltro oggi, nella volata, oltre a Ferrari, Lasca e Gatto, si è piazzato nei dieci (proprio decimo) Matteo Pelucchi, a chiudere una top ten comprendente anche Hutarovich (settimo), Boonen (ottavo) e Hofland (nono). Italia abbastanza presente, insomma (anche se il velocista più atteso, tra i nostri, ovvero Andrea Guardini, ha forato ai 7 km uscendo così di scena). In precedenza si erano fatti vedere anche Kristian Sbaragli e Valerio Conti (inserito all'ultimo momento in squadra al posto di Horner, il 21enne romano ha subito mostrato di essere sul pezzo, onorando a modo suo il dorsale numero 1 ereditato dal compagno vincitore della Vuelta 2013), entrati nella fuga partita dopo un paio di chilometri dal via di Algeciras. I due si sono messi in viaggio con Javier Aramendia, Jacques Janse Van Rensburg, Romain Hardy e Nathan Haas.
Dopodiché Sbaragli e Haas si sono accontentati di disputarsi il traguardo Gpm (ha avuto la meglio Haas, prima maglia a pois della Vuelta), per poi rialzarsi e lasciare gli altri 4 al proprio destino. Un destino che, malgrado un vantaggio massimo di 4'58" per la fuga (margine toccato dopo 90 dei 174 km totali), parlava di pochissime speranze di riuscita per la fuga medesima. E infatti i battistrada sono stati raggiunti anche abbastanza presto, a circa 20 km dalla fine (Janse Van Rensburg ha resistito da solo fino ai -18); potranno sempre riprovarci, non mancheranno tappe adatte a fughe.
Forse non quella di domani, la terza, da Cadice ad Arcos de la Frontera: non tanto per le salitelle che pure non mancano nei quasi 198 km del percorso (comunque poca roba, utile giusto per accendere la lotta per i pois), quanto per l'arrivo su strappetto che solleticherà gli appetiti di molti "clasicómani" presenti in Spagna.