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Tour de France 2014: Anche nelle pagelle Nibali fa il pieno - Vincenzo merita il 10 e lode. Bene i francesi, ottimi Trentin e De Marchi

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Il podio di Parigi con Nibali tra Péraud e Pinot © Bettiniphoto

Vincenzo Nibali - 10 e lode
Il secondo salvatore della patria partorito dall'Italia in pochi mesi... nell'attesa che incontri il primo (...) a Palazzo Chigi, alleggeriamo il carico che dovrà portare con sé e diciamo che non sarà certo il suo successo al Tour a far uscire il paese dalla crisi (come qualcuno, nell'enfasi dei festeggiamenti dei Campi Elisi, ha sparacchiato). Rimane ovviamente e inevitabilmente il simbolo di un movimento che si aggrappa a lui, un corridore che ha saputo salire sul tetto del mondo ciclistico con tre settimane da favola. Baciato dalla grazia, ha volteggiato qua e là per le strade di Francia (e Inghilterra, prima), evitato cadute per millimetri e vinto tappe ad ogni punto cardinale dell'Esagono. Ha impressionato sul pavé e staccato i rivali di classifica sin da subito, ha messo grande pressione su Froome e Contador inducendoli magari all'errore, e ha poi raccolto i frutti del proprio lavoro. 4 successi parziali, la maglia gialla indossata per 19 giorni su 21, voragini (e non distacchi) inflitte agli avversari, una gestione del primato da vero padrone della corsa. Che cosa gli potevamo chiedere di più? E che cosa potrà chiedere ora a se stesso, dopo aver conquistato il Tour (lui già vincitore di Giro e Vuelta)? Prima del livello "guarire gli infermi con la sola imposizione delle mani" ci sarebbe l'ideuzza della doppietta rosa-gialla. Non subito nel 2015, magari, ma prima o poi...

Jean-Christophe Péraud - 8.5
Già solo per aver fatto incavolare Nibali a Risoul ha compiuto un'impresa unica in questa Grande Boucle. Ma per il resto non è stato meno efficace: alla lunga ha vinto la sfida interna con Bardet per chi doveva essere capitano, e ha tenuto alla grande sulle salite della seconda metà di Tour. A Hautacam ha sudato pure l'anima pur di non perdere terreno rispetto a Pinot, e ha posto così le basi per il sorpasso che dalla crono l'ha proiettato direttamente al secondo posto della generale: come Richard Virenque 1997, ultimo francese a riuscirci.

Thibaut Pinot - 8.5
La cosa più difficile del suo Tour è stata il contenere le effusioni del suo team manager Madiot, che se l'è pure sbaciucchiato in pubblico (purché a favore di cameraman e fotografi, il buon Marc farebbe pure la lap-dance). In corsa, un Pinot che ha finalmente superato la paura delle discese (anche se qualche incertezza resta), che ha saputo essere tra i primissimi in quasi tutte le tappe di montagna (un passaggio a vuoto solo a Pla d'Adet), che a Hautacam ha dato a Valverde la mazzata decisiva prima di difendersi ottimamente nella crono. Ha salvato il podio, ha vinto la maglia bianca di miglior giovane e ha ricordato a qualche scettico che il Tour de France prima o poi lo vincerà.

Alejandro Valverde - 5
A vederlo soffrire sui Pirenei lo immaginavamo con una croce rossa dipinta sulla maglia, e di conseguenza non dovremmo metterci a sparare su di lui. Ma nemmeno gli si può continuare a dire che va tutto bene, e che il fatto che abbia ottenuto il suo miglior risultato alla Boucle (quarto posto) sia sufficiente per la sufficienza. Lui, molto realista, puntava al podio, ma l'ha clamorosamente mancato spegnendosi con un paio di tappe d'anticipo: Hautacam da dimenticare almeno quanto la crono (e dire che è stato l'unico giorno in cui ha provato ad attaccare, giù dal Tourmalet). Mai in lizza nemmeno per un successo parziale, ha corso centellinandosi e facendo più attenzione del solito (non ha perso nulla per cadute o incidenti di percorso vari), ma non è bastato. Un giorno poi ci dirà se è valsa davvero la pena di inseguire per tutta la carriera il sogno di far classifica al Tour.

Tejay Van Garderen - 5.5
Che a due anni dal suo miglior piazzamento non sia riuscito a migliorare quel quinto posto (ma solo a eguagliarlo), e che questa deludente conferma sia giunta al termine di una corsa in cui non ha fatto nulla di memorabile, se non rimanere agganciato, quando ha potuto, al trenino buono in salita, ringraziando peraltro anche una foratura di Bardet nella cronometro che gli ha permesso di entrare in top 5 all'ultimo momento, spiega ampiamente il perché dell'insufficienza (anche se non spiega il perché di una frase tanto lunga senza un punto).

Romain Bardet - 7
Ciclista a tre dimensioni, dispone pure della profondità (di pensiero) e per due terzi di gara ha dato l'impressione di essere quello messo meglio, nel novero dei francesi da classifica. Poi però al conquibus ha perso qualche colpo ed è stato superato dal compagno Péraud e dal rivale Pinot. Ottimo specchietto per le allodole nella tappa di Pla d'Adet, una caduta a Bergerac gli ha reso più difficile dare il meglio nella crono del giorno dopo. Nonostante ciò stava per salvare il quinto posto dall'assalto di Van Garderen, finché una foratura non gliel'ha fatto perdere: superato per soli 2" in classifica, ha definito solo "irritante" la faccenda. Dopodiché ha dovuto ordinare su internet due casse di aplomb, avendo finito le scorte nell'occasione.

Leopold König - 7
Il Cunego ceco, ma solo per questioni etimologiche... Al contrario di quanto fa di solito il quasi omonimo, Leo è partito a fari spenti ed è arrivato tra squilli di tromba, centrando il settimo posto nella generale e rendendosi protagonista di belle tappe (soprattutto a Chamrousse e a Périgueux). È pure quasi giovane (i 27 li compirà a novembre), e allora sommando questo piazzamento alla top ten centrata all'ultima Vuelta possiamo dire senza problemi che il ciclismo dei GT ha trovato un nome nuovo da seguire nei prossimi anni.

Haimar Zubeldia - 7.5
Il suo invece è un nome vecchio, si piazzava in classifica quando ancora battagliavano Armstrong e Ullrich, e il suo motore diesel ad alta affidabilità gli ha regalato una nuova top ten (ottavo alla fine), anche alquanto insperata se vogliamo. Poi si può dire che in gara non si è praticamente mai fatto vedere, quasi sempre nascosto nel gruppetto dietro al drappello inquadrato, ma il voto è quasi alla carriera e allora largheggiamo.

Laurens Ten Dam - 6
Ancora una volta si è dimostrato il più affidabile dei Belkin, in una gara a tappe. Da ciò a dire che non vediamo l'ora di rivederlo gareggiare, ce ne passa. Ha fatto quel che ha potuto, ha conquistato il nono posto finale, e con esso il diritto di essere confermato tra i possibili outsider anche al Tour del 2015.

Bauke Mollema - 4
In regressione. Prima che sia troppo tardi, deve decidere che tipo di impronta dare alla sua carriera: se mai si rendesse conto che può riconvertirsi in grande cacciatore di classiche, lo faccia senza rimpianti: i suoi decimi posti nei GT non mancheranno a nessuno.

Pierre Rolland - 6
Il migliore tra quelli che hanno accoppiato il Tour al Giro, e per questo motivo la sufficienza gli sta stretta (quarto alla corsa rosa, 11esimo alla Boucle); dovendo però giudicare quanto visto nelle tre settimane francesi, non è il caso di esagerare. Si è fatto vedere qualche volta, alla fin fine ha anche mostrato una discreta tenuta sulla distanza, ma i suoi attacchi sono stati lontani parenti di quelli splendidi esibiti al Giro. E dire che aveva da giocarsi un Cyril Gautier mai così convincente (6.5), sempre in avanscoperta e pronto a servire il capitano.

Fränk Schleck - 5.5
Malinconico crepuscolo per i fratelloni che solo 3 anni fa monopolizzavano le attenzioni di tutti e il podio del Tour (secondo e terzo nel 2011). Sfortunatissimo Andy (s.v.), caduto e fratturatosi il ginocchio quando sembrava poter fare qualcosa di interessante, in una tappa o l'altra; incolore Fränk, che è sì stato spesso tra gli ultimi a staccarsi dal gruppetto dei big (e ciò si riverbera nel 12esimo posto finale), ma non ha mai prodotto un lampo che fosse uno.

Jurgen Van den Broeck - 4
Ai mercati rionali di tutta Parigi è ancora acceso il dibattito se lui vada al banco della carne o a quello del pesce, ma questa è una boutade inventata (anche se con un fondo di verità), e invece la sua brutta Boucle è una drammatica realtà. Mai al livello nemmeno di quelli che già non erano al livello dei migliori. Da inventariare prima di prossimi rovesci.

Chris Horner - 5
È vero che ha avuto un brutto infortunio in primavera, ed è vero che ha svolto dignitosamente il ruolo di attendente al capitano nelle prime tappe, ma dall'ultimo vincitore della Vuelta ci si aspettava qualcosa in più del vivacchiare della terza settimana. Quanto a Rui Costa (5.5), la broncopolmonite che l'ha costretto al ritiro non spiega tutto di una prima parte di Tour senza guizzi; ma è pur sempre un'attenuante, e gli varrà come alibi per riprovare a far classifica l'anno prossimo. Contento lui, contenti tutti.

Richie Porte - 4.5
Ritrovatosi improvvisamente capitano della Sky, ha avuto modo di raccogliere tra Alpi e Pirenei abbondante materiale per capire che i grandi giri gli sono ancora ostici. Molto meglio di lui Geraint Thomas (6), che ha resistito come un cagnaccio sulle salite della Boucle, salvo poi ritrovarsi alla fine con un inutile 22esimo posto in classifica, e col rammarico di non aver avuto un capitano vero per cui spendersi.

Michal Kwiatkowski - 5.5
Non è il coraggio che gli manca, e soprattutto nella prima metà di Tour è stato protagonista. Ma le grandi salite (specie se in serie) proprio non le digerisce. Dopo aver perso minuti sulle Alpi è rientrato fugacemente in classifica grazie alla fuga di Bagnères-de-Luchon, ma poi è rimbalzato nuovamente lontano. Ha ancora anni per migliorare, ma non vorremmo snaturasse troppo le sue ottime qualità per inseguire quel che difficilmente potrà realizzarsi.

Michele Scarponi - 6.5
Un fenomeno nel fare spogliatoio, tra lui e il fidatissimo Alessandro Vanotti (6.5) si può dire che Nibali abbia avuto tutte le coccole necessarie. In gara ha funzionato a sprazzi, ma la sua parte l'ha fatta. In salita meglio Tanel Kangert (6.5), emerso bene nella terza settimana, ma la palma di miglior gregario dell'Astana la diamo a Lieuwe Westra (7.5), sontuoso nella determinante tappa del pavé e poi in grado di contribuire anche sulle montagne.

Tony Gallopin - 8
Uno dei personaggi del Tour, la sua storia d'amore con Marion Rousse (cicista a sua volta, nonché tra le miss di tappa) ha fatto la felicità dei rotocalchi (e l'invidia dell'intero ciclouniverso maschile), anche perché associata a una bella vittoria di tappa e alla conquista della maglia gialla, portata un giorno solo ma buono: il 14 luglio della Festa Nazionale francese.

Jakob Fuglsang - 5.5
All'inizio voleva fare il capitano perché non si sentiva da meno di Nibali, ma il seguito prova che aveva torto: in salita era certamente inferiore al siciliano, anche se il suo rendimento è stato decurtato dalla caduta patita nella discesa del Palaquit, nella prima tappa alpina. Comunque nelle frazioni pirenaiche ha dato un contributo, che forse non ha pareggiato del tutto il conto con le pretese della prima settimana, ma che non è stato disprezzabile.

Giovanni Visconti - 6
All'esordio al Tour si è fatto vedere: ci ha messo qualche giorno per prendere le misure alla Grande Boucle, poi nella terza settimana ha messo a segno una fuga quasi vincente (secondo a Pla d'Adet), e ha dato una buona mano a Valverde. Ritornerà, e potrà cercare maggior gloria.

Michael Rogers - 7.5
Dopo un Giro da protagonista, e grazie al fatto di poter agire da battitore libero nella seconda metà di gara, è riuscito a inventarsi una fuga di successo pure al Tour, e ha confermato di poter ambire al titolo di nuovo re delle discese. In pratica, una carriera reinventata a 34 anni.

Matteo Trentin - 7.5
Ma che bella abitudine ha preso il bravissimo trentino: vincere una tappa ad ogni Tour è capacità che stimolerebbe l'invidia di tanti. Fa valere il suo spunto veloce ritagliandosi presenze attive in gruppi ristretti, e uno così alla Grande Boucle ci può andare a nozze. E alla sua età la capacità di riconfermarsi a simili livelli da un anno all'altro è già di per sé un sintomo di crescita.

Rafal Majka - 8.5
Con la Tinkoff derelitta dopo il ritiro di Contador, e il morale di patron Oleg sotto i tacchi, ci ha pensato il ringalluzzito polacco a spandere sorrisi a piene mani. La prima settimana l'ha corsa a fondo classifica, cercando di ritrovare una buona condizione, e il bello è che l'ha trovata davvero. Ciò gli ha permesso di lottare per la classifica degli scalatori e di spuntarla su gente chiamata Purito Rodríguez o Vincenzo Nibali. E non è che non abbia legittimato questo successo, visto che gli ha affiancato una vittoria (e un secondo posto) sulle Alpi, e una vittoria (e un terzo posto) sui Pirenei. Un bel furbetto, che tra una strizzatina d'occhio e un lancio all'americana con una moto di riprese, si ritrova a poter battere cassa presso Tinkov: il vulcanico magnate proprietario della squadra aveva promesso a Rafal un'Aston Martin in caso di doppietta. Sarà di parola o dirà che stava scherzando?

Joaquim Rodríguez - 5
The dark side of the pois: lui la forma eccelsa, a differenza di Majka, non l'ha trovata in quella prima settimana a spasso. Ha portato qua e là la maglia di leader della classifica Gpm, ma alla lunga ha dovuto soccombere alla maggior freschezza del polacco. Né è riuscito ad ottenere un successo di tappa che avrebbe reso il suo Tour del tutto positivo. In una Katusha assente dai vertici della corsa, molto deludente Simon Spilak (4.5), mai all'altezza delle sue possibilità.

Peter Sagan - 6
La questione è seria: si può dare una stitica sufficienza a un corridore che ha vinto la classifica a punti per il terzo anno consecutivo, dominandola peraltro in maniera imbarazzante (di fatto già a metà Tour la sua maglia verde era in cassaforte)? Sì, se quel desso è Peter Sagan, ovvero un atleta da cui ci si aspettano sempre mirabilie. Nel nostro caso, ci saremmo accontentati di una tappetta, che pure lo slovacco avrebbe meritato, per il tanto sbattersi lungo tutto il Tour. L'ansia da vittoria sfuggita purtroppo l'ha un po' annebbiato, spingendolo a scelte tattiche non sempre felici: all'attacco quando magari non era il caso (visto che il terreno non sempre permetteva certi slanci), ha mancato l'unica ruota che avrebbe dovuto prendere, quella di Navardauskas a Bergerac, sottovalutando la portata dell'assalto del lituano. Che l'esperienza gli sia utile.

Marcel Kittel - 8.5
Il supervelocista degli anni '10 ha messo insieme un'altra quaterna, dopo quella gioiosa del 2013, ed esattamente come un anno fa ha aperto e chiuso il Tour con le sue vittorie (quindi è stato maglia gialla ad Harrogate e ha ricevuto tutti gli onori sul podio prestigioso dei Campi Elisi). Sprinter di incredibile potenza, si è anche saputo risparmiare nella terza settimana pur di tenere da parte qualcosa da sparare a Parigi. Missione compiuta. Non va peraltro dimenticato, nei successi di Kittel, l'apporto di John Degenkolb (6.5, anche per aver saputo cercare l'affermazione personale quando se ne è presentata l'occasione: due volte secondo), e - in rappresentanza del treno - quello di Cheng Ji (7 per l'umile gregario che chiude il Tour all'ultimo posto, primo cinese della storia alla Grande Boucle, gran faticatore delle lunghe distanze).

Alexander Kristoff - 8
L'unico sprinter in grado di contrapporsi in qualche misura a Kittel, anche se le sue caratteristiche lo portano a primeggiare più su terreni da volata spuria. In ogni caso, due vittorie in un Tour sono tanta tanta roba, in una stagione che l'ha visto trionfare alla Sanremo e che lo consacra tra i massimi esponenti del ciclismo di questi anni.

Alberto Contador - 6
Partiva tra i favoriti, ma i Vosgi l'hanno tradito, fatto cadere, fratturare (alla tibia), ritirare, forse piangere. A quel punto della corsa, in ogni caso, aveva oltre 2'30" di ritardo da Nibali, e non è scritto da nessuna parte che li avrebbe recuperati (l'unico testa a testa in salita tra lui e il siciliano è finito pari). Comunque avrebbe messo tutto il suo peso sulla corsa, su questo c'è da star sicuri.

Christopher Froome - s.v.
Ancora peggio di Contador, più volte caduto e ritirato già alla quinta tappa, pochi chilometri prima di saggiarsi sul pavé. Non sembrava il corridore sicuro di un anno fa, stava sicuramente patendo l'arrembante inizio di Tour di Nibali, ma per lui più ancora che per Contador vale l'obbligo di sospendere il giudizio.

Andrew Talansky - 5.5
Si presentava con legittime ambizioni di classifica, ma è caduto troppe volte per non essere poi costretto al ritiro; e per non instillare in noialtri il dubbio che sia un po' troppo distratto in bicicletta.

Alessandro De Marchi - 7.5
Tour da ovazione per il Rosso di Buja, spesso al servizio di Sagan, ancor più spesso protagonista in prima persona con fughe strepitose. Il successo l'ha solo sfiorato a Pla d'Adet, ma il premio (di Supercombattivo della Boucle) l'ha ricevuto lo stesso, avendo la meglio di agguerriti avversari, non ultimo Martin Elmiger (6.5), colui che ha fatto in assoluto più chilometri in fuga.

Thomas Voeckler - 4.5
Corsa di basso cabotaggio per T-Blanc, che non ha saputo rinunciare a qualche azione delle sue, ma si è ritrovato con un pugno di mosche in mano. In Europcar meglio Bryan Coquard (6), spesso presente negli sprint (soprattutto ai traguardi volanti) e soprattutto Kévin Réza (7), consacratosi come uno dei migliori gregari della Boucle.

Jens Voigt - 7
Omaggio doveroso a uno dei nonni del ciclismo, ritiratosi a Parigi dopo una vita in bici. Non ha fatto mancare alla corsa qualche sua fuga a lunga gittata, gli è mancato l'acuto in senso assoluto (ma a 43 anni non è facile metterne a segno), ma se ne va con la certezza di aver rappresentato per la storia del ciclismo ciò che ha rappresentato Chuck Norris in quella del cinema: non è poco. In confronto a lui, il compagno Fabian Cancellara (5) si è comportato come una scamorza, moscio quando ci ha provato (agli albori del Tour), svogliato nel prosieguo, e infine ritirato.

Tony Martin - 8.5
Lui è proprio un possibile erede di The Jensie: come il connazionale, è un treno sul passo, e quando è in fuga è un iradiddìo, un piacere per gli occhi e per il cuore. Che abbia vinto la cronometro non fa quasi notizia; che abbia lavorato come un ossesso per i capitani di turno, è addirittura scontato. Che abbia invece conquistato una tappa in linea con un fantastico attacco nella frazione di Mulhouse, e che in seguito a questa vittoria abbia pure vestito la maglia a pois per un giorno, e che l'indomani sia andato di nuovo in fuga salvo poi convertirsi a un gran lavoro per Kwiatkowski, è invece la concatenazione di eventi che fa schizzare alle stelle il suo voto.

Mark Cavendish - 4
Benedetto ragazzo, a volte perde la testa, e a volte la mette dove non deve (tipo addosso a Gerrans, nella prima tappa, provocando la caduta di entrambi e ritirandosi immediatamente dal Tour). Si calmi, poffarbacco!

Sylvain Chavanel - 4
Se avesse gareggiato, sapremmo che tipo di voto dargli. Ah, perché, c'era?

André Greipel - 7
Ha dato da pensare ai maggiorenti della Lotto nei primi giorni, tanto era svagato e assente in volata; dopodiché ha raccolto l'orgoglio di cui dispone ed ha approfittato alla grande di uno dei pochi passaggi a vuoto di Kittel, a Reims, e la sua brava vittoria l'ha messa in carniere pure quest'anno.

Lars Boom - 7.5
Protagonista della frazione del pavé e meritevole vincitore della stessa, ha rilanciato così le sue ambizioni in chiave Roubaix, e a quel punto poteva dirsi ben sazio del suo Tour. In quella stessa tappa si è visto al suo fianco Sep Vanmarcke, il quale però non ha più fatto sapere nulla di sé in seguito e per questo si deve accontentare di un 5.

Blel Kadri - 7.5
Che bel corridore da attacchi kamikaze sta diventando il franco-algerino: dopo la Roma Maxima 2013, colleziona anche un'importante affermazione a Gérardmer: alle sue spalle quel giorno infuriava la lotta tra Contador e Nibali, lui è arrivato ben prima a braccia alzate.

Ramunas Navardauskas - 7.5
Non ha avuto troppe occasioni per mettersi in luce, dopo un avvio promettente col piazzamento di Harrogate; ma ha fatto valere in maniera eccellente l'unico colpo che si è concesso, a Bergerac, vincendo in solitaria con una stoccata da gran classicomane (quale forse diventerà). Nella Garmin, note negative per Tom Jelte Slagter (4), ovviamente mai in lizza per un abbozzo di classifica, ma neanche efficace nei pochi attacchi tentati.

Arnaud Démare - 5
Da lui ci si aspettava ben di più, anche alla luce della maglia tricolore (francese) indossata con grande orgoglio. A casa Nacer Bouhanni (protagonista al Giro ed escluso per la Boucle) si sarà mangiato le mani, in gara il velocista della FDJ non ha saputo cogliere più di un paio di terzi posti.

Rein Taaramäe - 4
E dire che un tempo l'estone era una promessa da corse a tappe. Involuto come pochi altri nel panorama attuale, il suo Tour è stato orrido. Come pure quello del compagno Daniel Navarro (4.5), partito per far classifica e arrivato senza forze sulle Alpi (dove si è ritirato).

Marco Grassi

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