Tour de France 2014: La solitudine dei numeri primi - Peter Sagan e quello 0 alla casella vittorie
Versione stampabileFosse nato 30 anni prima, Peter Sagan oggi avrebbe un palmarès molto più ricco di quello attuale. Il ciclismo iperspecializzato mal si confà ad un talento puro, capace di vincere su ogni terreno e costretto a focalizzare il suo impegno sulle classiche per poter restare un motore di livello assoluto. Oggi conosciamo Sagan come un passista veloce (quasi velocista), ma bisogna sempre ricordare che nel suo primo anno di professionismo lo slovacco ottenne piazzamenti invidiabili in diverse corse a tappe, per un ventenne: 8° al Giro di California, 12° al Giro di Romandia, 16° alla Parigi-Nizza: se Sagan si fosse focalizzato su quel tipo di corse, oggi magari le vincerebbe. O quasi...
Già, perchè c'è un altra rogna che rende tutto più difficile al nostro amico slovacco, ovvero la solitudine del fuoriclasse. Essere i più forti e di molto significa avere tutti che ti corrono contro: non puoi andare in fuga con un drappello altrimenti gli altri non tirano per portarti in volata, così devi vincere sempre arrivando da solo. Cosa non facile in un ciclismo nel quale devi centellinare ogni energia. Ancora peggio se "la squadra" non è esattamente la più forte in circolazione, e quei pochi corridori di livello presenti in rosa, fatta eccezione per De Marchi, non sembrano nella loro condizione migliore. Ad esempio Marco Marcato, un tempo, le tappe e le classiche arrivava a giocarsele coi migliori, quest'anno non è sempre in grado di stare vicino al suo capitano. Da questo punto di vista ci aspettiamo discreti cambiamenti per la stagione che verrà, e qualunque sarà il lido che ospiterà Sagan, le cose non potranno che andare meglio.
Salvo sorprese sugli Champs Élysées, il Tour de France 2014 sarà ricordato come quello con lo 0 alla casella vittorie di Peter Sagan. Zero che stona così tanto per una maglia verde: oggi probabilmente era l'ultima occasione concreta di vincere, ma Peter se l'è giocata abbastanza male, in questo Tour non scevro di errori da parte sua (vedere la fuga inutile di Risoul). Con le condizioni metereologiche che si sono venute a creare, qualsiasi azione di un passista che azzeccava i tempi dell'attacco avrebbe avuto grandi chance di andare in porto. La discesa della Côte de Monbazillac ha fatto da freno naturale per il gruppo, permettendo a Navardauskas, scattato in cima, di guadagnare quei 30" relativamente facili da gestire, per un corridore fresco e con dietro un gruppo rimaneggiato. Al Gpm Peter era a 10 metri da lui, non ha neanche provato ad agganciarlo in discesa: magari saran mancate le gambe, oppure la voglia di trainare il lituano a ruota fino all'arrivo.
Fatto sta che nel destino di Sagan oggi c'era comunque una caduta, a tarpare definitivamente le ambizioni odierne, e ad aumentare la frustrazione, come ha testimoniato di fronte alle telecamere: "Una grattata sulla gamba, proprio adesso che devo andare al mare!". Se non altro Peter resta campione di umanità, dileggiando la serietà delle interviste con la sua spontaneità (esempio: alla domanda "Cosa vuoi fare una volta ritirato?", gli altri ciclisti hanno risposto cose banali, del tipo "Vorrei restare nell'ambiente", "Vorrei essere un bravo papà"... Peter risponde "Niente!"), quella che anche i giornalisti, sotto sotto, gradirebbero vedere più spesso da parte di tutti i corridori.