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DéTour 2014: Oleg, il più figo dell'universo - Tinkov, protagonista assoluto del ciclismo | Cicloweb

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DéTour 2014: Oleg, il più figo dell'universo - Tinkov, protagonista assoluto del ciclismo

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La Tinkoff-Saxo è arriva al Tour con l'aereo privato di Oleg @ Tinkoff-SaxoSi aggira da qualche anno per il ciclismo un personaggio che definire vulcanico è decisamente poco. Mentre il mondo occidentale veniva scosso dall'energia positiva dei figli dei fiori, lui vedeva la luce in un angolo sperduto dell'Unione Sovietica, in Siberia, il giorno di Natale. Nato nel gelo ma destinato a scioglierlo gli diedero un nome contrario (Oleg) e fu così che iniziò, il 25 dicembre del 1967, la vita di colui che sarebbe diventato uno dei più importanti businessman russi.

Oleg Tinkov è uno che è arrivato primo in tanti campi. Ha imposto alle sue imprese un nome leggermente variato rispetto al suo, con le due effe finali, che non ne cambiano la pronuncia ma gli danno un tono di nobiltà, e da subito è stato il brand di se stesso, super testimonial di quello che realizzava; nato a Leninsk-Kuznetsky, dovette trasferirsi a Leningrado per iniziare a riperimetrare la grandezza della propria esistenza. Da una piccola impresa di import di prodotti elettronici (che non sarebbe potuta nascere se nel frattempo - siamo a fine anni '80 - non fosse arrivata la perestrojka gorbacioviana), Oleg annusò il cambio dei venti, e nel giro di pochi anni si fece venire in mente il business che gli avrebbe cambiato la vita.

Il comunismo era improvvisamente caduto, l'URSS dissolta in 15 repubbliche (o dittature) autonome, il sentimento del tempo, nella confusa epoca eltsiniana, era che si potevano finalmente fare tante cose che in passato erano precluse. La ggente (con due g) voleva divertirsi pure lì, alla maniera occidentale (così è se vi pare), e tutto ciò non portava che a una sola risposta (da recitare à la Homer): "Birraaah!!!".

Nel '98 comprò un pub a San Pietroburgo, si rese conto che la birra che vi veniva servita faceva sostanzialmente schifo, non elevandosi dalla qualità media della bevanda prodotta in Russia, e allora il passo successivo, obbligato, fu quello di aprire un'azienda che producesse birra. Con standard qualitativi più elevati e soprattutto con un marketing aggressivo Tinkov sfondò, dominando il mercato, dando vita a una catena di birrerie in tutta la Russia, e valorizzando il tutto al punto di poter vendere ai belgi nel 2005 (167 milioni di euro, più caffè e bicchierino di vodka per brindare all'accordo).

Il multiforme Oleg, dimostrando ancora un grande fiuto per gli affari, si riconvertì allora al business di internet, ma pur essendo sin da ragazzino appassionato di bici non partì - come fanno gli sfigati - da un sito di ciclismo, bensì puntò immediatamente al banking on line. Inutile dire che la sua Tinkoff Credit System, poi evolutasi in Tinkoff Bank, divenne dall'oggi al domani una delle più solide realtà del settore in Russia.

E a quel punto, altro che 167 milioni! Altro che sponsorizzare una squadra di medio cabotaggio nel ciclismo, a quel punto si poteva davvero pensare in grande. Entrato nel 2012 come co-sponsor della danese Saxo (un'altra banca), Tinkov si è progressivamente, personalmente preso la scena. Debordante come pochi, dal suo account di twitter (a proposito: ha 160.000 follower, e lui ne segue solo 4, cioè 4 sue aziende. Altra trovata pubblicitaria di un istrione che in Russia appare anche negli spot) ha preso a picconare la squadra quando, nel 2013, i risultati del capitano Alberto Contador non erano all'altezza delle attese.

I suoi tweet velenosi all'indirizzo del madrileno, reo - a suo dire - di non valere i tanti soldi che prendeva, sono stati uno dei leitmotiv della prima metà di 2013, con culmine raggiunto al Tour, al termine del quale Tinkov, stufo dell'andazzo, annunciò che se ne sarebbe andato a fondare una squadra tutta sua. Mesi di trattative, di voci, di rumors ("comprerà la Cannondale!", "no, farà uno squadrone ex novo!"), poi alla fine per 6 milioni si è comprato proprio la squadra di Riis.

I due erano da tempo ai ferri corti, ma gli affari sono affari, e i soldi sonanti son soldi sonanti, quindi il buon Bjarne s'è convinto a prolungare e anzi intensificare la convivenza con questo personaggio decisamente sopra le righe. Un amante della bella vita (da alcuni dei suoi quasi 20mila tweet prima o poi verrà tratta una sceneggiatura molto interessante!), ma che non dimentica da dove è venuto, né la fatica che ci è voluta per arrivare sin qui.

Ora, inutile dirlo, se la spassa. Non fa nulla per nascondere il suo status di arricchito né alcune rozzezze insite nel suo modo di fare: è in tutto e per tutto un personaggio che avrebbe fatto la fortuna di grandi narratori dell'800 (comunque un paio di biografie se le è già autoprodotte). Ora ha il suo giocattolino con cui si gingilla in giro per il mondo, segue la squadra appena può e non manca di percorrere in bici le tappe di Giro o Tour prima che parta la corsa. È uno sportivo, in qualche senso del termine, è esigente, ma non si può dire che non sappia gratificare i suoi sottoposti.

Dopo averne detto peste e corna per tutto il 2013, ora è anema e core con Contador, e ieri ai microfoni Rai non ha mancato di sottolineare con grande convinzione la sua idea secondo cui - se non si fosse ritirato - lo spagnolo avrebbe vinto il Tour, Nibali o non Nibali. Non si fa problemi a dire quello che pensa, questo s'è capito da tempo. Quello che però non ci saremmo aspettati di vedere sono le sue lacrime, sempre ieri, nel corso di un'intervista alla tv francese.

Commosso dalla vittoria di Rafal Majka a Risoul, ma più che altro - si direbbe - snervato dalla frustrazione di non poter competere coi suoi ai massimi livelli, Tinkov s'è definitivamente sciolto, almeno questo è ciò che passa agli occhi di qualche sprovveduto. La realtà è un'altra: Oleg ieri stava semplicemente recitando la parte di uno che soffre. Erano lacrime d'attore, le sue, e ciò significa che ha qualcosa in mente. E conoscendolo, sarà qualcosa che varrà la pena scoprire, seguire, gustarsi: come tutte le tamarrate e tutte le genialate che ci ha regalato in questo primo scorcio di decennio.

Marco Grassi

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