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Tour de France 2014: Pinot contro Bardet, lotta per il podio - La Francia sogna con i suoi giovani

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Romain Bardet taglia il traguardo di Chamrousse © Bettiniphoto

Anni 2000, Tour de France: ancora scosso dal caso Festina che, come un Vaso di Pandora, piombò nel panorama delle due ruote (precedendo anche il caso Cofidis), il ciclismo francese era rappresentato da lottatori poco vincenti come Sandy Casar, Sylvain Chavanel e Thomas Voeckler, da fugaioli seriali come Pierrick Fédrigo e Cédric Vasseur, da scalatori validi ma schiacciati dalla maggior forza altrui come David Moncoutié e Cristophe Moreau e dalle ultime cartucce degli idolissimi Laurent Jalabert e Richard Virenque. Nel decennio non c'è alcun podio finale da parte di un transalpino (4° Moreau nel anno giubilare come picco), figuriamoci qualcuno in lotta seriamente per la gialla parigina.

Anni 2010, Tour de France: palpitazioni al massimo nel 2011, con un Voeckler fuggitivo nella già storica tappa di Saint Flour (Vinokourov ci rimise il femore, Van den Broeck la scapola mentre Flecha e Hoogerland furono buttati fuori strada da una vettura dell'ASO) e maglia gialla persa solo nell'ultima tappa di montagna sull'Alpe d'Huez. Il buon T-Blanc restò in lotta per il podio sino alla cronometro del giorno successivo di Grenoble, dove non rosicchiò abbastanza terreno su Fränk Schleck e lasciando ancora una volta i padroni di casa fuori dal podio sugli Champs Élysées, fatto che si ripete dall'edizione 1998 (per il digiuno di vittorie bisogna risalire sino al 1985, ultima delle cinque cavalcate di Bernard Hinault).

E ora, quali sono le aspettative attuali (per il futuro, che si preannuncia roseo, ce ne sarà il tempo e il modo di parlarne nei prossimi anni) per la generale? La nouvelle vague promette bene in varie tipologie di tappa. Escludendo l'ampio ventaglio dei velocisti come corridore prendiamo ad esempio Tony Gallopin: il ventiseienne della Lotto è il più esperto dei giovani e rappresenta il perfetto collante tra le due generazioni, essendo tremendamente simile come caratteristiche a Sylvain Chavanel (con una punta di velocità in più e con meno doti nelle cronometro) ma con miglior potenziale in salita. La vittoria di Oyonnax e prima ancora la fuga per la maglia gialla di Mulhouse hanno finalmente consacrato il francilien anche in patria, nella quale era sempre stato snobbato in favore di altri.

Nella generale la classe '90 (in attesa dei prossimi anni dove si aggiungeranno i '91 Barguil e Elissonde) ha ora in mano la possibilità concreta di balzare sul podio finale: in contumacia dei caduti e ritirati Contador e Froome sul podio già si trova Romain Bardet. Il talento della Ag2r La Mondiale dista dalla vetta 4'24" e continua a vestire la maglia bianca: nella tappa odierna il nativo di Brioude è rimasto sorpreso dallo scatto (evento di per sé poco abituale, in effetti) di Valverde ai meno 10,5 km dall'arrivo al quale non ha tentato di rispondere, lasciandosi scappare anche Nibali e Pinot. Da lì in poi, in un gruppo comprendente una mezza dozzina di rivali, la sua corsa è stata scandita da una ripetuta serie di scatti volta a ridurre il distacco dal gruppetto della maglia gialla.

All'ennesimo tentativo finalmente Bardet è riuscito ad evadere assieme a Tejay Van Garderen, col quale ha d'amore e d'accordo percorso le rimanenti rampe verso l'arrivo. Alla fine il 7° posto di tappa a 1'23" dal dominatore Nibali ha permesso di considerare la giornata meno negativamente, visti comunque i 30" tondi persi dal rivale Pinot. Oggi per la prima volta in carriera Romain è sul podio provvisorio in una grande giro, ma l'impressione è che esca leggermente ridimensionato rispetto alle aspettative della mattinata sia per quel che riguarda la classifica del miglior giovane sia in assoluto (nelle interviste pre tappa Nibali lo aveva indicato come uomo più pericoloso con Valverde).

Per chi oggi la giornata è stata totalmente positiva è Thibaut Pinot: lo scalatore della Fdj.fr è stato attento nel già citato scatto di Valverde a mettersi, assieme a Nibali, a rispondere al murciano staccando i rivali diretti Péraud, Van Garderen e Bardet, con Porte già ampiamente naufragato. Con l'iberico l'accordo era totale nel darsi i cambi fino a quando lo scatto decisivo di Nibali li ha lasciati soli a fare gli ultimi km con la testa più interessata a guadagnare sui chi si trovava dietro rispetto al tentativo di ricucire sullo Squalo, ormai inesorabilmente involatosi.

Ed è proprio in questi momenti che l'accordo Pinot-Valverde salta in aria, con il leader della Movistar più interessato a restare a ruota per conservare il vantaggio sul francese. Come ha dichiarato nel dopotappa Pinot non ha capito la tattica dell'Embatido, mentre lui voleva provare ad incrementare di comune accordo il vantaggio su Bardet. Alla fine per il franc-comtois un 5° posto permette di ridurre sensibilmente il distacco dal connazionale al terzo posto, ora a soli 16" da quel doppio sogno chiamato podio e maglia bianca. L'inerzia sembra dalla sua, anche se la squadra (che oggi ha perso il febbricitante Arthur Vichot), pare inferiore a quella del rivale.

La carta di identità dice 37 primavere, quella da professionista su strada solo 5: per Jean-Christophe Péraud quella di quest'anno, con gli scenari inaspettatamente apertesi in seguito alle disgrazie altrui, è l'unica e verosimilmente ultima chance di entrare tra i primi 3 della classifica finale, evento raggiunto per l'ultima volta da un così vegliardo atleta nel 1976 con l'amatissimo Raymond Poulidor, allora quarantenne e all'ottavo podio in carriera. L'ex biker dell'Ag2r non ha vissuto nella salita verso Chamrousse la miglior giornata della carriera, non riuscendo a restare con i più giovani connazionali ma dovendo far parte del gruppo Mollema. I 2'09" di ritardo da Nibali portano il suo distacco nella generale dal compagno di squadra Bardet a 1'42": sarà ora interessante vedere la tattica che gli uomini di Lavenu adotteranno, fermando il nativo di Tolosa in caso di problemi per Bardet oppure lasciando i due liberi di fare la propria corsa.

Per tornare all'apertura, fra i corridori citati solo due sono presenti (rispettivamente per il quattordicesimo e dodicesimo anno di fila) sulle strade della Grande Boucle: ma per Chavanel e Voeckler questo è un Tour affrontato in tono minore rispetto a quanto sono sempre stati abituati a mostrare. La maggior parte delle volte in cui sono inquadrati si trovano in fondo al gruppo. Un segno dei tempi, si dirà: ora che il ciclismo transalpino può finalmente lottare per qualcosa di prezioso, scordarsi di loro sarà probabilmente facile in un mondo, come quello attuale, che dimentica dall'oggi a domani chi ha tirato la carretta nei tempi di magra. Anche se, con quella proverbiale grinta che è a loro unanimemente riconosciuta, proveranno, almeno per un giorno, almeno per una fuga, a riprendersi il palcoscenico.

Alberto Vigonesi

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