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Tour de France 2014: Nibali, Nibali e ancora Nibali! - Attacco sulle Alpi, terza vittoria e maglia gialla sempre più salda

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Per Vincenzo Nibali arrivo in solitaria a Chamrousse © Bettiniphoto

Stavamo per iniziare scrivendo: "La vittoria in maglia gialla ancora gli mancava, e oggi a Chamrousse ecc. ecc.", ma ci rendiamo conto in tempo reale che sarebbe un approccio troppo contegnoso, e al tempo stesso compreso di una certa superbia da padroni acquisiti, che fanno e disfano a piacimento e appena vogliono dare la mazzata, la danno. E invece è giusto che noi - chi scrive e chi legge - si mantenga un certo stupore da parvenu, è lecito che ci si riesca ancora a sorprendere al pensiero di avere Vincenzo Nibali al comando del Tour de France, è addirittura auspicabile che una novità così grande per il ciclismo italiano (a 16 anni di distanza dall'ultima volta) continui ad inebriarci tutti, quasi a non sembrarci vera.

Non corriamo, non precorriamo i tempi, aspettiamo sereni il momento di consacrarlo padrone della Grande Boucle, il siciliano mite che in corsa sta imparando ad esibire occhi di ghiaccio. E che sta conquistando tanti nuovi tifosi, e com'era prevedibile anche qualche gufo malefico che per ora non merita soverchie attenzioni.

Vincenzo ha vinto oggi a Chamrousse la sua terza tappa in questo Tour, e senz'altro si è trattato del successo più fragoroso, in tutti i sensi. Intanto perché - come accennavamo prima - la livrea gialla indossata da Nibali rende più cariche di blasone le foto che hanno immortalato il suo arrivo a braccia alzate; e poi, proprio da un punto di vista tecnico, perché sul suo terreno forte ha saputo marcare una grande differenza con tutti gli avversari; quantitativamente superiore ai secondi erosi nel finalissimo di Sheffield, e anche ai distacchi inflitti agli avversari nel giorno di La Planche des Belles Filles.

Per fare un raffronto, il quinto a LPDBF arrivò a 22", oggi il quinto è a 53"; il decimo lunedì ha chiuso a 54", oggi a 2'09"; il 20esimo, 1'26" contro 5'55". È chiaro, le Alpi non sono i Vosgi, la stanchezza in gruppo aumenta (e i dolori dovuti alle cadute pure), e in più oggi c'era un caldo torrido (35°C) a rendere ancor più dura la fatica dei corridori impegnati nella doppia scalata al Col de Palaquit (interessante novità proposta dagli organizzatori) e alla salita di Chamrousse.

A tutto ciò, aggiungiamo una tappa tirata alla morte dalla Katusha (che era rimasta fuori dalla fuga del mattino, fuga che comprendeva tra gli altri Daniel Oss, Giovanni Visconti e un grande Alessandro De Marchi, ultimo a mollare, ripreso solo a 14 km dal traguardo), ed ecco che il quadro è abbastanza completo. Qualcuno avrebbe matematicamente patito il caldo, e infatti i crolli (non del tutto inaspettati, vedi alla voce Porte) non sono poi mancati, qualcuno invece sarebbe per forza emerso in condizioni climatiche diverse rispetto a quelle dei giorni scorsi, ed anche questo è puntualmente avvenuto: lo confermano le ottime prestazioni di Majka e König, secondo e terzo di tappa, autori di enormi balzi in classifica: il ceco risale dal 19esimo al decimo posto, il polacco addirittura recupera 56 posizioni, ma lui - partito come gregario di Contador - era già fuori classifica, 130esimo (ora è 74esimo).

In mezzo a queste facili previsioni, si affacciava anche la domanda su quale sarebbe stata la risposta di Nibali al gran caldo atteso sulle Alpi, e diciamo che se qualcuno aveva dubbi sulle capacità di adattamento del siciliano, ha ricevuto risposte più che eloquenti.

Se in assoluto la tappa non era stata facile per nessuno, per Vincenzo e la sua Astana le cose erano andate un po' peggio della media; se nella prima parte della frazione (diciamo fino al Palaquit) i celesti di Kazakistan non avevano dovuto lavorare (come detto, si era occupata di tutto la Katusha, con l'ausilio della Europcar da un certo punto in avanti), il fatto che le altre formazioni si siano liquefatte appena la strada s'è messa all'insù ha chiamato all'opera i compagni della maglia gialla.

A sorpresa, Scarponi si è staccato prima del previsto, a un paio di chilometri dal Gpm (e a 47 dalla conclusione). Rimanevano con Nibali i soli Kangert e Fuglsang, poi il danese è caduto in discesa (praticamente Van den Broeck, senza volerlo, ha tirato una borraccia piena sulla ruota anteriore di Jakob), grattugiandosi abbastanza e rimanendo anche lui fuori dal gruppo dei migliori.

Se l'intento di Nibali era di controllare gran parte della successiva salita di Chamrousse usando la squadra, ecco che diventava necessario un cambio di piani in corsa. Il solo Kangert infatti ha tirato finché ha potuto sull'ascesa finale (tanto è comunque bastato per far staccare Porte ai 13 km), ma appena Pinot ha dato il via alla bagarre, ai -12, la maglia gialla è rimasta sola, senza compagni. Il primo scatto del capitano della FDJ non ha creato grossi problemi agli avversari diretti, e allora si è messo in moto un contropiede ai -11 coi citati König e Majka: la coppia est-europea si è ben comportata, guadagnando un paio di decine di secondi e approfittando di questo margine per restare nel vivo della corsa fino alla fine. Meno attento è stato Laurens Ten Dam, che ha perso il trenino buono e ci ha provato da solo, poco dopo, riuscendo anche lui ad avvantaggiarsi sui migliori della generale.

È stato però il più inaspettato degli scatti, quello di Valverde ai 10 km, a mettere uno in faccia all'altro tutti i protagonisti della Boucle. Nibali è stato il primo a inseguire il murciano, e Pinot è stato l'unico a prendere la ruota di Vincenzo. L'interessantissimo terzetto ha presto raggiunto Ten Dam, ma se qualcuno si aspettava che Nibali avrebbe controllato gli altri si sbagliava. Il siciliano, a cui evidentemente la gamba scappa proprio, è andato in prima persona all'attacco, ai 7 km.

Nel giro di un chilometro, Nibali ha raggiunto Majka e König, ed è rimasto con loro per meno di 3 km, finché non ha deciso di mollarli e di partire (esattamente a 3300 metri dalla vetta). Senza esagerare (almeno apparentemente!), il capitano dell'Astana ha guadagnato qualche metro sui colleghi, poi - continuando a voltarsi - non ha proprio potuto fare a meno di allungare con maggiore decisione. Il margine conquistato è bastato giusto a tenere a distanza di sicurezza gli avversari, mentre l'obiettivo del terzo successo di tappa veniva centrato alla grande.

Ma se i primi ad arrivare a Chamrousse dopo Nibali ci hanno impiegato appena una decina di secondi in più rispetto al vincitore, i distacchi di tutti gli altri equivalgono a una disfatta in piena regola: 50" Valverde, 53" Pinot, 1'23" Van Garderen e Bardet, 2'09" Péraud, Van den Broeck, Mollema, oltre 3' Rolland, Rui Costa e Horner, oltre 4' Kwiatkowski, quasi 9' Porte.

Ciò significa che la classifica per l'italiano al comando del Tour è diventata di fatto meravigliosa: 3'37" di vantaggio su Valverde, 4'24" su Bardet, 4'40" su Pinot, 5'19" su Van Garderen, 6'06" su Péraud, 6'17" su Mollema, 6'27" su Van den Broeck, 8'35" su Rui Costa, 8'36" su König, 8'51" su Kwiatkowski, 9'18" su Ten Dam, 9'48" su Rolland. Questi sono quelli entro i dieci minuti di ritardo, finora sono 12 ma se l'andazzo continuerà ad essere quello di oggi, le distanze si dilateranno ancora parecchio.

Queste considerazioni non ci impediscono di rimanere coi piedi per terra, visto che - seppur lasciato alle spalle nel migliore dei modi il temuto approccio alle grandi montagne - le insidie sulla strada per Parigi sono ancora tantissime. A partire dalla tappa di domani, la seconda consecutiva sulle Alpi, 177 km con scalate a Lautaret (facile), Izoard (cima del Tour coi suoi 2360 metri) e Risoul, sede d'arrivo posta in cima a una salita non di durezza estrema, ma che - viste le forze in campo oggi - potrà mietere altre vittime. Anche se diminuisce il numero degli avversari da scrutare con attenzione, gli occhi di Nibali devono restare ben aperti.

Marco Grassi

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