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Tour de France 2014: Tutto riesce al Gallo, depressione Sagan - Trentin a podio, si fa vedere Bennati

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Ad Oyonnaz vittoria di Tony Gallopin © BettiniphotoDifferenze tra Peter Sagan e Tony Gallopin. Non vale dire che l'uno è slovacco e corre nella Cannondale mentre l'altro è francese e milita nella Lotto. Gallopin ha vestito la maglia gialla per un giorno, con un'azione coraggiosa che tuttavia non gli ha portato la vittoria, visto che davanti c'era Tony Martin, non proprio l'uomo pedalante più facile da raggiungere.

Perduta la maglia più prestigiosa del mondo, se escludiamo l'iride, Gallopin ci ha riprovato oggi. Ha preso vantaggio, poi raggiunto da Michael Rogers, Michal Kwiatkowski ed appunto Peter Sagan. Alla fine la sua tappa, il buon Tony, l'ha portata a casa. Con brivido finale, quando il gruppo regolato da John Degenkolb gli era arrivato a tanto così, ma il Gallo ha resistito e quando Degenkolb sprintava lui stava già esultando.

Peter Sagan invece veleggiava in nona posizione, che significa ottava del gruppetto. «Non trovo mai nessuno che venga via con me», afferma lo slovacco, accusando gli avversari di poco coraggio, mancanza di fame ed inventiva. Ma certo che non lo trovi Peter!

Chi sarebbe così folle da portare via un gruppetto insieme a te per poi essere piantato in asso e battuto in una volata a due (o a quattro, a sei, a dieci)? È più che logico che a questa tua richiesta i cv non arrivino sul tuo manubrio, caro Peter. È un Sagan che scalpita sin da Leeds, e difatti, tolte le tre tappe che precedevano quella odierna, è sempre rimasto nella top five. Mai vincitore però.

Quando sbagliava la volata, quando allo sprint c'era un Kittel oggettivamente imbattibile, quando andava via in discesa con Van Avermaet a ruota (che non dava un cambio, si capisce), e veniva recuperato dal gruppo, sulla strada di Nancy. E il duello con Matteo Trentin, che Peter pensava vinto, era un altro secondo posto, stavolta per millimetri.

Insomma, più passano le tappe, più Peter vuole vincere e ci prova in ogni modo, ad ogni angolo. Ma non vi riesce. Ha la maglia verde, che per lui è tanto, ma pretenderebbe di più da se stesso. E invece non riesce a muoversi bene. In ogni tappa che sembra disegnata per lui - finora sono state moltissime - Sagan mette al lavoro la squadra.

La sua Cannondale, brava e paziente, tiene d'occhio la fuga in corso, spesso con tanti ringraziamenti da parte degli Astana di Nibali. Arriva poi un attimo, quell'attimo: quello in cui Sagan dovrebbe fare il vuoto, entrare in azione. ma farlo davvero, sennò tanto vale non osare nemmeno e perdere (o vincere) in volata. E Sagan il suo lo fa, non lo si può negare: fin troppo generoso, pretenderebbe di trovare alleati sulla sua strada.

Ora, fossero tutti scriteriati tatticamente, ed assolutamente non consapevoli del fenomeno Sagan, lo si potrebbe anche accettare, un ragionamento simile. Ma Sagan è Sagan, uno che se lo porti al traguardo ti frega nove volte su dieci (beh, qui al Tour le percentuali si stanno decisamente abbassando), trovatelo voi un simile fesso che segua lo slovacco. Non vale chiamarsi Fabian Cancellara.

Quindi, per ricerca spasmodica di una prima vittoria in questa Boucle, Peter Sagan corre sempre allo stesso modo: attacca con gente che non darà mai un cambio, poi si fa riprendere dal gruppo, ché da solo dove vuoi che vada. Ed in volata le energie che gli altri hanno conservato si fanno sentire. Un copione già scritto, recitato da tutti, Sagan compreso, dal primo giorno di Boucle.

Imparare dai propri errori dovrebbe essere naturale, ma Sagan un giorno ci prova, il giorno dopo agisce nello stesso modo, il giorno dopo ancora non cambia registro, e via andare. Via andare di piazzamenti, perché se gli altri imparano a conoscerti è logico che ti prendano bene le misure. Hai voglia a far lavorare per metà tappa una squadra che sa già che Peter non riesce più (o ancora) ad inventare numeri magici che un tempo erano la regola.

Quando la vittoria non arriva serve solo pazientare, perché prima o poi giungerà. C'è gente come Philippe Gilbert che ha dovuto attendere una stagione per sbloccarsi, con o senza iride addosso. Lecito provarci, diabolico perseverare in attacchi più o meno scriteriati, già calcolati dagli avversari, pronti al varco con l'antidoto anti Sagan. «Dite che vinco facile, ma sto dimostrando proprio il contrario», affermò Sagan in uno dei suoi mille piazzamenti nei primi cinque a questo Tour.

Vero, vince facile, ma deve essere in uno stato di grazia. Adesso o è talmente sfortunato da trovare sempre compagni di viaggio sbagliati (quando va male) o ruote un millimetro più veloci, come Trentin (quando va bene), oppure non è giunto alla Grande Boucle al top della condizione. Non serve capire se sia l'una o l'altra ipotesi quella giusta, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Sagan, se non fosse Sagan, potrebbe vantarsene con gli amici, essere fiero di non aver mai chiuso oltre il quinto posto nelle prime sette tappe. Ma Sagan è un corridore da cui ci si aspetta sempre la vittoria, e possibilmente lo si vuol vedere stravincere. Piazzarsi non basta, né a chi lo attende, né alla sua Cannondale, né a se stesso.

È lui il primo ad essere un pizzico frustrato per quest'andazzo nel Tour. Poi maschera tutto con un'impennata senza mani a La Planche des Belles Filles, torna bambino, lascia alle spalle lo stress, la difficoltà di vincere essendo Peter Sagan.

Chi difficoltà ad andare in fuga ne ha decisamente meno sono i vari Jan Bakelants, Tom-Jelte Slagter, Nicolas Roche o quelli della primissima ora, Martin Elmiger, Cyril Lemoine ed Anthony Delaplace. Anche Michael Rogers, che in fuga al Giro ha vinto sia la tappa di Savona che la più difficile frazione dello Zoncolan, ci prova, come a voler dare un senso alla Tinkoff-Saxo dopo la perdita grave di Alberto Contador.

Rogers come Kwiatkowski - altro che non manca mai in questo tipo di tappe - Peter Sagan e Tony Gallopin. Lui sì che corre tranquillo, spensierato, cerca la vittoria e succede, come oggi, che la trovi pure. Mentre Sagan e Kwiatkowski si marcano, con Rogers lì presente, il Gallo se ne va, e la sua mossa risulterà decisiva.

A lui che ha conquistato la maglia gialla tre giorni fa, tentare la strada della vittoria non costa nulla. Solo uno sforzo enorme per sfuggire alla morsa del gruppetto Sagan, prima, per resistere al gruppo, nel finale. Dietro a lui, come detto, Degenkolb, poi Matteo Trentin, Daniele Bennati, Simon Gerrans, José Joaquín Rojas, Greg Van Avermaet, Samuel Dumoulin, Peter Sagan e Kévin Réza.

Se l'azione del Gallo non fosse andata in porto o, com'è accaduto, il francesino fosse riuscito a tagliare il traguardo per primo, avrebbe comunque ricevuto il sommo premio: un bel bacio (e magari anche qualcosa in più, abbiamo ragione di credere) dall'incantevole fidanzata, l'angelica Marion. E questo Sagan, purtroppo per lui, non lo potrà chiedere. Vero, signorina Rousse..?

Francesco Sulas

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