Tour de France 2014: Martin, successo da uomini duri - Bravo anche De Marchi, ma Tony è super
Un tempo in un grande giro si trovavano anche delle cronometro di 155 chilometri o giù di lì. Oggi, dopo l'intervento di Amnesty International, i chilometraggi delle prove contro il tempo si sono di molto ridotti; un po' troppo, secondo il pensiero di Tony Martin, Campione del Mondo di specialità che evidentemente trova troppo da mammolette farsi quei 40 o 50 km da soli contro l'orologio, e allora cerca sfide più grosse, più impegnative, più al limite.
Oggi, ad esempio, il passistone di Cottbus ha sommato una crono individuale di 60 km a una cronocoppie di 95, totale i 155 km che citavamo in apertura. È, questo, un modo di sintetizzare la cronaca di una tappa che ha visto il corridore della Omega Pharma andare in fuga in compagnia dell'indomito Alessandro De Marchi, subito dopo la prima salita di giornata (il Col de la Schlucht, su cui De Marchi - con diversi altri - aveva già provato una prima volta l'evasione).
Per i due in fuga sarebbe stato facile, o meglio ancora: logico, aspettare il rientro di un nutrito drappello di contrattaccanti venuto fuori sul Col du Wettstein, secondo dei 6 Gpm previsti. Ma a volte le gambe non si intendono di logica, e quelle di Martin giravano veramente a mille in questa nona tappa del Tour, partita da Gérardmer, diretta a Mulhouse attraverso 170 km di saliscendi, e iniziata a gran ritmo con mille spinte centrifughe provenienti dal gruppo.
L'unico peccato del tedesco è stato di assecondarle, quelle gambe; la sua fortuna, aver trovato un compagno di viaggio folle almeno quanto lui, un De Marchi che non ha risparmiato un cambio, una trenata, nella leale prospettiva di giocarsi la corsa ad armi pari, qualora da dietro gli inseguitori non fossero riusciti a rientrare. Che poi il momento decisivo venisse in salita, o in discesa, o in pianura, era secondario, visto che in sfide così estreme il terreno di scontro è quasi secondario, emerge comunque il corridore che ne ha di più.
E non è che i tanti inseguitori fossero corridori di seconda schiera, tutt'altro: ce n'erano diversi che accarezzavano la prospettiva di rientrare pesantemente in classifica (e addirittura uno di costoro, Tony Gallopin, era talmente dentro l'obiettivo da essere riuscito a strappare la maglia gialla a Nibali), e quindi non avevano alcuna intenzione di mollare la presa, rispetto a chi era davanti: in un modo o nell'altro, il gruppo dei contrattaccanti avrebbe proseguito a tutta fino alla fine; inoltre, particolare non proprio secondario, tra gli altri era lì pure un certo Fabian Cancellara. Nessun problema per Martin e De Marchi: incuranti di queste considerazioni, i due hanno proseguito di concerto, aumentando progressivamente il margine su questi corridori, oltre che sul gruppo, blandamente controllato dall'Astana.
A 60 km dalla conclusione l'iridato a cronometro ha deciso che ormai i tempi erano maturi, e che non era più il caso di condividere i propri sforzi con il Rosso di Buja, e su una delle sue malefiche progressioni, lungo la salita di Le Markstein (che più su prosegue sul Grand Ballon), ha salutato l'amico di viaggio e ha proseguito tutto solo. Scollinato con 3' e spiccioli sui primi inseguitori, Martin ha poi mantenuto praticamente inalterato il proprio margine fino alla fine, e non c'era certo dubbio che le cose andassero diversamente da così...
Per il simpatico tedesco si tratta della terza vittoria di tappa al Tour, ma se le precedenti due erano delle "semplici" cronometro, questa ha un peso specifico anche maggiore, essendo giunta in una tappa in linea e attraverso uno sforzo così prolungato. Del resto lasciare a quasi 8' il gruppo, facendo praticamente da sé per tutte le fasi calde della corsa, ha un suo chiaro significato. L'ottava affermazione stagionale di Tony (le ultime due erano venute al Giro di Svizzera, di cui l'iridato a crono ha pure sfiorato la vittoria in classifica) coincide con la seconda per la Omega Pharma negli ultimi tre giorni: bilancio più che lusinghiero per una squadra che si è ritrovata subito priva di un capitano come Mark Cavendish e che ha in Michal Kwiatkowski un uomo da classifica ancora acerbo.