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Tour de France 2014: Andy il gregario, stimoli per risalire - Schleck jr: «Alla Boucle senza pressioni, che bello!»

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Andy Schleck impegnato sulle strade del recente Giro di Svizzera © BettiniphotoDomanda: riuscirà Andy Schleck a vincere un Tour de France "sul campo", dopo quello conquistato a tavolino tramite defenestrazione di Contador? La risposta, in questo momento storico della carriera del lussemburghese, è abbastanza scontata: no.

Il più giovane dell'inossidabile coppia di fratelli, però, vede le cose in una prospettiva diversa: a due anni di distanza dalla frattura al bacino patita al Delfinato 2012, si dice ancora speranzoso di potere, un giorno, tornare a lottare per la classifica della corsa più importante al mondo. In un'intervista rilasciata a Shane Stokes per CyclingTips, il corridore della Trek analizza il proprio momento, ovvero due stagioni di buio totale, nelle quali ha addirittura faticato a portare a termine le corse.

«Purtroppo ho perso il ritmo della vita d'atleta», dice tra le righe Andy, «solo nel 2012 ho fatto 20mila chilometri in meno rispetto a quanto avrei dovuto, e queste son cose che poi lasciano strascichi per anni». Se qualcuno pensa che come alibi sia piuttosto esagerato, Schleck jr. dispensa nozioni sul ciclismo contemporaneo: «È già molto diverso rispetto a 7-8 anni fa, oggi tutto è più ferreo, a partire dall'alimentazione, proseguendo con gli allenamenti. Oggi non è più possibile fare uno stacco di due mesi, al massimo lo si fa di due settimane, ma sempre facendo qualcosa per tenersi in attività: nuoto, corsa, uscite leggere in bici. Insomma non è più pensabile passare le vacanze distesi sul divano».

Una serie di considerazioni che tradiscono le difficoltà dell'essere corridori negli anni '10; non è facile - sostiene Schleck - riprendere il ritmo della vita da ciclista, una volta che per un motivo o per l'altro lo si è perso. Una disamina che sembra riecheggiare quanto sappiamo di diversi corridori (un esempio su tutti: Bradley Wiggins), che hanno trovato alla lunga insostenibile un certo regime di sacrifici. Una non-vita, di fatto, da cui alcuni cercano le più disparate vie d'uscita.

Lampante quanto ammette Andy sul ruolo che andrà a ricoprire al prossimo Tour: gregario del fratello Fränk e dello stagionato Haimar Zubeldia. «Sono contento di poter lavorare in aiuto dei capitani, è una cosa che a volte sognavo quando ero io a lottare per la vittoria. Perché arrivi secondo al Tour e i giornali scrivono "Schleck ha perso il Tour", mentre se lavori per la squadra nessuno si aspetta da te troppo di più di quello che puoi dare. Aiutare i capitani è un modo per essere benvoluto e ben giudicato, toglie pressione e permette di vivere in maniera molto più tranquilla il lavoro di ciclista».

Una dichiarazione di resa alle enormi pressioni che possono permanere in capo a un corridore di grido. Andy Schleck, se analizziamo un po' delle vicende extrasportive di cui si è reso protagonista in questi ultimi anni, è come se fosse alla spasmodica ricerca di una via d'uscita, e paradossalmente la frattura al bacino ha rappresentato proprio questa occasione di fuga da una realtà in cui il ragazzo (che oggi va per i 30 anni) si sentiva sempre più a disagio.

Ma adesso è arrivato il momento di pensare al futuro, visto che il contratto con la Trek è in scadenza, e rispetto a quando venne sottoscritto risulta oggi sicuramente sovradimensionato, nelle cifre. Come potrà, Andy, convincere il management della sua squadra («Qui sto bene, mi piacerebbe tanto restare») a dargli una nuova possibilità? «L'unica soluzione è dimostrare di essere ancora un buon corridore, far bene al Tour e lasciar intravedere la possibilità di tornare al top magari nel 2015. Io ci credo, il ciclismo offre tante occasioni, penso sia possibile per me tornare ad alti livelli».

Per ora si impegnerà a fondo nel Tour: «Non lo faccio per rispondere alle tante critiche che ho ricevuto in questi anni: il lavoro del ciclista è così faticoso che occorrono motivazioni molto più grandi della voglia di rispondere alle critiche». È conscio di avere una condizione discreta che potrà crescere col passare dei giorni di gara: «Mi aspetto ottime cose dalla terza settimana, lo scorso anno stavo molto bene nell'ultima tappa di montagna, e se non fossi rimasto ad aiutare Monfort, avrei potuto chiudere quella frazione tra i primi 5».

Dopodiché, dato che la vita non è solo Tour de France, Andy promette di partecipare a gare come il Giro del Colorado («È uno dei miei obiettivi») e poi - udite udite - Mondiale e Giro di Lombardia: «In passato ho dimostrato di essere competitivo su quel tipo di percorsi, e ci riproverò». Nell'attesa di un autunno da protagonista, insomma, Schleck è - come si suol dire - in mezzo al guado: dalla sua Boucle si capirà parte del suo futuro; e si capirà anche se gli ottimi propositi di questa vigilia saranno confermati dai fatti, o se rimarranno sullo sfondo di un declino che, in questi ultimi due anni, è parso inarrestabile.

Marco Grassi

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