Giro di Svizzera 2014: Sagan e il Suisse, relazione di ferro - Peter, 9 vittorie in 4 anni. Formolo ottimo, Martin sempre leader
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- Mattia Cattaneo
- Peter Sagan
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- Tony Martin
- Uomini
Peter Sagan ha decisamente un bel rapporto con il Giro di Svizzera, e ci teneva a confermarlo appena possibile. Sfuggita l'occasione nella crono d'apertura (chiusa al quinto posto) e poi anche nella tappa di ieri (il gruppo da lui regolato in volata è stato anticipato da tre fuggitivi), al terzo tentativo lo slovacco non ha fatto prigionieri. Sull'arrivo posto in cima allo strappetto di Heiden, il capitano della Cannondale ha bruciato Michael Albasini in un bel testa a testa che andava a coronare l'arrivo di un drappello di una quarantina di unità, selezionato dai saliscendi del finale di tappa.
Un profilo da classica ardennese, verrebbe quasi da dire, ovvero di quelli che quando Sagan li trova in una breve corsa a tappe, se li sbafa uno dopo l'altro (mentre invece quando li trova nelle vere classiche, beh beh, per ora tende a bucare l'appuntamento). E nonostante l'avversario, nell'occasione, giocando d'anticipo sia riuscito a scegliere la traiettoria migliore, all'interno di una semicurva che immetteva sul breve rettilineo d'arrivo, contro l'esplosione di potenza di Peter non c'è stato nulla da fare.
La tappa è partita senza Fränk Schleck, rimasto contuso in una caduta di ieri sulla discesa del Grimselpass, e opportunamente ritirato. La prima delle due fughe di giornata è stata animata da Steven Kruijswijk e Martin Köhler tra il km 25 e il 130, quando i due sono stati ripresi (dopo aver avuto un vantaggio massimo di 4'45" al km 54). La frazione era lunghetta (202.9 km), quindi a quel punto, a oltre 70 km dalla conclusione, c'era ancora tutto il tempo di vedere altre azioni d'attacco.
E puntualmente la seconda azione a lunga gittata è partita di lì a poco, innescata sulla salita di Wasserfluh (a 68 dalla fine) da Nino Schurter, attivissimo biker già piazzato ieri, e desideroso di lasciare un bel ricordo in questa tournée su strada (ha già disputato il Giro di Romandia un mese e mezzo fa, sempre con la Orica che l'ha ingaggiato per le due gare a tappe elvetiche). Con Schurter s'è mosso Laurent Didier, e dopo lo scollinamento anche Björn Thurau (uscito per raccogliere punti Gpm) e Danilo Wyss sono rientrati sulla nuova coppia al comando, andando a comporre un quartetto che è rimasto insieme per circa 25 km, dopodiché prima Thurau ha perso contatto dagli altri, quindi dal gruppo sono arrivati Valerio Agnoli e Tosh Van der Sande (partiti all'attacco sulla salita di Trogen).
Non c'è stato grande spazio per questi attaccanti, che non hanno mai superato i 50" di margine, e il gruppo, tirato dalla Garmin (per Tom Slagter) e poi dalla FDJ (per Thibaut Pinot), ha avuto buon gioco a recuperare uno per uno i fuoriusciti, una volta che la loro spinta si è affievolita. L'ultimo a mollare è stato Van der Sande (raggiunto a 7.5 dalla fine), ma la peggio l'ha avuta decisamente Agnoli, il quale, nella fase finale del suo attacco, è caduto in curva su un tratto in discesa (e fortuna che c'era dell'erba ad attutire il colpo).
Ricompattato il gruppo (o meglio l'avanguardia di esso), un bel forcing della Giant ha preparato il terreno per il testa a testa sullo strappetto finale. Tony Martin, onde evitare che qualche avversario scattasse troppo indisturbato, ha messo uno dei suoi (nella fattispecie l'ottimo Matteo Trentin) a scandire un bel ritmo, alto ma regolare, e il piano è riuscito, visto che nessuno ha potuto fare la differenza: ci ha provato Peter Kennaugh per un attimo poco prima dei 2 km, ma è stato subito ripreso, mentre intanto la Cannondale iniziava a lavorare per tenere davanti Sagan.
È stato però Cadel Evans a lanciare per primo la volata, lunghissimo, già ai 300 metri. L'australiano ha presunto troppo da se stesso, e si è ingloriosamente piantato proprio nel momento in cui Michael Albasini, correttamente, partiva sulla semicurva ai 150 metri. Sembrava che la traiettoria interna mettesse al riparo il corridore di casa dalla rimonta di chicchessia, ma Sagan - come ben sappiamo - non è "chicchessia", e allora lo spunto migliore è stato proprio il suo, e l'ha portato a superare nettamente lo svizzero ai 50 metri e a vincere la sua nona tappa nelle ultime 4 edizioni del TDS.
Alle spalle di Albasini, secondo, si sono piazzati Sergio Luis Henao (che sta ben riprendendo confidenza col gruppo dopo qualche mese di lontananza), Bauke Mollema, Evans, José Joaquín Rojas, Rui Costa, Pinot, Mathias Fränk, Roman Kreuziger e, 11esimo e ultimo del primo gruppetto, Davide Formolo. Alle spalle del bravissimo giovane di casa Cannondale, un piccolo buco (appena 5") che ha ulteriormente contribuito ad assestare la classifica. E proprio il 21enne veronese è quello che ha tratto il più visibile vantaggio da questo buchetto, risalendo dalla 12esima alla sesta posizione (a 27" da Martin), in una generale che vede il cronoman tedesco che, pur avendo perso quei citati 5" rispetto a qualche avversario, continua a comandare con 6" su Tom Dumoulin, 14" su Sagan, 17" su Mollema e 23" su Slagter. Alle spalle di Formolo troviamo poi Ion Izagirre (stesso distacco dell'italiano, 27"), Roman Kreuziger (a 28"), Mathias Fränk (a 29") e, a chiudere la top ten, Mattia Cattaneo, anche lui a 29" dal primo.
Domani assisteremo probabilmente a una tappa meno densa di avvenimenti, visto che il terreno della Heiden-Ossingen (161 km) non è troppo complicato (malgrado due collinette - ma proprio -ette -ette - negli ultimi 50 km); forse vincerà uno sprinter. O forse vincerà di nuovo Sagan, visto che l'arrivo tira leggermente all'insù.