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Giro d'Italia 2014: Basso non carbura, Cunego neanche - E per Pozzovivo è una giornata "ni"

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Ivan Basso in azione verso Montecampione © Bettiniphoto

Per una nidiata di giovani che continua ad entusiasmare su e giù per le strade di mezza Italia, c'è una serie di corridori più esperti che trova difficoltà in questo Giro. In particolare oggi (quasi) tutti i grandi "vecchi" scalatori presenti ancora nelle parti nobili della classifica hanno sofferto ed hanno fatto da contraltare ai pimpanti giovincelli che sono risultati i più in forma nella lunga ascesa della Valcamonica.

Nello specifico il più forte sinora, Cadel Evans, oggi ha patito la peggior giornata di queste due settimane di gara. Messi a lavorare prima Samuel Sánchez e poi Steve Morabito (più per controllare il ritmo che per provare un forcing) l'australiano ha patito oltremodo l'andatura schizofrenica del plotone della maglia rosa. Come spesso gli accade l'ex biker, quando si trova in difficoltà tende a prendere distacco in maniera cospicua, iniziando a pedalare ancor più scomposto di quanto non faccia abitualmente, ondeggiando le spalle come un metronomo. Anche a Montecampione si è assistito a questo scenario, con la decima piazza di giornata a 1'13" da Fabio Aru che lo distanzia ancora dal pur non irresistibile Rigoberto Urán odierno. Nella generale il distacco ora ha superato il minuto, raggiungendo quota 63 secondi: il trend degli ultimi giorni per l'australiano non lascia presagire nulla di buono in vista podio finale. L'anno scorso, complice l'annullamento della Ponte di Legno-Val Martello, si salvò; quest'anno le cose dovrebbero andare diversamente.

Per un classe '77 che, nonostante tutto, resiste, un altro invece continua a faticare e non sembra mostrare alcun segnale di miglioramento. Ivan Basso, dopo una prima metà di Giro sostanzialmente in linea con le aspettative dell'immediata vigilia, ha iniziato a faticare dalla sfortunata crono di Barolo; vittima prima di un problema meccanico e poi di una caduta, il varesino ha pagato enormemente la tappa che già, sulla carta, era quella a lui meno adatta. La due giorni Oropa-Montecampione ha sentenziato ulteriormente la sua resa per una top 5 finale: resta ancora possibile un recupero per rientrare tra i primi dieci, con la condizione imprescindibile di cambiare completamente passo nelle rimanenti cinque tappe di salita che mancano. Sinceramente è brutto vedere un campione di prima levatura com'è stato il capitano Cannondale staccarsi da 15-20 rivali: parlando chiaramente, cosa regala alla carriera del due volte vincitore del Giro un nono o un decimo posto nella generale? Non sarebbe meglio provare, anche a costo di saltare, un'azione mirata al successo di tappa? Ci vogliono le gambe, certo. E da questo presupposto, purtroppo, non si scappa.

Nel mondo giornalistico italiano, e quello ciclistico in particolar modo, c'è sempre stata la volontà di creare l'epos dei due eroi che rivaleggiano fra loro: se le sfide Binda-Guerra, Bartali-Coppi e Moser-Saronni hanno radici storiche reali, quella proposta lungo un decennio tra Basso e Cunego non ha mai attecchito nell'opinione pubblica, sia per le ridotte sfide fra i due nei primi anni di carriera e sia per i caratteri riservati dei protagonisti. Proprio oggi cade l'anniversario più sentito dai tifosi e da Damiano Cunego stesso: martedì 25 maggio 2004 l'allora "Piccolo Principe" si involò nella San Vendemiano-Falzes, andando a conqustare un successo di tappa entusiasmante e rilevando la maglia rosa dal compagno-rivale Gilberto Simoni.

Il Giro 2014 del veronese era stato, sino a stamani, un foglio bianco: l'unico momento da segnalare era stato il sorpasso subito, poi reso e quindi nuovamente subito dal nuovo golden boy di casa Lampre, quel Diego Ulissi oggi uscito definitvamente di classifica con i 19'40" incassati. Il cerrese è stato oggi protagonista della fuga di giornata, iniziata nelle prime battute di gara: con lui Maxime Bouet (Ag2r), Jacskon Rodríguez (Androni), Enrico Barbin (Bardiani), Daniele Ratto (Cannondale), Rodolfo Torres (Colombia), Johan Le Bon (Fdj.fr), André Cardoso (Garmin), Adam Hansen (Lotto), Simon Geschke (Giant), Luca Paolini (Katusha) e Fabio Felline (Trek). Andato in avanscoperta nella tappa probabilmente meno adatta alla vittoria per un fuggitivo, Cunego è stato incapace di tenere il ritmo di un passista come Hansen e venendo pure distanziato da Cardoso, Torres e persino Felline, che certamente scalatore non lo è mai stato. L'immagine del suo mesto riassorbimento è stata tanto emblematica quanto sintomo di un'era che sia per lui che per Basso volge al termine. Quella dei due che hanno dovuto essere, con alterni risultati, i rappresentanti italiani nelle corse a tappe internazionali nel primo decennio di questo millennio.

Il più giovane degli "esperti" è Domenico Pozzovivo; lui, che sinora ha portato avanti (e con buoni risultati), le speranze tricolori di classifica a questo Giro, è stato messo al tappeto dall'odierno Aru. La prestazione del sardo ha offuscato i tentativi del lucano nelle precedenti salite sinora affrontate, lui che è stato sinora l'unico uomo di classifica a correre con la volontà di attaccare (anche se le parole di ieri relative all'attacco forse troppo prematuro -avvenuto ai meno 4 km dall'arrivo!- non sono state per nulla azzeccate). Oggi il trentunenne materano è stato vittima di una giornata no, incapace di tenere il ritmo di chi solo ieri aveva staccato. Per lui un distacco identico a quello di Evans, che ora lo fa scivolare dal 4° al 6° posto della generale, perdendo anche la palma di miglior italiano (tolta dal più volte menzionato scalatore dell'Astana). Ora per Pozzovivo arriva l'ultima settimana, quella in cui, storicamente, paga il dazio maggiore: per lui che è a tutta da più di un mese le chance di rimonta sono assai flebili, più verosimile lottare per battere l'8° posto dell'edizione 2012.

Un vecchietto che oggi si è mostrato pimpante è quel Franco Pellizotti fin qui deludente: il "Delfino di Bibione" ha raccolto il primo piazzamento fra i primi 10 nel suo nono Giro in carriera, lui che è uno dei più costanti azzurri in attività. In coda dopo le prime scaramucce orchestrate da Pierre Rolland (se non ci fosse, il francese bisognerebbe inventarlo: l'unico pronto a rischiare di crollare pur di vincere), Pellizotti ha saputo andare su del proprio ritmo e, anzi, allungare nel momento in cui i big si stavano controllando. Incapace di restare prima con Duarte e poi con i rimontanti Aru, Majka, Quintana e Urán, il capitano dell'Androni Giocattoli è restato assieme a Dani Moreno davanti al gruppo Evans-Pozzovivo, terminando 7° e risalendo cinque posizioni nella generale, piazzandosi ial 15° posto. Uomo che esce alla distanza, il trentaseienne potrebbe togliersi qualche soddisfazione nelle prossime giornate, per regalare al patron Gianni Savio una soddisfazione in una stagione sinora non esaltante per il sodalizio piemontese.

Parafrasando il meraviglioso libro dello scrittore statunitense Cormac McCarthy, opera dalla quale è stato tratto il film vincitore di 4 premi Oscar nel 2008, si può tranquillamente affermare che questo non è un Giro per vecchi. O, per restare nei confini italici, è l'epoca della rottamazione, questa.

Alberto Vigonesi

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