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Giro d'Italia 2014: Urán li ha messi tutti in Rigo - Al colombiano crono (su un superbo Ulissi) e maglia rosa. Evans s'arrende | Cicloweb

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Giro d'Italia 2014: Urán li ha messi tutti in Rigo - Al colombiano crono (su un superbo Ulissi) e maglia rosa. Evans s'arrende

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Rigoberto Urán bacia la maglia rosa conquistata a Barolo © Bettiniphoto

Quintana o Evans? Scarponi o forse Aru, Pozzovivo, magari il giovane Majka? La maglia rosa silenziosa, pronosticata da pochi intimi alla partenza di Belfast, è colombiana, ma non risponde al nome di Nairo Quintana. La sua carta d'identità recita Rigoberto Urán Urán, classe 1987 da Urrao. Quasi un gioco di parole. Arrivato al Giro all'ombra del connazionale Quintana, favorito d'obbligo della vigilia, si ritrova in maglia rosa dopo una crono, quella di Barolo, corsa in maniera spettacolare. O perfetta, ma la sostanza non cambia.

Urán non ammazza il Giro ma gli dà un colpo bello forte, uno scossone alla classifica di quelli che restano. Percorre i 41.9 km della prova in 57'34", tutti gli altri, dal sorprendente Ulissi a Evans, restano a oltre un minuto. Rigoberto Urán non può certo stupire, sia chiaro: colombiano atipico, diciamo, va bene in salita, in discesa, a crono ed ha financo uno spunto veloce pregevole.

Non è un Carneade, nel 2012 ha vinto la maglia bianca di miglior giovane al Giro e la medaglia d'argento nella prova in linea dei Giochi Olimpici di Londra. Volata a due con un Vinokourov all'ultimo atto: scattare verso lo storico oro o voltarsi e lasciar esultare il kazako? La seconda, e non dev'esserne uscito totalmente insoddisfatto.

Urán che ancora lo scorso anno, proprio al Giro, si caricò la Sky sulle spalle. Allora c'erano anche Wiggins (caduto e bloccato nelle discese, specie se bagnate) ed un altro colombiano, Sergio Henao. Una volta ritiratosi Wiggo, Urán divenne capitano a tutti gli effetti. Corse per vincere, eppure era già noto che avrebbe lasciato la Sky, direzione Omega Pharma-Quick Step. Troppo forte quel Vincenzo Nibali, Urán porterà comunque a casa la vittoria all'Altopiano del Montasio e la piazza d'onore in quel di Brescia.

Non s'arrende, però, il piccolo colombiano: «L'anno prossimo voglio tornare al Giro per vincere». Più chiaro di così. Un Rigoberto Urán che fino a Belfast non è che si fosse visto troppo in gara, ed anche quando attaccava il numero sulla schiena era pressoché irriconoscibile. L'inverno è fatto di allenamenti massacranti in Colombia. Tanti in velodromo, uniti a test in galleria del vento. E se è vero che per vincere una grande corsa a tappe bisogna andar forte dappertutto, cronometro inclusa, basta fare 2+2 per capire che Urán punta forte sul Giro. Infatti.

Nelle prime tappe Rigoberto è sempre davanti; mentre Evans sfila la rosa a Matthews ed il resto del gruppo si lecca le ferite dopo Montecassino, Urán è lì, a meno di un minuto dalla maglia rosa. Attende il momento per fare il gran balzo, può essere sulle montagne o già nella crono. Crono che Rigoberto s'era già premurato di venire a vedere, in marzo, insieme a Davide Bramati e allo staff della squadra. Capire che rapporti usare, come dosare le energie, conoscere metro per metro salite e discese di questa prova contro il tempo tecnica ed insidiosa è servito, e non poco.

Straccia tutti, Urán, in una corsa che a marzo aveva già provato e riprovato. Era solo questione di ripeterla una volta di più, ed al meglio. L'ha fatto meravigliosamente, guadagnando nella prima parte, incrementando nella discesa ed in pianura, chiudendo con la discesa finale, molto "tricky", e la salita che portava al traguardo di Barolo, dove Urán ha dato la mazzata. Tappa e maglia, e ora levategliela. La crono, 41.9 km su e giù per le colline delle Langhe, tra vigneti e pioggia (strano), non è affatto una prova convenzionale.

Nei primi 12 km si sale fino a Boscasso, poi discesa e tratto in pianura, fino ad Alba. Dopo il km 34 si risale a Castiglione Falletto, discesa tecnicissima ed ancora salita verso il traguardo. Non è roba da Tony Martin, insomma (anche se la controprova non l'abbiamo). Non stupisce perciò che tra gli ultimi a partire sia Diego Ulissi, ieri caduto dal Passo Cento Croci, a far segnare il miglior tempo. Il Lampre raggiunge Damiano Cunego, partito un minuto prima, e passa a tutti gli intermedi davanti.

Sul traguardo stacca un 58'51" che resisterà a lungo. Diego, dopo al caduta di ieri, non ha voluto rischiare in discesa, e infatti Cunego l'aveva raggiunto. Ulissi scalza dalla vetta Thomas De Gendt, ma a dimostrare che il cecinese non è l'unico giovane italiano in gran forma a questo Giro ci pensa Gianluca Brambilla. Il lecchese dell'Omega Pharma-Quick Step chiude 59'27" che lo fa stare a lungo al 2° posto. Nel frattempo sono partiti gli ultimissimi, coloro che si giocano una bella fetta di maglia rosa già oggi.

Domenico Pozzovivo fa capire di essere presente ed al primo intermedio, subito dopo la salita di Boscasso, è in testa con un 21'13" che resiste ma non basterà. Fabio Aru arriva ad un secondo dal lucano, subito dopo, mentre Nairo Quintana, ben messo in bici ed apparentemente efficace, aveva già pagato 45" al corridore dell'AG2R La Mondiale (pure Kelderman, in luce durante la prima parte di Giro e che nelle crono ha il punto di forza, paga 56"). Il polacco Rafal Majka è sì uno scalatore, ma è indietro di 40", mentre Rigoberto Urán dà già un bel segnale: 21'28", seconda piazza a 15" da Pozzovivo.

Manca solo Evans, che già sulla salita dà un pochino di spalle. Forse non vuol dir nulla, ma la maglia rosa paga già 53" a Pozzovivo (e 38" ad Urán). Al secondo intermedio, quello di Alba, la musica cambia. Nella discesa e nella pianura successiva Rigoberto fa la differenza e passa in testa con un 35'12", 27" meglio di Ulissi (che però ha corso tutta la prova sotto la pioggia), 39" meglio di De Gendt, 49" su Majka. Più indietro Kelderman, a 58", mentre Evans non trova il giusto ritmo e lascia già la maglia: i suoi 59" di ritardo da Urán consegnano al colombiano il primato, seppure per soli 2".

Ivan Basso dopo 12 km fora ed è costretto a cambiar bici: passa al primo inteertempo con 1'34" da Pozzovivo, ad Alba ha 2'05" da Urán. Nel finale cadrà in una curva in salita, pagando 4'05" sul traguardo. In quel di Barolo, intanto, Diego Ulissi è ancora in testa, mentre Nairo Quintana chiude oltre l'ora. Anche Aru, Kelderman, Pozzovivo e Majka sono dietro ad Ulissi, ma in arrivo ci sono Urán ed Evans.

La maglia rosa sa di dover recuperare tanti secondi, e così una scivolata qui, un fuoristrada là, mentre Rigoberto vola. Chiude in 57'34", balza in testa davanti all'ottimo Ulissi (staccato dsi 1'17") ed aspetta l'arrivo della maglia rosa. Urán sa già la fine della storia, ma gli piace gustarsela. 1'34" il ritardo di Evans, terzo e spogliato della maglia, che va a Rigoberto.

A 1'39" Rafal Majka, a 1'53" un grande Gianluca Brambilla, a 2' esatti Wouter Poels, a 2'03" Wilco Kelderman, a 2'07" Thomas De Gendt, a 2'09" Domenico Pozzovivo, a 2'12" Patrick Gretsch. Fabio Aru, in grande spolvero al primo intermedio, chiude, non senza una scivolata, a 2'55".

Classifica generale ridisegnata: ora comanda Urán, ed è un regime. Ha 37" su Evans, 1'52" su Majka, 2'32" su Pozzovivo, 2'50" su Kelderman, 3'29" (!) su Quintana, 3'37" su Aru, 4'06" su Poels, 4'20" su Morabito, 4'41" su Kiserlovski. Ivan Basso scivola a 5'09", Rolland a 5'45", Ulissi è a 6'24", Cunego a 8'42". Distacchi non da poco, anche se tutto potrà essere ribaltato già sabato, con l'arrivo in salita di Oropa. Da lì in avanti si capirà chi potrà scalzare Rigoberto Urán dal trono del Giro.

Lui, che a 14 perse il padre, ucciso accidentalmente in una sparatoria tra narcotrafficanti. È cresciuto vendendo i biglietti della lotteria, proprio come faceva il padre, poi ha scelto il ciclismo. Un'esistenza difficile, quella di Rigo, che ora veste la maglia rosa, la prima di un colombiano, guardando il cielo grigio. Scappato dai narcos in sella ad una bicicletta, ora deve fuggire dagli altri pretendenti alla maglia rosa. Che sembrano, fino ad ora, ben più affannati di lui, a dire il vero.

Francesco Sulas

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