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Giro d'Italia 2014: Ulissi, nasce un personaggio - Si gestisce benissimo, vince a Montecopiolo e ora sa pure ridere

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Diego Ulissi oscura tutti a Montecopiolo (a partire da Robert Kiserlovski, secondo) © Bettiniphoto

Manca un chilometro al Gran premio della montagna di Cippo di Carpegna e poco più di 35 km alla fine della tappa dedicata alla memoria di Marco Pantani. Sul fatto che tale memoria non sia stata esattamente onorata con la giusta dose di coraggio e di follia (l'abbiamo vista solo in Arredondo, oggi; e un po' in Rolland), glissiamo; ne riparleremo un'altra volta, magari.

Dicevamo: manca un chilometro al Gran premio della montagna di Cippo di Carpegna, e il gruppo dei migliori non conta più di un paio di decine di componenti. Dal lato A del drappello, gli uomini AG2R stanno tirando per provare a fare selezione (e qualche danno lo hanno prodotto, leggasi alla voce "Scarponi staccato e definitivamente fuori dalla classifica"); dal lato B - quello della Lampre, e in particolare quello di Diego Ulissi - si fa una fatica bestia per tenere le ruote dei candidati alla vittoria del Giro d'Italia. Tra la testa Alexis Vuillermoz (che da oggi qualcuno avrà imparato a conoscere per le sue ottime qualità) e la coda Diego Ulissi, transitano tutti gli attesi protagonisti della corsa rosa, o perlomeno, quelli che lotteranno per la classifica generale. Gli staccati, anche se qualcuno magari rientrerà in discesa per poi perdere nuovamente contatto, possono dirsi già fuori dai giochi.

In casa Lampre la situazione non è delle migliori, visto che Niemiec, uno dei capitani, ha forato appena iniziata la salita e non è più riuscito a rientrare (pagherà alla fine 7'30"); Cunego è lì, staccato ma non troppo, a mezz'aria, un piede di qua e uno di là, in attesa di capire che ne sarà di questo suo Giro ("che lavoro fai? Aspetto di capire cosa farò da grande"); e Ulissi è quindi l'unica speranza, per il team di Saronni, di ottenere qualcosa, anche se il momento non pare preludere a fuochi d'artificio.

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Manca un chilometro al Gran premio della montagna di Villaggio del Lago, e poco più di 10 al traguardo. Rispetto alla salita precedente, non è cambiato il colore delle maglie al comando del gruppo: sempre l'AG2R di Domenico Pozzovivo. Ma ormai non c'è più selezione, questa salita è più facile dell'altra, e bisogna pure dire che non si riesce a recuperare più di tanto sugli uomini in avanscoperta, ovvero Arredondo - in fuga dal mattino - e Rolland, partito sulla discesa della Carpegna. Pirazzi, anch'egli all'attacco dall'inizio della tappa, è nel mirino, ma sta dando tutto per anticipare il gruppo al Gpm (la maglia azzurra è sempre un suo obiettivo).

In casa Lampre le cose vanno un cicinìn meglio di prima: il ritmo non trascendentale ha permesso a Ulissi di recuperare bene dopo gli sforzi della Carpegna, di tenere i livelli di acido lattico ben al di sotto della soglia di guardia, e di iniziare a fare un pensierino niente male a quell'arrivo tanto ambìto. In fondo la parte veramente dura dell'ascesa conclusiva è di nemmeno 4 km, in pratica una côte, di quelle che tanto piacciono al livornese.

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Manca un chilometro all'arrivo in salita di Montecopiolo. Il gruppo è stato tirato fino ai 4 km dall'AG2R, si attendeva come imminente uno scatto di Pozzovivo che giustificasse tutto quell'impegno di squadra, e invece nulla di nuovo viene dal fronte franco-lucano; ma dài, non ci si crede, davvero l'AG2R ha tirato tutto quel tempo solo per recuperare su Arredondo e per far staccare Scarponi (già martoriato da dolori all'anca) e qualche altro comprimario? Pensano di fare anche solo il solletico a Quintana, in questo modo? "Ma tutto sommato son problemi loro", può aver pensato Ulissi, "se a loro piace lavorare per far vincere noi, perché togliergli questo gusto?".

E se davvero Ulissi ha pensato una cosa del genere, l'ha fatto perché la gamba ora gira molto bene. Arredondo, raggiunto da Rolland a meno di 3 km dal traguardo, è scoppiato ed è stato appena ripreso dai big (ai 1500 metri); il francese della Europcar è rimasto da solo al comando ma non è lontano nemmeno lui, se si sprinta in un certo modo lo si risucchia facilmente. Cadel Evans non ha alcuna intenzione di far colpi di testa, visto che la sua maglia rosa è già lì bella fragrante di ferro da stiro ad aspettarlo dopo la linea d'arrivo: l'ex leader Michael Matthews si è staccato all'inizio della Carpegna e a questo punto il suo distacco è misurabile in minuti plutoniani, il passaggio di consegne tra australiani è già bello che scritto.

I colombiani del gruppo dimostrano un quinto del cuore di Arredondo (il famoso quinto di Quintana; ma pure di Urán, in questo caso); nessuno si muove. Majka ha accennato prima uno sgorbio che sembrava un mezzo scattino (100 metri di allungo ai 3 km); Landa, luogotenente di Aru, ha azzardato un altro scatto ai 1400 metri, ma subito è stato stoppato da Evans, Pozzovivo e Kiserlovski. Rolland, lì davanti, magari ci sta davvero credendo o più che altro sperando, visto che vede pure che quella rampa finale durissima lo separa da un traguardo che rischia di diventare lontanissimo.

Esatto, lontanissimo: si pianta, Pierre, e al contempo dal gruppo esce come una scheggetta Dani Moreno, ai 400 metri. Come se fossimo a Huy, lo spagnolo raggiunge il francese ai 300 metri, e lo supera. Fatta? Macché.

È ancora Kiserlovski a fare atto di volontà e a partire da quel che resta del gruppo, ai 300 metri. Eccolo il momento tanto atteso da Ulissi; ecco la ruota giusta da prendere per andare a sprintare nelle migliori condizioni, dopo una sapientissima gestione di ogni singolo sforzo sui 50 km di saliscendi che hanno contraddistinto l'ultimo tratto della tappa.

«L'ho studiata su Google Maps, questa salita», dirà poi il livornese senza l'intento di stuzzicare l'invece inevitabile reazione infastidita dei Sergio Neri di turno ("Orrore! Studiano le salite su internet anziché andare a provarle dal vivo con una caciotta nel taschino per la merenda! Dove andrà a finire il ciclismo???"). Gli va bene, nessuno vuole o riesce a prendergli la ruota, intanto Moreno si pianta, e lo sprint a due col croato della Trek ha meno pathos di una fiction di Rai1.

Vince bene, vince di netto, il Dieguito del nostro ciclismo. Esulta con la consapevolezza di chi sta già pensando al prossimo passetto da fare (infatti conferma: «Più bella per me la prima vittoria, a Viggiano, quella con cui mi sono sbloccato»); e intanto, anche se non ha vinto la tappa da 250 km (ma uno scatterello l'ha proposto pure nel finale di Montecassino, l'altro giorno, quindi i segnali che parlano di effettivo salto di qualità si stanno improvvisamente moltiplicando), si gode lo status di nuovo personaggio.

Si lavora in tal senso (alla costruzione del suo personaggio, intendiamo) sui media, tra un nuovo gruppo di suoi tifosi su Facebook e un'accentazione televisiva sulla sua livornesità, e non c'è dubbio che quel po po di popolarità che gli sta piovendo addosso grazie alle vittorie di questi giorni lo renderà un po' meno ombroso e ritroso (almeno questa è l'impressione che può dare di solito, ma oggi l'abbiamo visto più volte sorridere di gusto).

E la classifica, in questa tappa che doveva dire abbastanza e che invece non ha detto quasi nulla, è un dettaglio. Un dettaglio che al momento lo vede, il Dieguito, al sesto posto a 1'43" da Mister Evans; e lo vede pure scavalcare (tra i 6" di vantaggio al traguardo e i 10" di abbuono per la vittoria) el Señor Quintana, il che è sempre una soddisfazione, seppur forse fuggevole. Domani, si sussurra di bocca in bocca, quella salita che porta al traguardo di Sestola nella nona tappa della corsa rosa non è poi così tremenda. Lunga, infida (contiene verso il finale 3 km molto tosti), ma affrontabile con fiducia.

In altri termini, quel che si vorrebbe dire ma si tace per scaramanzia, è che un'immediata terza vittoria di tappa per Ulissi non sarebbe poi ipotesi così fantascientifica. A patto che il ragazzo si gestisca bene come oggi; e a patto che anche domani viga la legge dell'attendismo tra i big: quella legge che tanto piace a chi - come Ulissi, appunto - si è appena seduto al tavolo dei grandi e deve badare ogni giorno a non fare un passo più lungo della gamba. Che invece non piacerà agli appassionati (che vorrebbero che la lotta tra gli uomini di classifica non fosse confinata a un chilometro e mezzo di tappa); ma almeno quelli italiani, con un Ulissi così, non possono lamentarsi di avere la botte vuota e la moglie sobria.

Marco Grassi

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