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Giro d'Italia 2014: Ma quale fair play, non siamo ridicoli - Bene ha fatto la BMC a proseguire a tutta dopo la caduta

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BMC e Orica a tutta sulla rampa di Montecassino © Bettiniphoto

Facciamo un gioco quasi rivoluzionario, quello di mettere nella giusta e razionale sequenza quanto accaduto oggi al Giro d'Italia. Cominciamo - e chi l'avrebbe mai detto, nella vita! - da un tweet di Sacha Modolo che condividiamo in toto: "In circuito si può mediare ma in un percorso in linea fa parte del gioco la strada pericolosa. Adesso non stiamo a far le vittime su tutto!!". Sante parole, Sacha, spese sul social network che in queste ore è infestato da foto di abrasioni varie e frasi lancinanti del tenore di "oggi vi siete divertiti?", "asfalto maledetto" e "Beppe Conti puzzone".

Il motivo dell'ennesima inconsulta levata di scudi da parte di molti corridori del gruppo è la caduta che a 11 km dal traguardo di Montecassino ha coinvolto decine di corridori, facendone attardare molti altri. Ora, secondo alcuni noti pensatori contemporanei come Marco Frapporti, Dario Cataldo, Davide Malacarne, Manuel Belletti (tra i più polemici), bisognava forse neutralizzare il finale di tappa anche oggi? Perché altrimenti non si capisce il senso di queste esternazioni.

La sequenza, dicevamo.

1) A un certo punto della tappa inizia a piovere.
2) Molti corridori cadono davanti a una rotonda, in un punto della strada senza particolari elementi di eccezionalità. Insomma, su un tratto di strada normale.
3) Quelli che rimangono in testa proseguono a tutta fino alla fine.
4) Tra quelli coinvolti nella caduta, alcuni limitano i danni, altri perdono minuti su minuti.

Antefatto: tutto ciò è accaduto a due giorni di distanza dalla manfrina di Bari, dove il gruppo, al fine di ottenere la neutralizzazione dei tempi nell'ultimo giro del circuito (richiesta condivisibilissima) ha di fatto neutralizzato la tappa intera. La paura dell'ormai mitologico "asfalto del sud", che a contatto con la pioggia diventa scivolosissimo, sta ormai raggiungendo livelli parossistici. E ridicoli, aggiungiamo.

L'abbiamo già scritto due giorni fa: che cosa si deve fare, secondo alcuni contestatori? Eliminare il sud dal Giro? Eliminare la pioggia per mezzo di opportune scie chimiche (questa è una boutade, precisiamo)? Decidere che se piove non si corre più? O magari cercare di capire (e qui lo scriviamo da anni) che è sul corridore (e sulle protezioni di cui dotarlo) che bisogna intervenire, vista l'impossibilità di risolvere alcune problematiche strutturali (del tipo: si corre su strada, e la strada è piena di pericoli)? Ma naturalmente i corridori - e l'Associazione che li rappresenta - si guardano bene dal promuovere qualche studio nella direzione della self-safety; non esprimono il minimo dubbio sullo stato di alcune strade, prima di un Giro (un rappresentante dell'ACCPI che faccia una relazione sul percorso un mese prima della corsa rosa, e che sottoponga a RCS eventuali richieste di modifiche è utopia?); dopodiché, in gara, addirittura insistono con l'uso di materiali che a determinate condizioni possono essere più pericolosi di altri (tutti quelli scivolati oggi montavano ruote ad alto profilo, tanto per dire). Per poi ululare senza costrutto al primo manifestarsi di un problema.

Tanto per sgomberare il campo da possibili fraintendimenti, ci dispiace moltissimo per i corridori caduti oggi, diversi dei quali si sono seriamente infortunati. È una pena vedere tanti ragazzi farsi male in quel modo, dover rinunciare magari al piccolo sogno di proseguire col Giro per inseguire un risultato, una vittoria, anche solo una fuga, o per la soddisfazione di aiutare la squadra e arrivare in fondo a tre settimane massacranti.

Però "la corsa è corsa", e questo concetto dev'essere chiaro. A Bari si parla con Vegni prima della partenza, si ottiene la neutralizzazione dell'ultimo giro del circuito, ma poi per il resto si deve gareggiare. Ai piedi di Montecassino, quando inizia a piovere, si sta con cento occhi aperti, ma si fa la corsa. L'alternativa è che si arrivi - alla lunga - a dover chiudere questo bel giocattolino che è il ciclismo su strada.

Lo sottolineiamo anche al cospetto di molti mugugni che si sono levati all'indirizzo della BMC e di Cadel Evans, il quale, ritrovatosi davanti insieme ad alcunidei suoi (Morabito, Quinziato e Oss), e con un discreto trenino Orica a far la propria parte (la maglia rosa Matthews, Durbridge, Santaromita), dopo la caduta ci ha dato dentro come se non ci fosse domani, riuscendo a guadagnare quasi un minuto sui principali rivali di classifica. Oro puro per la sua classifica.

I mugugni in questione sottintendono che la BMC forse si sarebbe dovuta fermare per aspettare il rientro dei caduti: fattibile, a 10 km dal traguardo? E soprattutto, i caduti bisognava aspettarli tutti (quindi anche Pirazzi che è arrivato al traguardo dopo 21' e passa), oppure si dovevano fare figli e figliastri (te sì, te sì, te no, te non t'aspetto)? Si capisce subito che la cosa non era assolutamente pensabile. E bene ha fatto Evans ad approfittare di una situazione di gara che si è volta a suo favore.

"Ma", ricordano i più attenti, "la BMC l'altro giorno a Bari voleva la neutralizzazione della tappa, e oggi?". In effetti vedere Quinziato tirare alla morte oggi per Cadel, dopo averlo visto sceriffare 48 ore fa nel capoluogo pugliese, fa un certo effetto. Ma l'errore non è nel finale di tappa di oggi, bensì nell'atteggiamento dell'altro giorno. Un atteggiamento poco leale, perché apre la scena all'arbitrio più puro. Ognuno ragiona pro domo sua, e se oggi neutralizzare mi fa comodo, sono per la sicurezza, se domani mi fa comodo correre sono per la corsa a tutti i costi.

Ecco, vorremmo che non fosse più così. Che la gara - finché si gareggia - venisse sempre onorata, visto che il concetto di fair play è così mutevole che allora tanto vale metterlo da parte. Vorremmo scordarci il Cancellara che sulla strada di Spa fermava il gruppo per aspettare che i fratelli Schleck rientrassero; scordarci il Tyler Hamilton che va a bloccare eventuali tentativi di attacco mentre Armstrong andava per campi in un altro Tour. E scordarci anche Bari, possibilimente. (E ora, cari corridori, prego: via con gli insulti, Twitter è aperto anche tutta la notte).

Marco Grassi

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