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Giro d'Italia 2014: Noi che volevamo un po' di romanzo - Tanta pioggia in Irlanda, ma nessuno ne approfitta per seminare zizzania | Cicloweb

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Giro d'Italia 2014: Noi che volevamo un po' di romanzo - Tanta pioggia in Irlanda, ma nessuno ne approfitta per seminare zizzania

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Uno scoglio a forma di naso di Fausto Coppi in basso a sinistra, e il gruppo che non dà spettacolo a destra © Bettiniphoto

Sarà un'innata e insopprimibile vena di romanticismo, o sarà una preoccupante carenza di realismo, ma la delusione con cui ci stacchiamo dalla seconda tappa del Giro d'Italia è un fatto. Possibile che quegli scenari selvaggi e pervasi da persistente pioggia non abbiano ispirato proprio un bel niente a nessuno, lungo la lunga strada che da Belfast portava a Belfast, attraverso 219 chilometri pieni di Irlanda (del Nord) e (quindi) di scrosci?

Quelle scogliere a picco sul mare sarebbero lo scenario ideale per un'ambientazione in stile "Cime tempestose" («Heathcliff! Heathcliff!!!»), ma senza scomodare l'eroina della Brontë ci saremmo accontentati dell'adrenalina di una Tinkoff, qualora il nostro fantasticoso «Bjarne! Bjarne!!!» avesse trovato risposta. O avremmo potuto sognare un «Gianni! Gianni!!!» facilmente tramutabile in «Johnny! Johnny!!!», se la risposta alla domanda di spettacolo fosse mai venuta dalla (non ancora) premiata ditta Savio&Hoogerland. E la Bardiani che manca la fuga e poi non fa nulla? E una qualunque delle formazioni che non hanno in squadra un capitano come Quintana o Kittel?

Eslcuse le quattro squadre che hanno messo in fuga un uomo; esclusa la Garmin che ancora si lecca le ferite di ieri; esclusa la Katusha che ha un Rodríguez non al meglio e a cui oggi è caduto pure Caruso (forse si è rotto una mano, siamo in attesa di responsi medici); esclusi i team dei tre-quattro velocisti più forti, esclusa la Orica della maglia rosa, esclusa infine la Movistar dello spauracchio Quintana (e via, pure la Omega Pharma di Urán che ha già un bel margine su molti rivali), qui davanti a questo monitor di computer si pensa che tutte le altre squadre (e arriviamo a contarne non meno di una decina) avessero oggi interesse a movimentare la tappa. O forse presumevano tutti di giocarsela con Kittel allo sprint? O suppongono di vincere il Giro (o almeno centrare il podio) sullo Zoncolan?

Il paziente lettore forse dirà: «Oh no, questi iniziano a menarla sin dal secondo giorno con le lamentele sull'attendismo che uccide il ciclismo contemporaneo!»; ma sarà più facile che concordi con un concetto di fondo molto semplice, e cioè che bisogna fare la differenza quando la si può fare, se davvero si vuole realizzare qualcosa di buono. Sorprendere tutti oggi confidando nella pioggia? Pourquoi pas? O francesi, Europcar, AG2R et frères, perché non ci avete fatto vedere che sapete ancora fare di necessità virtù?

O Vino, non è che in questa terra di pecore (in questi giorni tinte di rosa) bisogna uniformarsi, qvesto non sarà Giro di Kazakistan ma i tuoi Scarponi e Aru e Landa sarà il caso che mettano presto pressione ai più palesi favoriti della corsa rosa, no?

Abbiamo ancora negli occhi l'interpretazione garibaldina della corsa da parte della nazionale italiana all'ultimo Mondiale di Firenze, per non ricordare di fresco quanto le condizioni climatiche avverse possano accentuare gli effetti di una condotta d'attacco, causando selezione laddove col bel tempo non ce ne sarebbe; oggi il vento è mancato, ma la pioggia no, e le condizioni per tramutare in tregenda il primo impegno in linea dei girini c'erano; e invece il clima da scampagnata ha prevalso nonostante il diluvio, e se qualcuno voleva legittimamente starsene tranquillo, questa legge non era valida necessariamente per tutti. No, qualcuno dei 22 direttori sportivi avrebbe dovuto svegliarsi con una voglia diversa, stamattina. Provare a far qualcosa, a creare difficoltà agli avversari, a sparigliare: era obbligatorio per chi non aveva (e non ha) troppo da perdere.

Forse esageriamo, magari già nei prossimi giorni qualche sprazzo di fantasia squarcerà il grigio del copione già scritto, ma se oggi parliamo subito di prima occasione sciupata è anche perché il grande calore del pubblico irlandese, già frustrato dalla brutta uscita di scena di Dan Martin ieri, meritava di essere premiato da uno spettacolo più lungo dei 300 metri del rettilineo conclusivo.

La classifica è tutta da scrivere, ma non ci sarebbe certo dispiaciuto vedere subito la volontà in tal senso da parte di qualcuno. Ci ritroviamo a fare i conticini coi 3" di buco che nel finale hanno diviso i primi 20 dell'ordine d'arrivo da tutti gli altri. Lì davanti, il solo Wilco Kelderman si è avvantaggiato, tra gli uomini di classifica. Ha guadagnato l'equivalente di un abbuono a un traguardo volante. No, non ci siamo, quest'anno pretendiamo di essere più esigenti: se siamo andati a cercare i gelidi mari del nord col loro tempaccio, non è per assistere a 218 km di carovana prima di un chilometro di volata. Né per fare il calcolo dei piazzamenti per assegnare la maglia rosa (che da Tuft oggi passa a Matthews) dopo che la cronosquadre ha messo tutti in fila per sei col resto di tre.

Abbiate pazienza, amici corridori: il ciclismo ha bisogno di più cuore, di più estro, di più follia. E noi abbiamo bisogno di chiedervi tutto ciò.

Marco Grassi

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