Tour de Romandie 2014: E ci dicevano che stava male... - A Froome cronometro (su Tony Martin) e classifica finale
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A guardarlo fa un po' paura, Chris Froome. Non tanto per le dichiarazioni o per la fisiognomica, quanto per le prestazioni sul campo. Quest'anno aveva concluso non troppo, ma quanto basta a lui: una vittoria a Green Mountain, con il Tour of Oman di nuovo suo, come nel 2013. Stagione in cui aveva lottato con i denti per una Tirreno-Adriatico strappatagli solo da Nibali, vinto un Critérium International, dimostrato una superiorità disarmante prima del Romandia (dobbiamo dire come lo concluse?), un lunghissimo riscaldamento in vista della Grande Boucle.
Quest'anno no, era stato un po' diverso, almeno fino ad oggi. L'Oman lo bissa a febbraio ma da lì in poi si contano tanti, troppi ritiri. Salta la Tirreno per un mal di schiena (lo stesso che gli impedì di correre l'ultimo Lombardia), al Catalunya non brilla in salita, alla Liegi è atteso ma viene messo fuori causa da una lieve infezione polmonare. Gli avversari del Tour lo aspettano al varco romando, sia perché è il campione uscente, sia perché il Romandia era un ottimo termometro per un Chris Froome indecifrabile. L'ha fatta venire il britannico agli altri, la febbre!
Chi pensava non stesse così bene (tra questi Vincenzo Nibali, che proprio per questo nel tappone ha attaccato), chi non credeva stesse niente bene, tra acciacchi e strascichi di un 2013 fatto di sacrifici - come se di solito un atleta non ne facesse - forse deleteri per un 2014 nuovamente ad altissimo livello. Insomma, il cadavere era già stato mezzo sepolto.
Lui, Froome, il presunto cadavere, come la Sposa in Kill Bill è risalito, tornando quello di un anno fa: fortissimo in salita, devastante a cronometro. Ciò che preoccupa è che siamo a maggio, il Tour è a luglio, di conseguenza la condizione non può essere al top. Se questo Romandia se l'è mangiato, cosa ne farà, Froome, del Tour? Staremo a vedere. Quel che è certo è che in questa parte della Svizzera il britannico originario del Kenya ha fatto un mazzo tanto a tutti in salita, con il solo Spilak a tenere faticosamente il suo passo. Tanto non è bastato, almeno fino a stamane, per vestire la maglia gialla di leader. Che fretta c'è, quando la corsa si conclude con una crono (come del resto si era aperta)?
Froome ha polverizzato la concorrenza, dettato il suo ritmo infernale nel piano, insistendo come un forsennato in salita (e non era una salita per modo di dire), entrando nello Stade de la Maladière di Neuchâtel ancora fresco. È bastato un secondo a battere Tony Martin - sì, proprio quel Tony Martin - nella specialità che da tre anni a questa parte lo vede vestire l'iride. Simon Spilak, va da sé, non può difendere il prezioso secondo che lo separa da Froome, e più ci prova, più pare perdere: alla fine pagherà 29", solo 7°.
Froome c'è, più vivo e vispo che mai, altro che malato, malaticcio, fuori forma. Non parte subito forte, tant'è che al primo intermedio, quello di St-Blaise, paga 25" a Martin, nel frattempo in testa davanti a Jesse Sergent per soli 7". All'intertempo successivo, quello di Cornaux, è però già davanti a Martin di 1". Rifiata sulla salita di Frochaux, ed a quel rilevamento è Martin a trovarsi davanti per 1".
Sul traguardo tutto si ribalta, la corsa di Froome verso la maglia gialla diventa una cavalcata trionfale: va sì a conquistare il secondo Giro di Romandia di fila, ma si mette alle spalle tutti, da Tony Martin in giù. L'iridato paga 1", come detto, mentre Sergent è 3à a 8". Rigoberto Urán, autore di una corsa non esattamente dei sogni, è quarto a 15", con Ion Izagirre subito dietro a 20". Bene il giovane austriaco della Trek Riccardo Zoidl, 6°a 29", mentre Simon Spilak si deve arrendere, cedendo la maglia gialla vestita per due giorni: si posiziona al 7° posto, a 29" dal suo rivale. Rui Costa segue a 31", poi Thibaut Pinot, tutto sommato positivo, a 35", così come Mathias Frank.
Attenzione proprio all'elvetico: non certo un fior di campione, spodesta Vincenzo Nibali da una quarta piazza che pareva consolidata. Il cronometro non mente: al primo intermedio Nibali paga 50" a Martin, al secondo 36" (a Froome), al terzo, dopo la salita, è ancora in ritardo di 41" rispetto a Froome. La parte finale del percorso non l'aiuta, tanto che chiude 17° a 43".
Se Froome ha cercato con successo dei segnali positivi in vista del Tour de France, lo stesso non si può affermare per Vincenzo, questo è pacifico. Il tempo per entrare davvero in condizione c'è tutto, per un Nibali sempre generoso (bello l'attacco verso Sion, così come interessante ma posteriori deleterio, quello sulla salita di Les Giettes, nel tappone) ma poco concludente.
La classifica finale vede Froome in giallo, esultante dodici mesi dopo il suo primo successo al Romandia. Spilak resta a 28", Rui Costa, al terzo gradino più basso del podio di fila qui (a proposito: il podio è identico a quello del 2013), paga 1'32". Mathias Frank sorpassa Nibali ed è 4° a 1'44", con il messinese 5° a 1'48". Beñat Intxausti segue a 1'52", quindi Jakob Fuglsang a 1'56", Ion Izagirre a 2'07", Jesús Herrada, miglior giovane della corsa, a 2'15", e Thibaut Pinot decimo a 2'31".
Delude Urán, che nelle intenzioni andrà al Giro per vincerlo ma più di un 14° posto a 3'50" da Froome (mai nel vivo, oltretutto) non ottiene. Indietro anche il presunto capitano Tinkoff-Saxo alla corsa rosa, Nicolas Roche, 19° a 7'30", mentre Rafal Majka, 13° a 3'32", ha dimostrato di non essere all'altezza dei migliori in salita. Ecco, in chiave Giro - perché non possiamo non tener conto della corsa rosa al via venerdì - non ottimi segnali da Ivan Basso: 41° a 17'48", due secondi meglio dell'iridato nella MTB, ed all'esordio in una gara su strada con gli attributi, Nino Schurter (con tutto il rispetto per Nino).
Ora, d'accordo che è un corridore di fondo, che esce alla distanza. Va bene pure ricordare che nel 2010, anno in cui il varesino ottenne il suo secondo successo al Giro d'Italia, corse un Romandia più che anonimo: fu 35° a 13'13" dal vincitore postumo (la strada, prima che lo squalificassero, premiò Valverde), Simon Spilak. Tutto può essere, da qui ad un mesetto, a il terzo Giro d'Italia, ad oggi, pare davvero una chimera.
Così come il secondo Tour de France a finire tra le mani di Chris Froome, il terzo consecutivo targato Sky, ad oggi parrebbe quasi scontato. E invece così non è (non ancora, almeno): le risorse di Contador e Nibali - sì, anche a soprattutto lui - sono infinite, o quasi. Anche se il Froome ammirato oggi a Neuchâtel e due giorni fa nel tappone di Aigle fa davvero tanta, tantissima paura. Altro che acciaccato.