Dubai Tour 2014: Il re degli Emirati ci lascia ammirati - A Kittel la tappa più insidiosa. Phinney controlla bene
- Dubai Tour 2014
- BMC Racing Team 2014
- Banco BIC - Carmim 2014
- Cannondale Pro Cycling Team 2014
- Development Team Giant - Shimano 2014
- Garmin - Sharp 2014
- Movistar Team 2014
- Omega Pharma - Quick Step 2014
- Trek Factory Team 2014
- Adriano Malori
- Alejandro Valverde Belmonte
- Alexandr Pliuschin
- Diogo Nunes
- Dylan Van Baarle
- Evan Huffman
- Filippo Pozzato
- Jesús Herrada López
- Juan José Lobato del Valle
- Lasse Norman Hansen
- Luca Paolini
- Maciej Bodnar
- Marcel Kittel
- Mark Cavendish
- Mark Renshaw
- Martin Velits
- Nikolas Maes
- Nikolay Trusov
- Peter Sagan
- Peter Velits
- Ramunas Navardauskas
- Reinardt Janse Van Rensburg
- Rui Alberto Faria da Costa
- Ruslan Karimov
- Sebastian Langeveld
- Stephen Cummings
- Taylor Phinney
- Tony Martin
- Valter Pereira
- Vincenzo Nibali
- Willie Smit
- Wouter Poels
- Uomini
Che si arrivi nella metropoli o nel deserto, Marcel Kittel non fa differenze, e vince senza fare sconti a chicchessia. Se la sua affermazione di ieri a Palm Jumeirah la si poteva tranquillamente mettere in conto, vista la conformazione della seconda tappa del Dubai Tour (un piattone interminato), oggi era più difficile pronosticare il tedesco della Giant al primo posto di giornata: nel finale della terza tappa, da Dubai ad Hatta, non mancavano infatti una serie di saliscendi che minacciavano di sbriciolare il gruppo in tanti pezzettini.
Ciò è effettivamente accaduto, e anzi negli ultimi chilometri abbiamo assistito ad un gradevole spettacolo di scatti e controscatti (operati tra l'altro da qualche illustre pedalatore); ma è accaduto anche che Kittel abbia brillantemente resistito coi migliori, andando poi a mettere la sua ruota davanti a tutte le altre, a partire da quelle di Juan José Lobato (interessante inizio di stagione per lo spagnolo) e di un ancora battuto Peter Sagan. Una notevole dimostrazione di essere cresciuto anche sui percorsi misti, il che - unito al fatto che sia tra i leader incontrastati del velocismo mondiale - gli permette di ambire a successi anche più importanti di quelli parziali nelle gare a tappe. Vedremo nei prossimi mesi.
La frazione odierna della corsa emiratina è iniziata esattamente come quella di ieri: primo chilometro, parte la fuga. Se ieri si erano mossi in tre, oggi è toccato a 6 uomini mettersi in viaggio; tra di loro, un paio che conoscevano già la strada, essendo stati all'attacco anche 24 ore fa: il sudafricano Willie Smit e il portoghese Diogo Nunes. Con loro, il compagno di quest'ultimo Valter Pereira (due uomini su sei per la Banco BIC), il moldavo Alexander Pliuschin, l'americano Evan Huffman e l'uzbeko Ruslan Karimov. Se non è ciclismo globale questo...
I 6 hanno avuto sulle prime via libera, e hanno messo insieme 6'22" (margine toccato al km 53 dei 162 totali), dopodiché la BMC ha iniziato a lavorare come si conviene alla squadra del leader della classifica (Phinney, nel nostro caso), e il vantaggio dei fuggitivi ha iniziato a scemare. Smit ha fatto in tempo a vincere i due traguardi volanti (come già ieri), dopodiché sulla prima salitella di giornata, a poco più di 40 km dalla fine, il drappello ha iniziato a perdere pezzi: per primi si sono staccati Pereira e Karimov, quindi anche l'altro portoghese, Nunes, ha alzato bandiera bianca.
Tra i superstiti il più forte era palesemente Pliuschin, che ai -34 ha operato un forcing che ha fatto fuori pure Huffman, mentre Smit, dopo un'iniziale defaillance, è riuscito a rientrare. 10 km più avanti, però, l'africano non ce l'ha più fatta a rispondere a un nuovo affondo di Pliuschin, il quale è rimasto solo al comando, impegnato nell'impresa di difendere un vantaggio di poco inferiore ai 2'30" sul gruppo (in cui la Trek aveva iniziato a collaborare seriamente con la BMC).
Il buon Pliuschin è riuscito a tenersi in quota fino ai -15, allorquando gli rimanevano ancora due minuti pieni; ma il plotone ha alzato l'andatura, e il moldavo della SkyDive (una delle due squadra di casa; l'altra è la selezione nazionale, abbonata coi suoi uomini agli ultimi posti degli ordini d'arrivo) ha visto consumarsi tutto il vantaggio nel giro di 7 km. Appena l'ultimo superstite della fuga del mattino è stato raggiunto, è partito in contropiede Adriano Malori (la sua Movistar era avanzata forte in gruppo da qualche chilometro).
Sul parmigiano è stata la Cannondale a chiudere, tenendo davanti un Sagan scalpitante; queste azioni hanno chiamato nelle prime posizioni del gruppo i più blasonati corridori presenti (a partire da Rui Costa; ma s'è visto davanti anche Pozzato), e siccome in quel momento si pedalava in salita (l'ultimo strappo della tappa finiva proprio ai -7), nel plotone si sono iniziati a vedere dei buchi tra gruppetto e gruppetto. In discesa Sagan si è messo decisamente in testa, e quando la strada ha spianato, ai -6.8, Tony Martin ha proposto un primo allungo, su cui è andato a chiudere Valverde; il murciano, giacché c'era, ha proseguito nel proprio sforzo, allungando pure lui, e chiamando ancora Sagan alla chiusura.
Allora è ripartito Martin ed è stato stoppato da Rui Costa; in contropiede abbiamo visto quindi Langeveld, e la Movistar ha annullato anche il nuovo tentativo (intanto Phinney brillava per attenzione e capacità di controllo della situazione). L'ultimo tentativo di un certo rilievo l'ha proposto Rui Costa ai 3 km, ma l'azione dell'iridato, pur bella, non è stata sufficiente a impedire il ritorno del gruppo (o meglio, della quarantina di atleti presenti nel primo troncone del gruppo): è stato Luca Paolini a guidare il ricongiungimento, avvenuto proprio sotto la flamme rouge dell'ultimo chilometro.
A quel punto era chiaro che sarebbe stata volata tra quei 40. E chi c'era, a far da spauracchio a tutti? Marcel Kittel, l'abbiamo detto in apertura. Ma non solo. C'era ovviamente Sagan, molto attivo in quei chilometri finali, ma un po' distratto al momento del conquibus, visto che ha perso qualche posizione di troppo nel momento dell'inseguimento a Rui Costa, e ha poi dovuto essere bravo (e spendere energie) per ritornare su in vista dello sprint. Ma c'era pure Mark Cavendish, con tanto di armata d'onore intorno a sé (Tony Martin, che ai 700 metri ha fatto pure una bella trenata, e poi Poels, Maes, Martin Velits e l'apripista Renshaw).
Il britannico, però, avendo speso forse troppo per tenere le ruote dei migliori, anche oggi non ha nemmeno sprintato, lasciandosi sfilare nel finale (si è però detto soddisfatto della condizione che cresce). E allora Kittel non s'è proprio potuto esimere dal vincere un'altra volta, aiutato da Janse Van Rensburg nel disbrigo delle pratiche di lancio dello sprint, e nettamente primo su Lobato (già a podio ieri) e Sagan. Al quarto posto ha chiuso il giovane Dylan Van Baarle, olandese della Garmin, altra scommessa di Vaughters: lo scorso anno ha vinto due corse giovanili per eccellenza, l'Olympia's Tour e la Thüringen-Rundfahrt (quest'ultima davanti a chi? A Lasse Norman Hansen). Al quinto posto, Janse Van Rensburg ha preceduto Poels, Valverde, Navardauskas, Trusov e Jesús Herrada, e Phinney s'è accomodato all'undicesimo posto di una giornata in cui ha difeso con autorevolezza la maglia blu di leader della corsa.
Quella maglia che conserva con 15" sul compagno Cummings, 17" su Lasse Norman Hansen, 23" su Martin, 26" su Cancellara e 29" su Sagan, che ha rosicchiato un altro secondino. Kittel, coi 3" d'abbuono, ha guadagnato terreno in classifica, ed è settimo a 33" da Phinney; stesso distacco di Malori, ora ottavo, mentre la top ten è chiusa da Maciej Bodnar e Peter Velits. Nei 20 ci sono anche Pozzato (11esimo a 41") e Nibali (che oggi è rimasto sempre coi migliori e ora è 17esimo a 45"). Domani il gran finale del Dubai Tour si consumerà all'ombra dell'immenso Burj Khalifa (il grattacielo più alto del mondo), al termine di 123 km pianeggianti che condurranno quasi certamente a un nuovo sprint generale. Se Phinney pare saldo al comando della corsa, resta da vedere se qualcuno riuscirà a mettere in discussione la supremazia di Kittel nelle tappe in linea della gara araba.