Dubai Tour 2014: Kittel tiene a bada Sagan e Phinney - Nizzolo quinto, Cavendish nemmeno sprinta
- Dubai Tour 2014
- BMC Racing Team 2014
- Development Team Giant - Shimano 2014
- Omega Pharma - Quick Step 2014
- Adriano Malori
- Diogo Nunes
- Fabian Cancellara
- Francisco Mancebo Pérez
- Giacomo Nizzolo
- Jacopo Guarnieri
- Joaquim Rodríguez Oliver
- Juan José Lobato del Valle
- Lasse Norman Hansen
- Marcel Kittel
- Mark Cavendish
- Peter Sagan
- Roberto Ferrari
- Stephen Cummings
- Taylor Phinney
- Tony Martin
- Willie Smit
- Uomini
Ci abbiamo messo un solo chilometro della seconda tappa del Dubai Tour (da Dubai a Palm Jumeirah, 122 km per velocisti) per ritrovare un vecchio amico di cui molti, in questi anni, avranno perso le tracce. Cosa comprensibile, averle perse, visto che la carriera di Francisco Mancebo detto Paco, successivamente al 2006 di quell'Operación Puerto che lo sfiorò, è stata a dir poco naïf. Defilatosi dal grande ciclismo per evitare di vedersi piombare addosso i problemi che hanno investito i vari Basso, Ullrich, Valverde e compagnia cantante, il madrileno (che all'epoca lottava per il podio al Tour de France) si accasò dapprima alla Relax (una Professional spagnola), per poi emigrare nel pianeta Continental, in Portogallo nel 2008 (alla Fercase), quindi negli Usa, dove nel 2009 vestì la maglia Rock Racing (formazione che quell'anno schierava un esercito di reietti: oltre a Paco, c'erano El Niño Sevilla, El Bufalo Gutiérrez e Tyler Hamilton).
Un 2010 in Grecia (alla Heraklion), poi il ritorno in America, per un triennio che si è appena lasciato alle spalle, e questo inverno, quasi 38enne, è approdato nel paradiso degli sportivi pronti al pensionamento: gli Emirati Arabi Uniti. E in qualità di capitano dello SkyDive Dubai Pro Cycling Team, oggi Mancebo si è sentito in dovere di fare gli onori di casa e di scattare appena iniziata la tappa. Con lui si sono mossi un paio di ragazzotti di seconda fila, il portoghese Diogo Nunes e il giovane sudafricano Willie Smit (appena 21enne, è vicecampione africano a cronometro).
Il terzetto ha filato in armonia, ha messo insieme 3'30" di vantaggio massimo (toccato al km 20), ha visto Smit vincere entrambi i traguardi volanti di giornata, e ha poi subìto l'inseguimento operato dalla BMC del leader Taylor Phinney. A 28 km dalla fine (quando il margine dei fuggitivi era di un minuto) si è staccato Nunes; stessa cosa ha fatto ai -17 Smit, sicché Mancebo si è ritrovato da solo, lui l'aveva aperta, la fuga, e lui è andato a chiuderla, resistendo con pochi secondi di margine fino ai 10 km al traguardo.
Ripreso il corridore più scomposto in bici dei primi anni 2000, il proscenio è stato occupato dai team dei velocisti. Essendocene diversi di gran caratura, la lotta tra i vari treni è stata abbastanza interessante: la Omega Pharma di Cavendish è stata la formazione che ha finalizzato l'inseguimento alla fuga, ma tra i -10 e i -5 abbiamo visto organizzarsi davanti anche la Movistar di Juanjo Lobato e la Giant di Marcel Kittel. Ai 5 km, comunque, la Omega ha ripreso in mano la situazione, occupando per benino l'avanguardia del plotone almeno fino ai 3 km, laddove una curva a U ha rimescolato le posizioni, richiamando lì davanti i compagni di Kittel.
Ma ancora una volta gli uomini di Cavendish si sono riorganizzati e hanno ripreso il comando, con Petacchi e Renshaw pronti a lanciare il treno. L'ultimo chilometro è stato però disastroso per costoro: dispersi al momento del conquibus, hanno lasciato il loro capitano un po' in balia degli eventi (lui ci ha sicuramente messo del suo), sicché la squadra belga si è gentilmente fatta da parte, uscendo dalla contesa (Cavendish ha chiuso la tappa al 30esimo posto) e lasciando che fossero altri a giocarsi il successo.
Su tutti, Kittel: il nuovo velocista di riferimento a livello globale (non dimentichiamo che il tedesco all'ultimo Tour de France ha vinto 4 tappe, Cavendish solo 2) non si è perso in ciance, ha preso la volata al centro della (non larghissima) strada in mattonato, e ha vinto con apparente facilità, tenendo a bada Sagan (che però non ha mai dato l'impressione di poter sopravanzare il 25enne di Erfurt) e Phinney, il quale con grande presenza di spirito (e di gamba) è andato a sprintare, con risultati tutt'altro che disprezzabili.
Lo statunitense ha infatti chiuso al terzo posto, conquistando un secondo di abbuono (gli organizzatori hanno avuto il braccino corto con gli abbuoni: 3" al vincitore di tappa, 2" al secondo, 1" al terzo e 1" pure a chi vince un traguardo volante); alle spalle di Taylor, Lobato (recriminando e sbattendo il pugno sul manubrio) ha preceduto Giacomo Nizzolo. Non solo lui, tra gli italiani, ha centrato la top ten: anche Roberto Ferrari (sesto) e Jacopo Guarnieri (nono) si sono inseriti nei piani alti dell'ordine d'arrivo. Da segnalare (anche se non ha nessuna importanza) il fatto che Joaquim Rodríguez, così come Wout Poels, ha perso 25" rispetto al gruppo nel finale, mentre per Nibali la giornata è stata particolarmente tranquilla.
In classifica Phinney "allunga" (sì, col secondo conquistato al traguardo), e ha ora 15" su Cummings, 17" su Hansen, 23" su Tony Martin e 26" su Cancellara. Sagan rosicchia a sua volta un secondo e si porta a 30" di distacco dal primo (rimanendo sesto della generale, davanti a Malori che paga 33"); e Kittel, grazie ai 3" di abbuono, entra in top ten, decimo a 36", stesso distacco di Bodnar e Porsev. Domani potremmo avere ben più scossoni, in un finale di tappa movimentato: si parte ancora da Dubai, si guadagna l'interno attraverso il deserto, alla volta di Hatta, sede d'arrivo dopo 162 km. Un paio di salitelle negli ultimi chilometri (la seconda svetta a 7 km dalla fine), magari quel po' di vento e sabbia a rendere il tutto più complicato, e chissà che in classifica qualcosa non si muova. Nel dubbio, se si pronostica Sagan vincente probabilmente si indovina; o almeno - vedi oggi - ci si va vicini...