L'intervista: Francesca adesso fa proprio sul serio - Cauz, l'esplosione del 2013 e la continua ricerca del miglioramento
Versione stampabileFrancesca Cauz («che in veneto sarebbe Caùz, ma ormai mi sono abituata a Cauz»), trevigiana di San Fior di Sotto nata il 24 settembre 1992, si definisce timida («correre con ragazze molto più grandi mi fa un po' paura ma mi sto abituando...»), alquanto precisa e riservata. Quest'ultimo aggettivo le si addice particolarmente, sebbene in salita, quando scatta, non vada quasi mai in riserva. L'abbiamo scoperta definitivamente quest'anno al Giro Rosa, allorché si mise alle spalle Fabiana Luperini e Tatiana Guderzo (non due nomi a caso) sulle rampe del Beigua, salita che non perdona. La si ammira in inverno nei cross, spesso convocata in nazionale dal CT Fausto Scotti, a fine estate ancora in azzurro. Già, perché al Mondale fiorentino è stata proprio la Cauz a scattare per quattro volte sulla salita di Fiesole, con l'obiettivo di sgranare il gruppo il più possibile. Ha ancora molti margini di miglioramento ma è senza dubbio una delle atlete più interessanti, forti e polivalenti (sembra una banalità) che abbiamo in Italia.
Francesca, finite le vacanze, pian piano si ricomincia.
«Sì, le vacanze sono filate ed io ora sto riprendendo la preparazione. Un po' di palestra, perché quella ci vuole sempre, poca bici ma tra un po' tornerò nel ciclocross per trovare nuovamente il ritmo».
Partiamo dal tuo momento clou del 2013: il secondo posto sul Beigua al Giro Rosa alle spalle di Mara Abbott. E la maglia bianca di miglior giovane.
«Sinceramente ancora non ci credo. Penso al Giro Rosa o vedo qualche video delle tappe e solo adesso mi rendo conto di quello che ho fatto. In salita ho dato il meglio di me, andavo bene e son riuscita a mettere in mostra le mie doti. In quella tappa ho preso la salita un po' indietro perché prima c'era una discesa e - guarda che fatalità! - mi ero staccata. Ho recuperato su Tatiana (Guderzo, n.d.r.) e sulla Luperini. Sapevo di essere nella posizione giusta ma non avevo idea di chi ci fosse davanti».
Quindi hai realizzato il tutto solo dopo il traguardo.
«Sì, solo allora ho capito di essere arrivata seconda. Io, Tatiana e la Luperini abbiamo iniziato a superare molte atlete. Quando poi abbiamo staccato la Stevens non ne rimanevano molte... Se avessi saputo che davanti c'era solo la Abbott (lei era scattata mentre io rientravo) magari mi sarei gestita meglio. Avrei potuto fare di più in quella tappa, se solo avessi saputo in che posizione mi trovavo».
Il giorno dopo, a San Domenico, ti sei confermata.
«Però lì non ero molto brillante. Saranno stati i sei giorni di corsa sul groppone, la fatica della tappa precedente o la salita, che pure era dura, fatto sta che non mi sentivo benissimo. Eppure è arrivato un bel podio».
E più tardi è giunto anche un bell'argento nell'Europeo vinto da Susanna Zorzi.
«Lì ho osato. All'ultimo giro, con Susanna già davanti, ho provato ad andarmene nel tratto duro, ma per assicurarmi una bella medaglia. È giunto quest'argento, sono contenta».
Dove hai fatto capire di essere una realtà è però il Mondiale di Firenze.
«Il mio compito era rendere dura la gara e rimanere davanti con meno ragazze possibile. Con la Vos non è stato molto semplice attuare questa tattica... Ho fatto quattro scatti a fondo sulla salita di Fiesole, il CT nel finale ci ha lasciate un po' libere di fare quello che volevamo, anche se era logico che tra le prime ci sarebbero dovuti essere determinati nomi nelle ultime tornate: Bronzini, Guderzo, Longo Borghini, Ratto, Cantele...».
Delle molte cose che impressionano di te è la crescita: graduale, senza essere troppo in vista nelle categorie giovanili. Crescendo così è più facile arrivare in alto?
«In effetti ho vissuto la mia gioventù ciclistica, se così si può dire, molto tranquillamente. Vengo da una famiglia di ciclisti (papà Giorgio ha corso in nazionale di ciclocross, lo zio Michelangelo è stato professionista su strada, n.d.r.), tutti hanno gareggiato in casa mia. Fin da piccola mi sono stati vicino, ci tenevano al risultato, alla gara disputata bene, e via dicendo. Però sei tu che corri e che sai quello che devi fare. Io ho sempre corso per divertirmi, mi piaceva e fare fatica non era un problema. Ho iniziato a sette anni con il Velo Club San Vendemiano, facendo tutta la categoria giovanile con loro. Da esordiente sono passata al Verso l'Iride. Lì non mi chiedevano niente. Che vincessi o meno era uguale, avevano già quelle forti che vincevano».
Però arriva un momento in cui ci si trova ad un bivio: atleta a tempo pieno, oppure?
«L'alternativa al ciclismo in realtà ce l'avevo. I miei possiedono tre ristoranti, uno dei quali è anche albergo. Sono andata a scuola al turistico, sapevo che, come dire, un posto per me ci sarebbe stato. Però dopo aver conseguito la maturità, sulla quale mi ero concentrata pienamente, mi sono detta: 'Francesca, adesso facciamo sul serio'».
E passi alla Top Girls di Lucio Rigato.
«Esatto. Non mi sono iscritta all'università e tramite mio nonno, che ha parlato con Lucio, sono arrivata alla Top Girls. Lì mi sono dovuta davvero impegnare, ho cambiato stile di vita, completamente».
In che senso?
«Nel senso che già da esordiente ed allieva ero spesso piazzata. In quelle gare, per vincere, devi essere veloce ed io non lo sono molto... In salita andavo già bene ma ero ancora un po' "pesantina", quindi trovavo sempre chi mi batteva. Stile di vita nel senso di essere più pignola, cercare in ogni cosa che faccio la perfezione. Nel 2011 avevo già fatto un piccolo salto di qualità, proseguito nel 2012; volevo continuare a crescere, senza accontentarmi. Volevo farmi valere, insomma! Ho cambiato l'alimentazione, anche il peso è importante per andar bene in salita».
A proposito, qual è il tuo peso forma? Dire che di solito ti vediamo tirata è dire poco.
«Sono alta 1.68. Adesso, in questo periodo, peso 53 kg, al Giro Rosa ero sui 49-50 kg. Non sembra ma il peso cambia tanto se vuoi far la differenza in salita».
C'è stata una molla nella tua testa che da piazzata nelle categorie giovanili ti ha portata, infine, alla nazionale?
«Volere è potere, come spesso mi ripeto. Tutto parte dalla testa. In questi ultimi due anni sapevo di voler raggiungere determinati obiettivi. Poi c'è la sfiga... Vabbè, si dice 'sfortuna'... La sfortuna e mille altri fattori, ma se sei concentrato su un obiettivo, stai certo che raggiungerai qualcosa. Se credi in quello che vuoi, prima o poi lo otterrai».
Ed a vestire la maglia azzurra forse qualche anno fa nemmeno ci avresti pensato.
«Certamente ci speravo. Ero già stata in nazionale con il ciclocross, ma l'anno scorso sono stata convocata per il mio primo Europeo su strada. È stato un traguardo molto importante per me, anche se quel giorno sono caduta e mi sono beccata cinque punti sotto al meno, interni ed esterni, quindi ero anche triste per non aver potuto finire la gara. Poi c'è stato Valkenburg, l'Europeo anche quest'anno, e Firenze... In un certo senso Lucio Rigato me l'aveva annunciato che sarei andata bene. Quando nel 2012 ho portato a termine la Ronde van Drenthe al primo anno che la correvo, lui mi ha fatto notare che quella era una delle corse più dure al mondo, nel femminile. È stato molto importante per me portare a termine quella gara di Coppa del Mondo».
Ricapitolando: non sei veloce, in discesa non ti senti superman, a cronometro c'è da migliorare e gare per scalatrici pure non ce ne sono molte, per il femminile. In futuro pensi di puntare ad un Trofeo Binda, ad un Fiandre o meglio ancora alla Freccia Vallone?
«Magari... Speriamo! Voglio dire, penso che potrei essere portata per vincere questo tipo di gare piuttosto che la Classica Città di Padova, che si conclude allo sprint. Per quanto riguarda la Freccia Vallone me l'hanno detto in tanti che sul Muro di Huy andrei bene. Non l'ho mai corsa, speriamo di inserirla in calendario. Siamo una squadra piccola, abbiamo pochi inviti, ma ci spero tanto».
Prima hai parlato di ciclocross. Correrai qualche gara quest'anno?
«In teoria dovevo iniziare domenica ma con qualche problema fisico non so se riuscirò a gareggiare. Mal che vada correrò dal 23 fino al Campionato italiano. E, se verrò convocata, farò anche le Coppe del Mondo. Sicuramente prenderò parte al Giro d'Italia ed al Triveneto Ciclocross».
In cosa ti risulta più utile il cross per la stagione su strada?
«Secondo me è molto utile perché facendo ciclocross non perdo mai il ritmo. In inverno devi andare in palestra, naturale, ma uscendo in bici sapendo che domenica correrai ci si allena con più voglia e grinta».
E c'è qualcosa in cui ti fiacca, il cross, per la strada? Magari arrivi ad inizio stagione un po' stanca...
«Rispetto agli scorsi anni, quando facevo cross dalla prima domenica di ottobre a fine gennaio, ho ridotto calendario. Ho analizzato i punti salienti della stagione, focalizzandomi su quegli obiettivi per arrivarci pronta. Su strada all'inizio patisco il freddo (quest'anno in maggior misura, ma è stata per tutti una primavera particolare). Nei cross non l'ho mai sofferto perché tra gli ostacoli e le gare che sono più brevi ti riscaldi. Invece su strada, per quanto si possa scattare, non ci si riscalda molto ed i tempi sono più dilatati, la velocità è diversa».
Hai avuto delle belle offerte per il 2014, eppure hai scelto di rimanere alla Top Girls.
«Sì, visto il rapporto che s'è creato quest'anno con la mia famiglia ho preferito fare così. È nata anche una squadra di esordienti ed allieve, alla Top Girls, e secondo me era giusto fare un altro anno con loro, crescere ancora. Anche perché non so se sono ancora pronta per questo grande salto in uno squadrone».
E Lucio Rigato ti permette di fare la doppia attività, strada e cross, in tutta serenità.
«Non vuole che mi finisca facendo anche la stagione su cross, diciamo. Se avessi disputato tutte le gare del calendario, sarebbe stato impegnativo successivamente fare bene anche su strada».
Qui nasce l'annoso problema sollevato dal CT di ciclocross Fausto Scotti: appena un crossista diventa bravo, si butta solo sull'attività su strada.
«Non riguarda me e sicuramente non è molto giusto nei confronti di Fausto. Io già da qualche anno sono in disaccordo su queste scelte, tipo Trentin e via dicendo, che una volta arrivati a correre su strada a buoni livelli hanno lasciato il cross. Personalmente, quello che è certo è che non smetterò di fare cross».
Hai vissuto anche tu i disagi del Giro della Toscana. Come vedi la questione sicurezza, in generale?
«Quella di scioperare è stata decisione presa un po' all'ultimo. Per rispetto degli organizzatori secondo me bisognava correre. Anche i miei genitori organizzano una gara di ciclocross, quindi so l'impegno e i sacrifici che ci vogliono. E poi ci sono altri metodi per scioperare (non che non fosse giusta la causa). Io mi ero lamentata subito dopo la prima tappa con il mio ds, quando mi ero persa in mezzo al traffico, ma nessuno mi aveva considerata. Mi ero lamentata anche alle premiazioni e nessuno ha badato alle mie parole. Sul caos dei giorni successivi, non so se la gente non aveva voglia di correre o che cosa, però bisognava agire subito, magari lamentarsi prima, tutte, e non arrivare all'ultima tappa. La mattina della riunione c'era Brunello Fanini e i capi della Polizia Stradale di Pistoia che avevano garantito la sicurezza. Quel giorno infatti abbiamo corso. Oddio, corso... Siamo arrivate a Firenze. Comunque abbiamo trovato la massima sicurezza».
Ti abbiamo conosciuta sulle salite, in bianco, in azzurro, nel fango, ma chi sei quando non corri?
«Sono una ragazza semplice, come tante altre. Quando devo fare delle gare sono molto pignola, guardo anche i più piccoli dettagli. Allora non sono una che esce ed ama far festa, perché se si deve correre si corre. In vacanza invece esco come tutte le ragazze della mia età. E poi ho una passione: cucinare. Le torte dolci sono la mia specialità, anche se fanno prendere peso... (ride)».
Sei molto giovane. In cosa pensi, o senti, di dover migliorare?
«Nelle corse a tappe dovrei andar bene. Se volessi migliorare nello spunto veloce non riuscirei, scattisti si nasce. Sempre per il discorso corse a tappe, posso fare qualche passo avanti nelle cronometro».
Al Giro Rosa nella cronometro finale sei passata dalla 4a alla 7a posizione in classifica generale.
«Già. Certamente farò degli allenamenti specifici per le crono. Non diventerò mai una specialista ma posso fare di più. E poi io sono dell'idea che se una nasce scalatrice non potrà mai diventare una passista. O sei l'una, o l'altra, ma non ci si può allenare su tutti e due i campi, perché qualcosa lo si perderà inevitabilmente».
In conclusione, a cosa punterai per l'anno venturo?
«Sicuramente un obiettivo è il Campionato italiano di ciclocross. Su strada mi accontenterei di una vittoria, magari in una corsa a tappe importante».